CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 settembre 2022, n. 26491
Tributi – IRAP – Professionista – Socio di società per azioni – Compensi per attività di consulenza prestata alla medesima società – Rimborso dell’imposta versata – Legittimità
Fatti di causa
La parte contribuente impugnava il diniego di rimborso dell’IRAP per gli anni d’imposta dal 2012 al 2015;
la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente ma la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello dell’Agenzia delle Entrate affermando che il contribuente era socio nella percentuale dell’1,79% della società E.Y. s.p.a., percependo un reddito a titolo personale per l’attività di consulenza prestata alla società, non disponendo di un proprio ufficio e di propri dipendenti, avvalendosi delle strutture societarie per l’intero supporto di carattere amministrativo/organizzativo della propria prestazione: tuttavia il contribuente non ha fornito la prova che non sussistono le condizioni di applicazione dell’IRAP, essendo emersi anzi molteplici indizi dell’esistenza di una struttura organizzata, non estranea al professionista, che ne incrementa e valorizza l’attività: in effetti il contribuente svolge la stessa attività professionale della s.p.a. di cui è socio e, pur fatturando alla società, lavora in pratica a vantaggio degli stessi clienti finali e non può dunque negarsi che la sua professione sia incrementata dalla struttura societaria, che è sostanzialmente a sua disposizione: la circostanza che il professionista sia socio della società impedisce di considerare altrui questa struttura organizzata.
La parte contribuente proponeva ricorso affidato a due motivi di impugnazione e in prossimità dell’udienza deposita memoria insistendo per l’accoglimento del ricorso mentre l’Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, la parte contribuente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997 per avere la sentenza impugnata erroneamente non tenuto conto della circostanza che il contribuente era privo di un’autonoma organizzazione, posseduta invece da un soggetto diverso, la società E.Y. con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, la parte contribuente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997 in quanto il non avere una propria autonoma organizzazione e l’essere inserito in una struttura facente capo a terzi è sufficiente ad escludere la debenza del tributo.
I motivi di impugnazione, che possono essere affrontati congiuntamente ruotando entrambi intorno alla doglianza relativa all’essere l’organizzazione imputabile a un soggetto terzo pur potendone il contribuente usufruire, sono fondati.
Secondo questa Corte, infatti:
il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo “l’id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamene non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Cass. 25 maggio 2019, n. 12111; analogamente Cass. 19 aprile 2018, n. 9786; Cass. 21 marzo 2012, n. 4492; Cass. 4 novembre 2020, n. 24516);
in tema di IRAP, il commercialista che sia anche amministratore, revisore e sindaco di una società non soggiace all’imposta per il reddito netto di tali attività, in quanto è soggetta ad imposizione fiscale unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata; il che non si verifica nella specie, atteso che per la soggezione all’IRAP non è sufficiente che il commercialista normalmente operi presso uno studio professionale, atteso che tale presupposto non integra, di per sé, il requisito dell’autonoma organizzazione rispetto ad un’attività rilevante quale organo di una compagine terza (Cass. n. 16372 del 2017);
il trasferimento del pacchetto azionario di maggioranza di una società di capitali non integra gli estremi del trasferimento di azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c., in quanto non determina la sostituzione di un soggetto giuridico ad un altro nella titolarità dei rapporti pregressi, ma solo modifica gli assetti azionari interni sotto il profilo della loro titolarità, ferma restando la soggettività giuridica di ogni società anche se totalmente eterodiretta (Cass. n. 4425 del 2019);
in tema di reddito d’impresa, la deducibilità dei costi da rilascio di garanzia, effettuato da società capogruppo in favore di società controllata, deriva dall’insussistenza di una presunzione di gratuità della medesima, ove sia rilasciata in virtù di formali contratti, giacché il perseguimento dell’interesse dello stesso gruppo societario non esclude l’onerosità della prestazione, che s’impone quale diretta conseguenza dell’autonomia patrimoniale e della distinta soggettività giuridica, anche fiscale, delle società appartenenti al gruppo stesso (Cass. n. 18815 del 2017);
nel caso in cui due soggetti si accordino per creare una società di capitali, l’intestazione ad uno di essi della partecipazione dell’altro non dà luogo né ad una fattispecie di interposizione fittizia di persona – che presuppone un accordo simulatorio trilaterale fra stipulante effettivo (interponente), stipulante apparente (interposto) e terzo contraente – atteso che in tale situazione, in cui la società ancora non esiste e viene creata proprio con quel contratto, manca il soggetto terzo, né alla simulazione assoluta del contratto costitutivo di società, posto che gli stipulanti intendono davvero realizzare l’effetto della creazione di una persona giuridica con una soggettività distinta e separata da quella dei singoli soci.
Ne consegue che l’unico strumento attraverso il quale far emergere la realtà dei rapporti non è quello dell’azione di simulazione, ma quello dell’accertamento (o della richiesta di adempimento) di un negozio fiduciario (Cass n. 12138 del 2014).
La sentenza della Commissione Tributaria Regionale non si è conformata ai suddetti principi ed è conseguentemente censurabile laddove – affermando che il contribuente era socio nella percentuale dell’1,79% della società E.Y. s.p.a., percependo un reddito a titolo personale per l’attività di consulenza prestata alla società, non disponendo di un proprio ufficio e di propri dipendenti, avvalendosi delle strutture societarie per l’intero supporto di carattere amministrativo/organizzativo della propria prestazione: tuttavia il contribuente non ha fornito la prova che non sussistono le condizioni di applicazione dell’IRAP, essendo emersi anzi molteplici indizi dell’esistenza di una struttura organizzata, non estranea al professionista, che ne incrementa e valorizza l’attività: in effetti il contribuente svolge la stessa attività professionale della s.p.a. di cui è socio e, pur fatturando alla società, lavora in pratica a vantaggio degli stessi clienti finali e non può dunque negarsi che la sua professione sia incrementata dalla struttura societaria, che è sostanzialmente a sua disposizione e la circostanza che il professionista sia socio della società impedisce di c:considerare altrui questa struttura organizzata – non ha considerato per un verso che la parte contribuente ha fornito la prova, né tale circostanza è oggetto di contestazione, di essersi avvalsa della struttura organizzativa della società E.Y. di cui era socio e per un altro verso che la società ha una autonoma soggettività giuridica onde per cui la disponibilità da parte del contribuente della struttura organizzata della società non può essere confusa con l’esistenza di un potere organizzativo su questa stessa struttura in capo al professionista: peraltro questi è socio della stessa società in una percentuale che la stessa sentenza impugnata definisce correttamente come “quasi simbolica” (ossia l’1,79%) e trattasi inoltre di una società per azioni in cui è massima, fra le varie tipologie societarie, la separazione e la distinzione rispetto ai soci, avendo la società per azioni una autonomia patrimoniale perfetta ed una struttura organizzativa rigidamente fondata su norme tendenzialmente inderogabili (amministratori, sindaci, quote societarie spersonalizzate rappresentate da azioni) che prescinde completamente dalla rilevanza della personalità del singolo socio.
Ritenuti pertanto fondati entrambi i motivi di impugnazione, il ricorso della parte contribuente va conseguentemente accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie entrambi i motivi di impugnazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.