CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 aprile 2018, n. 8618
Tributi – Imposte di registro, ipotecaria e catastale – Agevolazioni – Acquisto di terreni agricoli – Requisito soggettivo – Qualifica di imprenditore agricolo professionale o coltivatore diretto – Necessità
Fatto e diritto
Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016, osserva quanto segue:
con sentenza n. 313/30/2015, depositata il 18 febbraio 2015, non notificata, la CTR della Toscana, per quanto qui rileva, rigettò l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti del sig. L.B. avverso la sentenza di primo grado della CTP di Massa Carrara, che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro richiesta dall’Amministrazione, in uno alle imposte ipotecaria e catastale, del pari dovute, in conseguenza della revoca dell’esenzione fiscale di cui all’art. 5-bis, comma 2, del d.lgs. n. 228/2001, in relazione all’art. 5-bis, comma 1, della L. n. 97/1994, non avendo il contribuente dimostrato la sussistenza del requisito soggettivo prescritto dalla citata norma per la sua qualificazione come imprenditore agricolo professionale o coltivatore diretto.
Avverso la suddetta pronuncia della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.
Il contribuente resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria.
La ricorrente Agenzia delle Entrate denuncia, con l’unico motivo di ricorso, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5-bis comma 2, del d. lgs. n. 228/2001, come introdotto dall’art. 7 del d. lgs. n. 99/2004, in relazione all’art. 360, 1 comma, n. 3 c.p.c., avendo la sentenza impugnata erroneamente ritenuto che la succitata norma non richieda come necessaria, in capo al richiedente, per usufruire dell’esenzione, la sussistenza del requisito soggettivo di coltivatore diretto o imprenditore agricolo in capo all’acquirente, ma unicamente l’impegno a costituire un unico compendio immobiliare, a coltivarlo e a condurlo per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento.
Il motivo è manifestamente fondato.
Appare opportuno riportare il testo dell’art. 5, comma 2-bis del d. lgs. n. 228/2001, secondo cui «Al trasferimento a qualsiasi titolo di terreni agricoli a coloro che si impegnino a costituire un compendio unico», cioè dell’estensione ritenuta necessaria, al raggiungimento del livello minimo di redditività, secondo il disposto del comma precedente, «e a coltivarlo o a condurlo in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento si applicano le disposizioni di cui all’art. 5-bis commi 1 e 2, della legge 31 gennaio 1994, n. 97. Gli onorari notarili per gli atti suddetti sono ridotti ad un sesto».
Come questa Corte ha già avuto modo di rilevare in analoghe controversie (cfr. Cass. sez. 5, 18 dicembre 2013, n. 28294; Cass. sez. 5, ord. 28 aprile 2017, n. 10544), la lettera della disposizione è nel senso della contestualità della sussistenza e dell’impegno a costituire il compendio unico e di coltivarlo o condurlo in qualità di coltivatore diretto o d’imprenditore agricolo professionale.
La diversa lettura della norma proposta dalla controricorrente e fatta propria dalla CTR secondo cui sarebbe sufficiente, all’atto del rogito, la sola destinazione dei fondi acquistati al compendio unico non tiene conto del termine di dieci anni dal rogito di trasferimento, che postula, pertanto, che, alla data dello stesso, l’acquirente sia in possesso anche del requisito soggettivo previsto dalla citata norma.
Del resto, come già osservato dalla citata Cass. n. 28294/13, diversamente opinando, la norma si presterebbe a facili evasioni d’imposta e contributive, rilevandosi, peraltro, come nella fattispecie in esame il controricorrente non abbia neppure allegato di avere successivamente acquisito la qualità d’imprenditore agricolo professionale o di coltivatore diretto, con le rispettive posizioni contributive.
Il richiamo, infine, da parte della decisione impugnata a Cass. sez. 5, 6 ottobre 2011, n. 20460, a sostegno del rigetto dell’appello proposto dall’Amministrazione finanziaria, è inconferente con la fattispecie in esame, essendo il suddetto precedente di questa Corte relativo all’agevolazione di cui all’art. 5-bis, comma 3, del citato d. lgs. n. 228/2001, riferita ad immobili agricoli e relative pertinenze costituiti in maso chiuso, istituto questo, del tutto peculiare e per il quale vi è la specifica disposizione del comma 3 citato.
In proposito, a confutazione di quanto ulteriormente dedotto dal contribuente nella memoria critica alla proposta del relatore depositata in atti, va ancora osservato che, essendo la pronuncia da ultimo richiamata volta ad applicare il disposto dell’art. 5-bis comma 3, del d. lgs. n. 228/2001, le ulteriori considerazioni ivi spese in merito al comma precedente non solo si pongono come obiter dicta, ma appaiono di dubbia coerenza sistematica con la conclusione di detta pronuncia, che giustifica la non necessità della compresenza del requisito soggettivo in capo all’acquirente del maso chiuso in ragione del fatto che, proprio a differenza dell’ipotesi disciplinata dal comma 2 del predetto art. 5-bis, il maso chiuso costituisce di per sé un’unità indivisibile, tenuto conto che le modifiche nell’estensione e nella consistenza dei diritti reali ad esso connessi sono soggette ad autorizzazione della commissione locale per i masi chiusi (artt. 1, 4 e 11 della I. prov. Bolzano n. 17/2001).
Infine, diversamente da quanto dedotto dal contribuente, la lettura della norma di cui al comma 2 dell’art. 5-bis del d. lgs. n. 228/2001, non è frutto di “forzatura” del tenore letterale di detta norma, incentrata sulla congiuntiva “e”, atteso che – a fronte dell’indicata pretesa finalità d’incentivare l’accesso dei giovani all’agricoltura, per il fatto che, al momento del rogito, esprimerebbero un’opzione per l’esercizio dell’attività agricola, sebbene non in possesso dei requisiti per fruire di altri aiuti in agricoltura – è agevole replicare che viceversa l’agevolazione debba invece presupporre l’esistenza di una capacità lavorativa idonea a rendere il compendio produttivo, restando altrimenti, in assenza di un termine iniziale, ove non riferito alla data stessa del rogito, procrastinabile sine die l’acquisizione da parte dell’acquirente del fondo della capacità professionale adeguata ad assicurare al compendio unico l’adeguata produttività (cfr., in tema di agevolazione per la piccola proprietà contadina, Cass. sez. 5, ord. 11 maggio 2017, n. 11642).
Ciò, d’altronde, ove si ritenga, come mostra lo stesso contribuente di ritenere, non univoca la norma in esame, è coerente con la natura di stretta interpretazione delle norme agevolative costantemente affermata dalla giurisprudenza di questa Corte (tra le molte, in tema d’imposta di registro, in generale, cfr. Cass. sez. 5, 16 novembre 2012, n. 20117).
Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate va pertanto accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, che si è posta in contrasto con l’interpretazione della norma applicabile alla fattispecie in esame, quale espressa dalla giurisprudenza sopra citata di questa Corte, che va dunque ulteriormente confermata.
Non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere quindi decisa nel merito, ex art. 384, comma 2, ultimo periodo, c.p.c., con il rigetto dell’originario ricorso del contribuente.
Avuto riguardo all’andamento del giudizio, possono essere compensate tra le parti le spese del doppio grado di merito, cedendo, secondo soccombenza, quelle del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, a carico del controricorrente.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente.
Dichiara compensate tra le parti le spese del doppio grado di merito e condanna il controricorrente al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
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