CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 aprile 2018, n. 8627
Tributi – Condono ex art. 9-bis della Legge n. 289/2002 – Pagamento parziale delle somme dovute in base al condono – Diniego di condono – Legittimità
Fatto e diritto
costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016;
dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:
La CTR della Sicilia – sezione staccata di Catania – con sentenza n. 1347/18/2015, depositata il 31 marzo 2015, non notificata, rigettò l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della sig.ra A.D. avverso la decisione della CTP di Catania, che aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso il provvedimento di diniego di condono emesso dall’ufficio, poiché, pur avendo la contribuente aderito, con istanza del 20 maggio 2004, al condono ex art. 9 bis della l. n. 289/2002, il condono, secondo l’Amministrazione, non si era perfezionato in assenza dell’integrale versamento delle somme dovute.
Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo.
L’intimata non ha svolto difese.
Con l’unico motivo l’Amministrazione denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 9 bis della legge n. 289/2002, nonché dell’art. 12 delle disposizioni preliminari al codice civile, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c., osservando come – pur avendo la stessa pronuncia impugnata dato atto del contrario orientamento in materia espresso dalla giurisprudenza di legittimità quanto agli effetti del mancato versamento dell’intero importo dovuto – erroneamente abbia poi ritenuto ugualmente perfezionato il condono medesimo in ragione del versamento della sola prima rata, ciò dovendo valere, secondo la pronuncia impugnata, «in tutte le ipotesi di “condono” se non sia diversamente stabilito».
Il motivo è manifestamente fondato, alla stregua del consolidato indirizzo espresso da questa Corte (cfr., tra le molte, Cass. sez. 5, 6 ottobre 2010, n. 20745; Cass. sez. 5, 23 settembre 2011, n. 19546; Cass. sez. 6-5, ord. 21 maggio 2012, n. 8027; Cass. sez. 6-5, ord. 8 novembre 2013, n. 25238; Cass. sez. 5, 26 settembre 2014, n. 20435; Cass. sez. 5, 8 luglio 2015, n. 14208 e n. 14210; Cass. sez. 5, 13 gennaio 2016, n. 379; Cass. sez. 5, 22 dicembre 2016, n. 26683), secondo cui il condono previsto dall’art. 9 bis della L. n. 289/2002, relativo alla possibilità di definire gli omessi e tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle dichiarazioni presentate, mediante il solo pagamento dell’imposta e degli interessi o, in caso di mero ritardo, dei soli interessi, costituisce una forma di condono demenziale e non premiale, come invece è da ritenersi riguardo alle diverse fattispecie disciplinate dagli artt. 7, 8, 9, 15 e 16 della citata legge, le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario.
Ne consegue che, nell’ipotesi prevista dall’art. 9 bis della L. n. 289/2002, non essendo necessaria alcuna attività di liquidazione ex art. 36 bis del D.P.R. n. 600/1973 in ordine alla determinazione del quantum, esattamente indicato nell’importo specificato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del terzo comma, con gli interessi di cui all’articolo 4, il condono è condizionato dall’integrale pagamento di quanto dovuto e il pagamento rateale determina la definizione del contestato omesso o ritardato versamento, solo se integrale, essendo insufficiente il solo pagamento della prima rata cui non segua l’adempimento delle successive.
La decisione impugnata, nel porsi in consapevole contrasto con detto indirizzo ormai consolidato, non ha offerto elementi idonei a giustificarne una revisione.
Essa va dunque cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, essendo incontroverso che la contribuente, dopo avere aderito al condono, ha provveduto al versamento della sola prima rata, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso della contribuente avverso il provvedimento di diniego di condono.
Avuto riguardo all’andamento del giudizio, possono essere compensate tra le parti le spese del doppio grado di merito, ponendosi a carico dell’intimata, secondo soccombenza, le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente.
Dichiara compensate tra le parti le spese del doppio grado del giudizio di merito e condanna l’intimata al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, se dovuti.
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