CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 aprile 2019, n. 9925
Tributi – IMU – Avviso di accertamento – Giudizio di legittimità dell’atto amministrativo presupposto – Sentenza del TAR che ne dichiara la legittimità – Sentenza passata in giudicato perché rimasta inappellata – Valore vincolante per il giudice tributario
Rilevato che
la Parrocchia San Francesco d’Assisi propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania aveva accolto l’appello proposto da A.S. S.r.L. avverso la sentenza n. 1065/2015 della Commissione tributaria provinciale di Avellino in accoglimento del ricorso proposto avverso avviso di accertamento IMU 2012;
resistono con controricorso il Comune di Avellino e la A.S. S.r.L
Considerato che
1.1. Va disatteso il primo motivo di ricorso, nella parte in cui si denuncia violazione di norme di diritto (art. 38 D.Lgs. n. 163/2006) da parte della CTR, limitatasi, secondo la ricorrente, a prendere atto che la delibera di revoca dell’affidamento del servizio di riscossione in concessione all’odierna controricorrente era stata annullata dal Giudice amministrativo, lamentando invece la ricorrente che la CTR avrebbe dovuto comunque disapplicare la delibera di aggiudicazione della gara;
1.2. va richiamato l’insegnamento di questa Corte, anche a Sezioni Unite (cfr. Cass. S.U. n. 6265/2006, Cass. n. 17485/2017 in motiv.) secondo cui il potere di disapplicazione, riconosciuto alle commissioni tributarie dall’art. 7 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, degli atti amministrativi illegittimi “presupposti” agli atti impositivi, non è inibito dal fatto che spetta al giudice amministrativo la cognizione, in sede di legittimità, delle delibere: esso sussiste anche qualora l’atto amministrativo disapplicato sia divenuto inoppugnabile per l’inutile decorso dei termini di impugnazione davanti al giudice amministrativo, e risulta precluso solo quando la legittimità di un atto amministrativo sia stata affermata dal Giudice amministrativo nel contraddittorio delle parti e con autorità di giudicato;
1.3. è stato quindi ribadito che il principio di autonomia delle singole giurisdizioni in materia di verifica della validità degli atti amministrativi non esclude che il Giudice tributario, dinanzi al quale sia stata prospettata l’illegittimità di un atto costituente presupposto di quello impositivo, possa disporre la sospensione del processo, nel caso in cui la medesima questione formi oggetto di uno specifico giudizio pendente dinnanzi al giudice amministrativo; qualora poi, indipendentemente dalla sospensione, sia intervenuta al riguardo una pronuncia del giudice amministrativo, la stessa, soprattutto se passata in giudicato, non può non svolgere effetto vincolante nel processo tributario, non ostandovi il dovere-potere del giudice tributario, non fornito dì giurisdizione in via principale, di verificare in via incidentale la validità degli atti presupposti e di procedere alla loro disapplicazione;
1.4. nel caso di specie la CTR ha dato atto che la sentenza del TAR, a cui fa riferimento la ricorrente, era passata in giudicato in quanto <<rimasta inappellata>>, con conseguente valore vincolante della stessa anche ai fini del presente giudizio e conseguente rigetto della censura della ricorrente;
1.5. parimenti va disatteso il primo motivo dì ricorso nella parte in cui si lamenta, come violazione di legge, che la CTR avrebbe erroneamente affermato la mancata prova, da parte della ricorrente, dei pagamenti delle imposte (IMU) relativi alle annualità 2012 e 2013, pur avendo essa prodotto gli F24 ed i relativi estratti conto;
1.6. trattasi, con evidenza, di censura che avrebbe dovuto essere formulata come vizio di motivazione, per mancato esame di elementi probatori, e non come censura di diritto;
1.7. va inoltre evidenziato che la censura risulta inammissibile per difetto di specificità, non avendo parte ricorrente riprodotto il contenuto di tali documenti (al fine di valutarne la decisività) e neppure indicato dove e quando li avrebbe prodotti nei giudizi di merito;
1.7. va altresì disatteso il primo motivo di ricorso nella parte in cui si lamenta che la CTR avrebbe erroneamente affermato che spettava alla ricorrente il pagamento dell’IMU relativa al 2014, sebbene quest’ultima non avesse la disponibilità dell’immobile nel periodo in questione, avendo risolto anticipatamente il contratto di locazione dell’immobile nel corso del 2014, per poi concederlo in locazione solo nel 2015;
1.8. anche nel presente caso si prospetta, come violazione o falsa applicazione di norme di diritto, un’errata ricognizione della fattispecie concreta, a mezzo delle risultanze della causa di merito, con la conseguenza che tale deduzione è da ritenersi esterna all’esatta interpretazione delle norme dì legge, e riguarda la tipica valutazione del giudice del merito, la cui censura è ammissibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione, neppure dedotto nel presente caso, ma non sotto il profilo della violazione o falsa applicazione di legge (cfr, Cass. nn. 26110/15 e n. 24155/17);
2.1. con il secondo motivo di ricorso si lamenta omesso esame di un fatto decisivo e discusso tra le parti per avere la CTR omesso di valutare l’eccezione sollevata dalla ricorrente circa il <<potere ex art. 42 DPR 600/73>> in capo al Concessionario;
2.2. come è noto, in tema di ricorso per cassazione, ove venga dedotto vizio di motivazione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c., il ricorrente è tenuto ad indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (cfr. Cass. n. 16703/2018, 19987/2017);
2.3. nel caso di specie, come contestato anche dalla Concessionaria in controricorso, la ricorrente non ha assolto l’onere di specifica indicazione della collocazione processuale del fatto e delle modalità di controversia sul punto; le censure risultano, infatti, prive di autosufficienza e specificità, non indicando, con sufficiente precisione, contenuto e collocazione processuale delle deduzioni difensive asseritamente trascurate, che non sono state neppure trascritte nel ricorso;
3.1. da ultimo va disatteso anche il terzo motivo di ricorso con cui si lamenta nullità della sentenza derivante dalla violazione di tutte le norme indicate in premessa, già fatte oggetto di esame con riguardo ai precedenti motivi di ricorso; trattasi con evidenza di censura che non attiene alla nullità della sentenza o dei procedimento ma a pretesi errori in diritto della sentenza impugnata, che dovevano essere oggetto di censura solo ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c.;
4. sulla base di tutte le considerazioni che precedono, va respinto integralmente il ricorso, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione in favore delle controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuna difesa, in € 200,00 per esborsi ed in € 4.100,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie ed accessori, se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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