CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 aprile 2020, n. 7773
Tributi – Variazione catastale – Dichiarazione Docfa – Rettifica classamento sulla base delle informazioni dichiarate – Legittimate
Fatti di causa
1. C.C.D.F. impugnava l’atto di variazione catastale relativo all’immobile sito nel Comune di Procida, adducendo la presenza nella medesima zona di analoghe costruzioni aventi classamento pari a quello proposto dal medesimo con dichiarazione Docfa del 29.01.2009.
La CTP accoglieva il ricorso con decisione gravata dall’Agenzia delle entrate.
La CTR della Campania rigettava il gravame sul presupposto che le prove prodotte in secondo grado dall’Ufficio erano inammissibili, essendo state tardivamente depositate nel primo giudizio, distinguendo tra nuovi documenti e prove poste a fondamento dell’atto impugnato; nel merito, respingeva l’appello sul rilievo che l’Agenzia non aveva adeguatamente adottato il metodo comparativo di cui alla I. n. 311/2004, omettendo anche di individuare il presupposto fattuale delle mícrozone ed il rapporto tra valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al d.P.R. n. 138/98 ed il corrispondente valore medio catastale ai fini ICI.
L’Agenzia ricorre, con quattro motivi, nei confronti del contribuente per la cassazione della citata sentenza – n. 424/07/2015 – con la quale la CTR della Campania, confermava la sentenza del giudice di primo grado.
Il contribuente non ha spiegato attività difensiva.
Ragioni della decisione
2. Con il primo motivo, che deduce omesso esame di un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., l’Ufficio, trascrivendo il previgente testo della norma, lamenta che gli elementi sui quali si fondava l’atto di ríclassamento erano già stati introdotti nel giudizio di primo grado con le memorie illustrative e preesistevano all’atto impugnato.
3. Con la seconda censura si lamenta violazione dell’art. 58 del d.lgs. n. 546/1992 ex art. 360 n. 3 c.p.c., per avere il decidente erroneamente escluso la legittimità della produzione in secondo grado degli elementi probatori già depositati nel primo giudizio.
4. Con la terza censura, che prospetta violazione di legge per erronea applicazione degli artt. 3 L. n. 241/90, dell’art. 7 della L. n. 212/2000 e del D.M. n. 701/94 ex art. 360 n. 3 c.p.c., l’Ufficio lamenta l’erronea affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo la quale, i nuovi elementi probatori allegati in appello, avrebbero dovuto preesistere alla notifica dell’atto e da questo richiamati; deduce la ricorrente che, invece, facendo seguito il riclassamento alla dichiarazione Docfa del contribuente, la motivazione risultava correttamente esplicata mediante la mera indicazione della classe e degli atri dati catastali, trattandosi di dati idonei a consentire ai contribuente di comprendere il petitum provvedi mentale.
5. Con l’ultimo motivo, si lamenta violazione della L. n. 311/2004 e del D.M. n. 701/1994 ex art. 360 n. 3 c.p.c., per avere i giudici regionali affermato l’assenza del presupposto di fonte normativa e paranormativa costituito dalla individuazione delle microzone comunali previste dall’art. 1 comma 335 l. cit., con la determinazione del rapporto tra il valore medio di mercato ed il corrispondente valore medio catastale ai fini ICI.
6. Il secondo motivo merita accoglimento, assorbito il primo.
In tema di contenzioso tributario, il documento irritualmente prodotto in primo grado può essere nuovamente prodotto in appello, nel rispetto delle modalità previste dall’art. 32 del d.lgs. n. 546 del 1992, ed in forma analoga nell’art. 87 disp. att. c.p.c.; tuttavia, ove lo stesso sia inserito nel fascicolo di parte di primo grado e quest’ultimo sia depositato all’atto della costituzione unitamente a quello di appello, si deve ritenere raggiunta – ancorché le modalità della produzione non corrispondano a quelle previste dalla legge – la finalità di mettere quel documento a disposizione della controparte, così da consentirle l’esercizio del diritto di difesa, onde l’inosservanza del citato art. 32 deve ritenersi sanata (Cass. n.24398/2016; Cass n. 3661 del 2015).
7. Sotto altro profilo, vale osservare che è costante l’orientamento di questa Corte nell’affermare che ” Nel processo tributario, le parti possono produrre in appello nuovi documenti, anche ove gli stessi comportino un ampliamento della materia del contendere e siano preesistenti al giudizio di primo grado, purché ciò avvenga, ai fini del rispetto del principio del contraddittorio nei confronti delle altre parti, entro il termine di decadenza di cui all’art. 32 del d.lgs. n. 546 del 1992” (Cass. n. 17164/2018; Cass. n.. 5429 del 2018; Cass. n. 27774 del 22/11/2017; Cass. n. 22776 del 2015).
8. Anche la terza censura è fondata.
In primo luogo, giova evidenziare come le doglianze proposte dal contribuente non risultano riguardare la motivazione dell’avviso di accertamento, bensì l’attribuzione della categoria catastale e della conseguente rendita, indi si tratta di contestazioni in merito alla legittimità del riclassamento.
Il dissenso non è quindi sui fatti posti a fondamento dell’atto di classamento, non è cioè controversa la consistenza catastale o l’ubicazione o gli esiti della ristrutturazione ecc.; bensì, la lite è sulla valutazione di detti fatti incontroversi e sulle conseguenze giuridiche che da tali valutazioni debbono esser fatte discendere. Erroneamente la CTR ha pertanto ritenuto che i fatti costitutivi della cui prova era onerata l’agenzia fiscale non potevano essere dedotti in corso di giudizio, essendo i fatti quelli stessi forniti dalle contribuenti a seguito di procedura DOCFA. (Cass. sez. trib. n.8344/2015; Cass. n. 2268 del 2014; Cass. sez. trib. n. 16824 del 2006).
Tuttavia, il decidente ha motivato il rigetto del gravame fondandosi sull’onere motivazionale dell’ufficio.
Al riguardo, soccorre il costante orientamento di legittimità, secondo cui (da ultimo, tra le tante, Cass. ord. 31809/18; n. 12777 del 23/05/2018; Cass. n. 30166/2019; Cass.n. 9770/2019): ” In tema di classamento di immobili, qualora il classamento avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la classe o rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, mentre, nel caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso“.
9. Nel caso in esame, dalla sentenza della CTR risulta come la divergenza di classamento non sia dipesa dalla contestazione, da parte dell’ufficio, di elementi di fatto concernenti la tipologia e composizione dell’immobile, con la conseguenza che la mera individuazione dei dati catastali consente di ritenere adempiuto l’onere motivazionale da parte dell’Agenzia, la quale ha ritenuto di attribuire una diversa classe e quindi una rendita catastale più elevata.
10. Anche l’ultima censura è fondata.
In realtà, la rettifica della rendita catastale non ha avuto origine dalla individuazione delle microzone ai sensi della normativa rubricata, bensì a seguito di dichiarazione Docfa per variazione, con la conseguenza che la motivazione relativa alle caratteristiche costruttive, tipologiche dell’immobile ed al raffronto con costruzioni similari ritenute insufficienti dalla CTR per la mancata individuazione delle microzone impone la cassazione della sentenza, con rinvio alla CTR della Campania, in diversa composizione, che statuirà sulle doglianze del contribuente, tenuto conto del principio che “l’atto di classamento conseguente a procedura cosiddetta DOCFA ex art. 2 d.l. 23 gennaio 1993, n. 16, conv. con mod. in l. 24 marzo 1993, n. 75 e d.m. 19 aprile 1994, n. 701, quando fondato sui medesimi fatti indicati dal contribuente nella proposta di attribuzione della rendita, deve ritenersi sufficientemente motivato con la sola precisazione di unità immobiliare, canone censuario, foglio, particella, subalterno, zona censuaria, categoria, classe, consistenza, rendita; questo perché i fatti su cui si fonda l’atto di classamento debbono ritenersi inter partes pacifici, essendo appunto quelli stessi indicati dal contribuente in procedura cosiddetta DOCFA, cosicché nemmeno è onere dell’Ufficio la loro prova; trattandosi invece da parte dell’Ufficio di rendere note al contribuente le ragioni della valutazione da cui ha fatto discendere il nuovo classamento, per esempio con riferimento ai prezzi medi; questione di fatto e giuridica, quest’ultima, che il contribuente ben può contrastare anche col deposito di perizie o relazioni tecniche ecc., nel rispetto delle preclusioni processuali stabilite dalla legge”.
11. In conclusione, il ricorso deve essere dunque accolto, con conseguente cassazione della decisione impugnata e con rinvio alla CTR della Campania in diversa composizione., la quale dovrà quindi valutare la fondatezza degli elementi probatori allegati dal contribuente ed accertare la congruità della categoria attribuita e della relativa rendita con riferimento all’immobile di proprietà dell’intimato, in relazione alle difese svolte dal contribuente.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Campania in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
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