CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 aprile 2020, n. 7774
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Ricorso in appello – Notifica a mezzo poste private – Inesistente
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle Entrate ricorre, sulla base di tre motivi, avverso la sentenza della CTR del Lazio n. 1591/8/2018, che ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso in appello notificato a mezzo poste private, in quanto sino all’abrogazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 261/2000, ad opera della l. n. 124/2017, e, dunque sino al 10 settembre 2017, le notifiche degli atti giudiziari poteva avvenire solo a mezzo del servizio postale universale, con la conseguenza che la notifica affidata antecedentemente a detta data alle Poste private doveva ritenersi inesistente.
La contribuente si è difesa con controricorso.
Ragioni della decisione
2. Con il primo motivo, che deduce nullità della sentenza ex art. 360 n. 4 c.p.c., si lamenta l’omessa integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorzi necessari, risultando l’immobile oggetto del classamento gravato da usufrutto ed il ricorso introduttivo proposto dalla sola nuda proprietaria.
3. Con la seconda censura, che lamenta violazione dell’art. 1 comma 2 lett. O D.lgs. n. 58/2011 e dell’art. 16 del d.lgs. n. 546/92 ex art. 360 n. 3) c.p.c., si sostiene che sebbene questa Corte abbia reiteratamente negato la natura retroattiva della legge n. 124/2017, l’abrogazione dell’art. 4 cit. comporta la soppressione dell’attribuzione in esclusiva alla società poste italiane quale fornitore del servizio postale universale dei servizi inerenti la notificazione e comunicazione di atti giudiziari. Con la conseguenza che l’iter della liberalizzazione dei servizi postali sarebbe stato attivato a decorrere dal 30 aprile 2011. Atteso che la modifica della l. n. 124/2017 avrebbe riguardato solo le notifiche secondo le regole di cui alla l. n. 890/82, ma non anche le notifiche effettuate mediante raccomandata ordinaria espunta dall’area riservata alle P. e fa data dall’anno 2011.
4. Con il terzo mezzo, che prospetta violazione dell’art. 156 c.p.c. ex art. 360 n. 3) c.p.c, l’Agenzia deduce che la nullità della notificazione non può dar luogo alla sanzione di inammissibilità del ricorso se l’atto ha raggiunto il suo scopo ai sensi della disposizione codicistica citata. E la costituzione in giudizio della contribuente dimostra il raggiungimento dello scopo con la relativa sanatoria della eventuale nullità comminata dalla legge.
5. La prima censura è infondata.
Nel giudizio di cassazione, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un’evidente ragione d’inammissibilità del ricorso o qualora questo sia “prima facie” infondato, di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un’attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio e non essendovi, in concreto, esigenze di tutela del contraddittorio, delle garanzie di difesa e del diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità (Cass. n. 11287/2018; n. 15106 del 2013).
6. La seconda censura è destituita di fondamento, alla luce dell’arresto delle S.U. n. 8416/2019.
Il d.lgs. n. 261 del 1999, di recepimento della Direttiva 97/67/CE ( emanata con il preciso scopo di dettare regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizi) ha, nel quadro della liberalizzazione del mercato dei servizi postali, mantenuto un servizio postale universale, includendo tra i servizi ad esso riservati gli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie.
Il servizio postale universale è espletato, all’esito della trasformazione in società per azioni dell’Ente Poste, dalla società P.I. s.p.a. ( v. Cass., Sez. Un., 29/5/2017, n. 13452, ove si pone in rilievo come, nonostante la trasformazione, permanga tuttora in capo all’agente postale l’esercizio di poteri certificativi propriamente inerenti a un pubblico servizio, a ragione della connotazione pubblicistica della disciplina normativa che continua a disciplinarlo e del perseguimento di connesse finalità pubbliche).
All’art. 18 L. n. 689 del 1981 è stato dall’art. 10 L. n. 265 del 1999 inserito il comma 6, ove si stabilisce che “la notificazione dell’ordinanza ingiunzione può essere eseguita dall’ufficio che adotta l’atto, secondo le modalità di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890”.
Alla suindicata Direttiva del 1997 è seguita la Direttiva 2008/6/CE, recepita con d.lgs. n. 58 del 2011, che ha modificato l’art. 4 d.lgs. n. 261 del 1999 stabilendo che “per esigenze di ordine pubblico, sono affidati in via esclusiva al fornitore del servizio universale: a) i servizi inerenti le notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890, e successive modificazioni; b) i servizi inerenti le notificazioni a mezzo posta di cui all’articolo 201 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285″( Cass. n. 27021/2014).
Secondo le S.U., l’art. 1, comma 57 lett. b), L. n. 124 del 2017, ha quindi espressamente abrogato l’art. 4 d.lgs. n. 261 del 1999, con soppressione pertanto dell’attribuzione in esclusiva alla società P.I. s.p.a., quale fornitore del servizio postale universale, dei servizi inerenti le notificazioni e comunicazioni di atti giudiziari ai sensi della L. n. 890 del 1982, nonché dei servizi inerenti le notificazioni delle violazioni al codice della strada ai sensi dell’art. 201 d.lgs. n. 285 del 1992 ( v. Cass., 11/10/2017, n. 23887, e, conformemente, da ultimo, Cass., 7/9/2018, n. 21884 ).
Detta abrogazione opera, peraltro, come dalla suindicata norma espressamente indicato, con decorrenza dal 10/9/2017, sicché non assume nella specie rilievo, essendo stato -come detto- l’impugnato atto de quo notificato nel marzo 2017.
7. La terza censura non può trovare accoglimento.
Le S.U. – con la sentenza n. 299 del 13.01.2020 – hanno affermato il principio di diritto secondo il quale “”In tema di notificazione di atti processuali, posto che nel quadro giuridico novellato dalla direttiva n. 2008/6/CE del Parlamento e del Consiglio del 20 febbraio 2008 è prevista la possibilità per tutti gli operatori postali di notificare atti giudiziari, a meno che lo Stato non evidenzi e dimostri la giustificazione oggettiva ostativa, è nulla e non inesistente la notificazione di atto giudiziario eseguita dall’operatore di posta privata senza relativo titolo abilitativo nel periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della suddetta direttiva e il regime introdotto dalla legge n. 124 del 2017“. “La sanatoria della nullità della notificazione di atto giudiziario, eseguita dall’operatore di poste private per raggiungimento dello scopo dovuto alla costituzione della controparte, non rileva ai fini della tempestività del ricorso, a fronte della mancanza di certezza legale della data di consegna del ricorso medesimo all’operatore, dovuta all’assenza di poteri certificativi dell’operatore, perché sprovvisto di titolo abilitativo“.
8. A seguito della direttiva n. 2008/6/CE, pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 27 febbraio 2008, il diritto unionale vieta il riconoscimento di diritti speciali o esclusivi a un operatore postale (in termini, Corte giust. in causa C-545/17, cit., punti 67-68); sicché non può essere riconosciuta a un operatore una tutela particolare idonea a incidere sulla capacità delle altre imprese di esercitare l’attività economica consistente nell’instaurazione e nella fornitura di servizi postali nello stesso territorio, in circostanze sostanzialmente equivalenti.
“Il fatto che uno Stato membro riservi un servizio postale, che questo rientri o no nel servizio universale, a uno o a più fornitori incaricati del servizio universale costituisce un modo vietato per garantire il finanziamento del servizio universale” (Corte giust. in causa C-545/17, cit., punto 53).
Ne consegue che l’art. 8 della direttiva, che non è stato novellato, va interpretato – come affermato dalle S.U. n. 299/2020 – restrittivamente (con riferimento, peraltro, ai soli invii raccomandati e non già a quelli ordinari), perché introduce una deroga al principio.
Ora, nel regime nazionale successivo alla direttiva n. 2008/6/CE e anteriore a quello introdotto dalla novella del 2011, applicabile all’epoca dei fatti di causa, così come nel regime successivo a tale novella e antecedente alla I. n. 124/17, a s.p.a. P.I. resta riservato in via esclusiva il servizio della notificazione a mezzo posta degli atti processuali; e ciò si correla all’esclusivo riconoscimento del diritto speciale in virtù del quale la veridicità dell’apposizione della data mediante proprio timbro è presidiata dal reato di falso ideologico in atto pubblico, giacché la si riferisce all’attestazione di attività compiute da un pubblico agente nell’esercizio delle proprie funzioni (tra varie, Cass. 4 giugno 2018, n. 14163 e 19 luglio 2019, n. 19547).
Tuttavia, non sono dimostrate le ragioni di ordine pubblico o di pubblica sicurezza idonee a derogare, a norma dell’art. 8 della direttiva n. 97/67/CE, alla norma generale prevista all’art. 7 della direttiva modificata, nell’accezione che ne fornisce il diritto unionale.
Per ricorrere alla deroga occorre difatti che lo Stato membro dimostri «l’esistenza di un interesse pubblico» (Corte giust. in causa C-545/17, Pawlak, punto 73). Quest’interesse, ha ammonito la Corte di giustizia (con la medesima sentenza, punto 74), si deve esprimere in una giustificazione oggettiva della deroga.
Non è invece chiarito dal legislatore nazionale quali fossero le esigenze di ordine pubblico richiamate dall’art. 4 del d.lgs. n. 261/99.
Sicché è ragionevole ritenere che le ragioni poste a sostegno della riserva siano quelle del finanziamento del fornitore del servizio universale, benché vietate dalla direttiva n. 2008/6/CE.
Da quanto sopra discende che, al momento dell’esecuzione della notificazione della quale si discute, la vigente direttiva n. 2008/6/CE imponeva già al legislatore italiano l’abolizione di qualsiasi riconoscimento, salvo il ricorrere di determinate, restrittive e rigorose condizioni, di diritti speciali o esclusivi a taluni operatori del servizio postale.
Affermano le cit. S.U. “ L’obbligo di adeguamento al diritto unionale così imposto era già incluso, per conseguenza, tra i principi del diritto nazionale e, con esso, la generale potenziale idoneità dell’operatore di poste private a compiere l’attività di notificazione di atti processuali, indipendentemente dal fatto che ancora pendesse per lo Stato italiano il termine, fissato al 31 dicembre 2010 dall’art. 2 della direttiva n. 2008/6/CE, per mettere “..in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per “conformarsi… alla direttiva“.
Secondo l’arresto delle Sezioni Unite la circostanza che il diritto interno non si è compiutamente adeguato, fino alla legge n. 124/17, a tale impostazione e ha mantenuto in capo a s.p.a. Poste italiane i suddetti diritti esclusivi e speciali non può conferire loro la forza di sistema nel senso di far considerare radicalmente estranea a esso l’attività di notificazione postale di atti giudiziari da parte dell’operatore postale privato.
La prevista astratta possibilità di tale attività rende di per sé riconoscibile la fattispecie della notificazione in quella eseguita da quell’operatore, anche sotto il profilo soggettivo (in base alle precisazioni di Cass., sez. un., nn. 14916 e 14917/16, cit., che ha esaminato il regime della notificazione del ricorso per cassazione). “Non v’é quindi quella completa esorbitanza dallo schema generale degli atti di notificazione che ne sostanzia l’inesistenza giuridica (Cass., sez. un., 4 luglio 2018, n. 17533, punto 9.1.5), perché l’attività svolta appartiene al tipo contemplato dal complessivo sistema normativo”.
Tuttavia, quanto alla difformità di tale attività dalla concreta regolazione interna vigente, rileva in particolare la mancata adozione, con riferimento all’operatore di posta privata, della disciplina inerente al necessario titolo abilitativo (di cui, quindi, il soggetto operante nel caso di specie era sicuramente sprovvisto).
Il che assume, ha precisato ancora la Corte di giustizia, una particolare valenza proprio con riguardo alle attività di notificazione di atti giudiziari, mediante le quali l’operatore è investito di prerogative inerenti ai pubblici poteri al fine di poter rispettare gli obblighi che incombono su di lui; «tali servizi mirano non già a rispondere a particolari esigenze di operatori economici o di taluni altri utenti particolari, bensì a garantire una buona amministrazione della giustizia, nella misura in cui essi permettono la notifica formale di documenti nel quadro di procedimenti giurisdizionali o amministrativi» (Corte giust. 16 ottobre 2019, cause C-4/18 e C-5/18, Winterhoff e altro, punto 58).
Tutto ciò peraltro si risolve in una violazione di specifici vincoli normativi, che configura una mera nullità dell’attività notificatoria in questione; laddove l’astratta compatibilità della medesima col complessivo sistema normativo esclude che si possa parlare di inesistenza.
In quanto nulla, la notificazione è sanabile e nel caso in esame è stata sanata per effetto della costituzione del contribuente nel giudizio di appello. Questa circostanza, tuttavia, non è risolutiva, come affermano le S.U., perché manca certezza legale della data di consegna del plico all’operatore di posta privata.
E la certezza manca, appunto perché l’operatore che ha proceduto alla notificazione della quale si discute è privo di titolo abilitativo, ossia della licenza individuale, e, quindi, delle prerogative inerenti ai pubblici poteri. Perché l’indicazione di data, ufficio e numero di spedizione dell’atto in plico raccomandato (senza busta) assuma connotazione di atto pubblico, pur in assenza di sottoscrizione, occorre che vi sia una precisa sequenza procedimentale diretta a documentare le attività compiute in relazione all’accettazione del plico da spedire e, quindi, a identificare la certa provenienza delle attestazioni su giorno e numero della raccomandata (Cass., sez. un., nn. 13452 e 13453/17).
Di contro, la mancanza della licenza, e del correlativo status, come la giurisprudenza di questa Corte sottolinea, non consente di riconoscere la forza di atto pubblico all’attestazione della data di consegna all’operatore dell’atto processuale da notificare, perché l’operatore che non ne sia munito non è dotato di poteri certificativi.
Si tratta difatti, di interessi di rango costituzionale (presidiati dagli artt. 24 e 111 Cost.), sicché necessitano di quella certezza pubblica che è propria degli atti fidefacienti, non altrimenti surrogabile (ancora Cass., sez. un., nn. 13452 e 13453, cit.).
Occorre dunque verificare la certezza legale della data di consegna all’operatore di poste private dell’atto da notificare per ancorare, nel caso in esame, la proposizione del ricorso «…al momento della spedizione nelle forme sopra indicate» (giusta l’art. 20, comma 2, del d.lgs. n. 546/92).
L’impossibile valorizzazione del momento di consegna dell’atto all’agente notificatore si unisce, nella specie, al sicuro pervenimento dell’atto al destinatario in data 8 marzo 2017 ( come emerge dalla sentenza impugnata e dallo stesso controricorso), quando il termine di decadenza dall’impugnazione era ormai inutilmente spirato (vale a dire, in data 6 marzo 2017).
La sanatoria determinata dal raggiungimento dello scopo della notifica nulla non può quindi rilevare al fine di poter ritenere tempestivo il ricorso.
Risulta per conseguenza irrilevante altresì l’esame dell’ulteriore questione, sulla quale pure v’è difformità di orientamenti di questa Corte, concernente l’estensione, o l’esclusione, dell’effetto sanante rispetto alle decadenze di natura sostanziale nel frattempo maturate.
Il ricorso va quindi respinto, perché, nel momento in cui si è prodotto l’effetto sanante dovuto al raggiungimento dello scopo dell’atto, era maturata la decadenza dei contribuenti dal diritto d’impugnazione dell’avviso.
Poiché non sussiste necessità di ulteriori accertamenti di fatto, il giudizio va deciso nel merito, con la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso l introduttivo e l’applicazione dei seguenti principi di diritto:
Le spese del giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra le parti, avuto riguardo alle obiettive incertezze indotte dal quadro normativo di riferimento, alle antinomie ed oscillazioni, emerse negli orientamenti della giurisprudenza di legittimità nonché alla composizione dei contrasti da parte delle S.U. in momento successivo alla proposizione del ricorso.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1- quater del d.P.R. 30 maggio 2012, n. 115.
P.Q.M.
– Rigetta il ricorso;
– Compensa le spese del giudizio di legittimità.
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