CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 dicembre 2019, n. 32077
Credito previdenziale – Termine prescrizionale breve ex art. 3, commi 9 e 10, L. n. 335/1995 – Effetto novativo conseguente alla notifica della cartella di pagamento ex art. 24, co. 5, D.Lgs. n. 46/1999 – Applicabilità del termine lungo decennale – Non sussiste – Scadenza del termine perentorio, per proporre opposizione – Effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo
Rilevato che
la Corte d’appello di Catanzaro confermava la decisione di primo grado che aveva accolto l’opposizione a intimazione di pagamento avente ad oggetto crediti previdenziali dovuti da C.V.;
a fondamento della decisione la Corte territoriale, richiamando il dictum di Cass. S.U. n. 23397 del 18 novembre 2016, rilevò la prescrizione dei crediti intervenuta dopo la notifica delle cartelle sottese all’intimazione;
avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione Agenzia delle Entrate – riscossione, subentrata a Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A., sulla base di unico motivo;
C.V. ha resistito con controricorso, mentre l’INPS ha prodotto procura in calce al ricorso notificato;
la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;
Con unico motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 c.c., art. 49 D.P.R. 602/73 e 17 D.lgs. n. 46/99 poiché la Corte territoriale aveva ritenuto applicabile ai fini del computo del termine prescrizionale del credito esattoriale il termine breve di cui all’art. 3 c. 9 e 10 della l. n. 335/95 senza considerare l’effetto novativo conseguente alla notifica delle cartelle di pagamento che comporterebbe l’applicabilità del termine lungo decennale;
la censura è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., poiché sui punti contestati la Corte territoriale ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte di legittimità e l’esame dei motivi non offre elementi nuovi rispetto all’elaborazione giurisprudenziale consolidata (ex plurimis Cass. n. 26013 del 29/12/2015, Cass. n. 10327 del 26/04/2017);
soccorre, infatti, il principio di diritto enunciato da questa Corte a Sezioni Unite (Sez. U. n. 23397 del 17/11/2016), secondo il quale: <La scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo l’art. 3, commi 9 e 10, della l. n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (art. 30 del d.l. n. 78 del 2010, conv., con modif., dalla l. n. 122 del 2010)>;
in linea con il richiamato principio, con riferimento al preteso effetto novativo derivante dalla formazione del ruolo, questa Corte è intervenuta affermando che <In tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell’irrinunciabilità della prescrizione; pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dall’art. 3 della l. n. 335 del 1995 invece che la regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c. (Cass. n. 31352 del 04/12/2018), e ciò in conformità alla natura di atto interno all’amministrazione attribuita al ruolo (Cass. n. 14301 del 19/06/2009)>;
allo stesso modo non assume rilievo il richiamo all’art. 20 comma 6 del d.lgs n. 112 del 1999, che prevede un termine di prescrizione strettamente inerente al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili, che in alcun modo può interferire con lo specifico termine di prescrizione previsto dalla legge per azionare il credito nei confronti del debitore (Sez. U. n. 23397 del 17/11/2016, Cass. n. 31352 del 04/12/2018);
in base alle svolte argomentazioni il ricorso va dichiarato inammissibile, con liquidazione delle spese secondo soccombenza nei confronti del solo C. e senza alcun provvedimento in ordine alle spese nei confronti dell’Inps, in mancanza di sostanziale attività difensiva;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità liquidate in complessivi € 2.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15 % e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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