CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 dicembre 2019, n. 32081
Tributi – Accertamento – Inosservanza del termine dilatorio ex art. 12, co. 7, L. n. 212 del 2000 – Deroga – Motivi di urgenza – Onere di prova a carico dell’Ufficio – Necessaria eccezione da parte del contribuente – Effetti – Illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”
Ragioni della decisione
La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197/2016, osserva quanto segue;
Con sentenza n. 191/03/2017, depositata il 13.3.2017, non notificata, la CTR della Basilicata accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di A. M. srl a socio unico e di M. D. avverso la sentenza della CTP di Potenza che aveva rigettato il ricorso proposto dalla contribuente su controversia avente ad oggetto avvisi di accertamento con i quali erano stati recuperati a tassazione maggiori redditi conseguiti per effetto del disconoscimento di alcune fatture per operazioni inesistenti, sul presupposto che l’emissione dell’accertamento ante tempus fosse giustificato dalle ragioni di urgenza ravvisate nella particolare gravità della condotta lesiva delle ragioni erariali poste in essere dalla società accertata.
Con ordinanza del 7.11.2018 veniva ordinata l’integrazione del contraddittorio nei confronti di M. D..
Espletato l’incombente la curatela della società, nelle more del giudizio di appello dichiarata fallita, ricorre per la cassazione della sentenza affidando il suo mezzo a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine della partecipazione all’eventuale udienza di discussione della causa.
1. Con il primo e il secondo motivo di ricorso la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 12 della legge 212/2000 in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.. Lamenta che la CTR non aveva motivato sull’esistenza dei motivi di urgenza dedotti, né aveva argomentato sulla validità o meno delle doglianze mosse dall’ufficio in relazione a questi motivi.
2. Le censure sono suscettibili di trattazione congiunta.
Esse sono fondate.
3. Questa Corte ha già avuto modo di precisare che “la legge n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, nel prevedere che l’avviso di accertamento non possa essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvi i casi “di particolare e motivata urgenza” impone un termine per l’esercizio dell’azione amministrativa piuttosto che un obbligo di motivazione circa il requisito dell’urgenza nell’emissione, anticipata, dell’atto impositivo” (cfr. Cass. n. 11944 del 2012, cui hanno fatto seguito Cass. S.U., n. 18184 del 2013; Sez. V, n. 24316 del 2014).
Quindi, in presenza di casi di urgenza, l’effetto derogatorio opera a prescindere dalla sua esternazione all’interno dell’atto impositivo, che non è richiesto né dallo Statuto dei diritti del contribuente (posto che l’art. 7 della legge n. 212 del 2000 prescrive che l’atto deve contenere soltanto i “presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione”), né da altre specifiche disposizioni (quali l’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e l’art. 56 del d.P.R. n. 633 del 1972) che disciplinano il contenuto degli atti impositivi e non i tempi della loro emanazione. Ovviamente, in presenza di contestazione da parte del contribuente, è onere dell’Ufficio allegare e provare la sussistenza in concreto delle ragioni dell’urgenza, in particolare che “l’inosservanza del termine dilatorio non sia dovuta a inerzia o negligenza, ma ad altre circostanze che abbiano ritardato incolpevolmente l’accertamento ovvero abbiano reso difficoltoso con il passare del tempo il pagamento del tributo e necessario procedere senza il rispetto del termine” (Cass. n. 24316/14 citata). Di recente questa Corte ha affermato che l’art. 12, comma 7, l. n. 212 del 2000 deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio (Cass. 27623/2018).
Nella specie la CTR ha osservato che nel corpo dell’avviso di accertamento erano state indicate le ragioni di urgenza ravvisate nella particolare gravità della condotta lesiva delle ragioni erariali poste in essere dalla società ma non ha, tuttavia, accertato in cosa si fosse manifestata tale condotta lesiva; a tanto provvederà il giudice di rinvio. Il ricorso deve essere, pertanto, accolto e la sentenza cassata con rinvio alla CTR della Basilicata che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Basilicata anche per la spese del presente giudizio di legittimità.
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