CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 dicembre 2019, n. 32086
Tributi – Imposta pubblicità – Scritte pubblicitarie poste su cabina automatizzata per fototessere – Esenzione – Insegna di esercizio – Esclusione
Ragioni della decisione
costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016, osserva quanto segue;
Con sentenza n. 2105/2/2017, depositata il 26.9.2017 non notificata, la CTR della Toscana rigettava l’appello proposto da A. s.p.a. concessionaria per il Comune di Pistoia nei confronti della società D.A. s.r.l. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Pistoia che aveva accolto il ricorso della contribuente avverso avviso di accertamento per imposta pubblicitaria dell’anno 2015 relativa ad impianti – cabine fototessera – presenti sul territorio del Comune, sul presupposto che i mezzi pubblicitari oggetto di accertamento (scritte pubblicitarie poste su cabina automatizzata per fototessere) fossero riconducibili alla nozione di insegna di esercizio di cui agli artt. 2 bis D.L. 13/2002 e 47 DPR 495/1992;
Avverso la sentenza della CTR A. s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati con memoria.
La D. s.p.a. (già D.A. s.r.I.) si è costituita con controricorso.
1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c. per violazione dell’art. 132 c.p.c comma 2 n. 4 e dell’art. 36 comma 2 n. 4 per essere la motivazione apparente.
2. La censura non è fondata.
La motivazione è apparente allorchè la stessa risulti del tutto inidonea ad assolvere la funzione che le è affidata. In situazioni simili «dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire di comprendere le ragioni e quindi le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato» (Cass. 22598/2018)
Nella specie la motivazione della sentenza, sebbene non sia corretta, si sottrae alla censura mossa in quanto la CTR ha motivato adeguatamente sul presupposto della ritenuta nozione di impresa commerciale ritenendo che l’imposta non sia dovuta per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l’attività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a cinque metri quadrati.
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 17, comma 1 bis, del D.Lgs. 15.11.1993 n. 507 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. lamentando che la CTR avrebbe violato il divieto di interpretazione estensiva di norme che prevedono esenzioni totali o parziali di imposta.
3. La censura è fondata, in conformità a principi già espressi dalla Corte (cfr. Cass. nn. 29086/2018, 13023/2015, 27497/2014), a cui il Collegio ritiene di dare continuità:
Invero, in base all’art. 17, comma 1 bis <<l’imposta non è dovuta per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l’attività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a 5 metri quadrati. I comuni, con regolamento adottato ai sensi del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 52 possono prevedere l’esenzione dal pagamento dell’imposta per le insegne di esercizio anche di superficie complessiva superiore al limite di cui al periodo precedente>>;
Nel caso di specie, deve essere esclusa l’applicabilità della norma in esame in quanto la cabina fotografica automatica (assimilabile a distributore automatico di cibi e bevande), sulla quale erano posti i pannelli pubblicitari, non può essere identificata come sede dell’Impresa, essendo la ricorrente una Società di capitali, e pertanto per sede effettiva deve intendersi il luogo in cui hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’Ente ed ove operano i suoi organi amministrativi o i suoi dipendenti.
Evidenziato, inoltre, che il concetto civilistico di sede, nel caso in esame, deve essere coordinato con la norma fiscale della cui applicazione si controverte in questa sede, in quanto il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 17, comma 1 bis prevede, per quanto qui rileva, che <<l’imposta non è dovuta per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l’attività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a cinque metri quadrati>>, ed escluso – ciò risultando d’intuitiva evidenza – che il distributore automatico di cibi o bevande o altri servizi (come le cabine fotografiche automatiche di cui si discute) possa ricondursi al concetto tanto di sede legale quanto di quella effettiva di esercizio dell’attività sociale come sopra richiamati, e ritenuto che neppure possa ipotizzarsi un rapporto pertinenziale con la sede della società, in ragione dell’ampia diffusione territoriale che impedisce a monte la stessa configurabilità di un rapporto durevole di servizio del singolo distributore alla sede sociale, è decisivo, allora, nell’escludere che al punto automatico di esercizio possa attribuirsi la qualificazione di sede, il rilievo che tale concetto viene a costituire nella fattispecie in esame il presupposto per l’applicazione di norma, quale il D.Lgs. n. 507 del 1993, menzionato art. 17, comma 1 bis che prevede un’esenzione fiscale, come tale da ritenersi di stretta interpretazione (cfr., ex multis, Cass. n. 2915/2013; Cass. 7783/2019). Quanto sin qui illustrato comporta l’accoglimento del secondo motivo di ricorso e la cassazione della sentenza impugnata;
Non richiedendosi, per la risoluzione della controversia, alcun altro accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 1, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.
Poiché l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, in base al quale si è decisa la causa, s’è consolidato dopo la proposizione del ricorso per cassazione, si ritiene opportuno compensare tra le parti le spese processuali delle fasi di merito, con condanna della controricorrente al pagamento delle spese del presente grado, con liquidazione come da dispositivo.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente, compensando tra le parti le spese processuali dei gradi di merito; condanna la controricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio che liquida in €. 2300,00 per compensi ed € 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, se dovuti.
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