CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 gennaio 2019, n. 270
Somministrazione irregolare di manodopera – Verbale di accertamento – Evasione contributiva – Opposizione a cartella esattoriale
Ritenuto che
la Corte d’Appello di Brescia, con sentenza n. 596/2012, ha respinto l’appello principale della Fondazione U.B. ONLUS accogliendo l’appello incidentale dell’Inps proposti avverso la sentenza che aveva accolto parzialmente l’opposizione, svolta dalla stessa Fondazione, avverso la cartella esattoriale notificata per conto dell’Inps e con la quale le era stato ingiunto il pagamento dei contributi per € 161.997,60 e delle relative sanzioni per quattro distinte violazioni, già oggetto di processo verbale di accertamento notificato all’opponente; a fondamento della sentenza, per quanto qui interessa, la Corte sosteneva che fossero infondati i motivi di appello principale relativi alla natura del rapporto dei volontari inviati dall’Associazione Il S. la quale aveva proceduto ad una somministrazione irregolare di manodopera, nonché alla posizione di V.G. il quale aveva concluso un contratto di lavoro a progetto carente dei caratteri di validità e specificità; che l’appello incidentale dell’Inps fosse infondato in relazione alla posizione della caposala C. e fosse invece da accogliere per quanto riguarda i lavoratori inviati dalla S. srl sulla base di un contratto di appalto che dissimulava una somministrazione illecita di manodopera; sosteneva altresì la Corte che i riferimenti contenuti nell’appello principale al calcolo delle sanzioni, come semplice omissione e non evasione, ed all’inapplicabilità della maxisanzione, andassero considerati alla stregua di domande nuove non svolte nel ricorso di opposizione in primo grado e che, pertanto, dovessero dichiararsi inammissibili;
peraltro, secondo la Corte, il calcolo delle sanzioni doveva ritenersi corretto in quanto era evidente che ricorresse un caso di evasione contributiva e non di semplice omissione, atteso che la fattispecie dell’omissione contributiva doveva ritenersi limitata soltanto all’ipotesi del mancato pagamento da parte del datore di lavoro, in presenza di tutte le denunce e registrazioni obbligatorie necessarie; mentre la mancanza di uno solo degli altri necessari adempimenti era sufficiente a integrare gli estremi della evasione; pertanto nel caso in cui, come nella fattispecie, venissero preordinati un fittizio contratto a progetto o contratti con pseudo volontari o infine appalti irregolari non poteva esservi dubbio sulla sanzionabilità dei fatti come evasione;
contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Fondazione U.B. ONLUS con 12 motivi di ricorso ai quali ha resistito l’Inps con controricorso;
Considerato che
con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto di cui all’articolo 112 c.p.c. e nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto il pronunciato, in relazione alla condanna della ricorrente pronunciata in sentenza al pagamento della cosiddetta maxisanzione pretesa in ruolo ed in cartella opposti ex articolo 36bis legge numero 248/2006 (art 360 , nn. 3 e 4 c.p.c.);
con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto di cui all’articolo 324 c.p.c. ed all’articolo 2009 c.c. e nullità della sentenza e/o del procedimento in relazione alla condanna della ricorrente pronunciata in sentenza al pagamento della cosiddetta maxisanzione pretesa in ruolo ed in cartella opposti, in violazione del giudicato formatosi a seguito della mancata impugnazione con appello incidentale da parte di Inps e SCCI della sentenza appellata che ha assolto la ricorrente dalla pretesa di pagare importi indicati a ruolo in cartella ed a titolo di cosiddetta maxi sanzione (articolo 360 n. 3 e n. 4 c.p.c.); con il terzo motivo di ricorso il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto di cui all’articolo 345 c.p.c., errata interpretazione della domanda svolta dalla ricorrente avanti il tribunale di Brescia, per aver la sentenza dichiarato inammissibili, quali nuove domande, quelle volte a respingere la pretesa dell’Inps e ad assolvere la ricorrente in ordine al pagamento delle somme aggiuntive e della cosiddetta maxisanzione già svolte avanti il tribunale e riproposte in appello, nullità della sentenza per mancanza di motivazione sul punto pur in violazione dell’articolo 132, secondo comma n. 4 c.p.c. (articolo 360 nn. 3, 4, 5 c.p.c.). i motivi primo, secondo e terzo sono da esaminare unitariamente per la connessione delle censure; gli stessi motivi devono essere respinti, pur dovendosi correggere la motivazione della sentenza impugnata nei termini di cui alle seguenti considerazioni; ai fini della comprensione sulla decisione sui motivi di ricorso deve essere premesso anzitutto che, come risulta dagli atti, alla Fondazione ricorrente era stato ingiunto il pagamento della somma sopra indicata in relazione a quattro distinte violazioni, che erano relative: 1) alle prestazioni svolte in favore dell’opponente dai volontari dell’associazione il S. ONLUS avendo l’Inps ritenuto irregolare la somministrazione; 2) all’instaurazione del rapporto di lavoro autonomo con la caposala C.T.E. di cui l’Inps ha sostenuto la natura subordinata; 3) al rapporto a progetto con V.G. ritenuto subordinato per l’invalidità del progetto; 4) all’utilizzo di sette lavoratori inviati dalla S. srl sulla base di un contratto di appalto ritenuto configurare un ipotesi di somministrazione irregolare; il giudice di primo grado sulla base dell’istruttoria aveva respinto l’opposizione proposta dalla Fondazione con riferimento ai soggetti inviati dalla Associazione il S. ed al V., accogliendolo per le altre due contestazioni; all’esito del giudizio di impugnazione, come già detto, la Corte d’Appello accoglieva l’appello incidentale dell’Inps, limitatamente ai lavoratori inviati dalla S., rigettandolo con riferimento alla posizione della caposala C.; le questioni che residuano a seguito del ricorso per cassazione attengono al pagamento della maxisanzione ex art. 3 del d.l. n.12/2002 come modificata dalla legge 248/2006 ed oggi abrogata dalla legge 183/2010; al pagamento delle sanzioni per evasione od omissione ex art. 116, 8° comma legge 388/2000; ed alla legittimazione dell’Inps in relazione alla pretesa costituzione del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato fin dall’inizio per ipotesi di somministrazione irregolare con riferimento sia ai lavoratori somministrati dall’associazione il S. ONLUS sia a quelli inviati dalla S. srl in forza di contratto di appalto;
la sentenza di primo grado aveva dunque condannato la Fondazione ricorrente al pagamento esclusivamente dei contributi, oltre alle somme aggiuntive ed agli interessi relativi al personale inviato dall’Associazione il S. ed a V.G., senza nulla dire in ordine alle cosiddette maxi sanzioni; nonostante che pur esse fossero comprese nell’importo di cui alla cartella e fossero da ritenere parimenti ricomprese nel giudizio instaurato con l’opposizione con la quale era stato richiesto l’annullamento in toto della medesima cartella e di dichiarare che “la somma richiesta nella cartella opposta non fosse dovuta stante l’inesistenza di tutti i pretesi rapporti di lavoro subordinato de quibus”;
l’opposizione della ricorrente riguardava pertanto l’illegittimità ed infondatezza della cartella e perciò di ogni titolo enunciato dall’Inps nella stessa ivi comprese, quelle per cosiddette maxi sanzione o per evasione;
d’altra parte è noto che l’opposizione a cartella instaura una lite sul rapporto contributivo ma non modifica, come accade per l’opposizione a decreto ingiuntivo, la posizione della parti, dovendosi dunque ritenere che l’ente previdenziale rimanga attore ed in quanto tale onerato della prova degli elementi costitutivi della pretesa; per contro, come già rilevato, il tribunale di Brescia in parziale accoglimento dell’opposizione aveva condannato la Fondazione a pagare a favore dell’Inps i contributi, oltre alle somme aggiuntive e agli interessi per il personale inviato dall’Associazione Il S. e con riferimento a V.G., come rideterminata dallo stesso Inps senza nulla disporre in ordine alle maxi sanzioni; nulla ha disposto la stessa Corte d’Appello in relazione alle maxi sanzioni, salvo ritenere la novità della domanda;
ora va rilevato che i motivi di ricorso devono essere comunque rigettati perché in relazione alla maxi sanzione non può ritenersi pronunciata alcuna assoluzione (e nemmeno alcuna condanna) essendosi bensì configurata una evidente omessa pronuncia, anzitutto in primo grado; rispetto alla quale (mentre i rilievi dell’opponente erano privi di rilevanza per difetto di interesse) l’INPS aveva l’onere di impugnare in via incidentale la pronuncia, che appunto (in relazione alle sole violazioni ivi ritenute sussistenti e su cui il tribunale aveva condannato la ricorrente soltanto al pagamento dei contributi, somme aggiuntive ed interessi) presentava la suddetta omissione; in mancanza di che la questione deve ritenersi non sia stata devoluta alla Corte d’Appello di Brescia;
una omessa pronuncia (questa volta in secondo grado) e comunque una mancata devoluzione della questione si registra anche sulla maxisanzione relativa alla violazione ritenuta esistente solo in appello a seguito dell’impugnazione incidentale dell’INPS e su cui invece in primo grado l’opposizione dell’Associazione era stata accolta; anche su questo punto nulla ha disposto la stessa Corte d’Appello ritenendo appunto i riferimenti della parte non legittimata come domanda nuova; mentre l’INPS – che era tenuto ad indicare cosa avesse dedotto a contenuto dell’appello e comunque a proporre impugnazione incidentale in cassazione – ha addirittura affermato, erroneamente, che la stessa questione delle maxi sanzioni non sia mai entrata a far parte della res dubia;
ora in una situazione del genere, come questa Corte ha chiarito in molte occasioni, non può anzitutto ritenersi che si sia formarsi alcun giudicato ex art. 2909 c.c. neppure implicito (Cass. S.U. n. 6632/03, sez. 1 n. 1512/01, sez. 2 n. 11412/03, sez. 3 n. 17375/03, sez. lav. n. 14090/01); mentre la mancata devoluzione in appello da parte dell’INPS comporta soltanto un giudicato in senso formale relativamente all’omessa pronuncia e determina una preclusione processuale nel senso che la questione non può essere più affrontata all’interno dello stesso giudizio, ma non fa stato in un distinto giudizio promosso dalle stesse parti dinanzi ad un giudice diverso (Cass. 20690 del 09/08/2018; 26178 del 03/11/2017; n. 440 del 10/01/2014);
i motivi, ora oggetto d’esame, vanno dunque rigettati sia perché muovono da una asserita assoluzione del ricorrente in primo grado al pagamento della maxisanzione che invece non vi è stata (essendosi appunto prodotta una omessa pronuncia); sia perché presuppongono pure un vizio di ultra petizione da parte della Corte d’Appello che avrebbe condannato la ricorrente (in appello) in mancanza di domanda dell’INPS;
vizio che parimenti non sussiste dato che la Corte d’Appello nulla ha detto sulla maxi sanzione, salvo aver appunto qualificato come domanda nuova le questioni sollevate in proposito dalla Fondazione; la quale però prima ancora non era neppure legittimata ad impugnare la sentenza di primo grado sul punto, in mancanza di qualsiasi pronuncia ad essa pregiudizievole (ovvero sia in relazione all’omessa pronuncia sulle maxisanzioni per le violazioni ritenute sussistenti in primo grado; sia, a maggior ragione, sulle violazioni ritenute insussistenti e per le quali, tutte, quindi avrebbe dovuto dunque presentare appello incidentale l’INPS);
col quarto motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto di cui all’articolo 112 c.p.c. e nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato in relazione all’omessa pronuncia sulla domanda proposta dalla ricorrente di riforma della sentenza appellata per il caso di ritenuta (e contestata) condanna della ricorrente al pagamento della cosiddetta maxisanzione pretesa in ruolo ed in cartella opposti (articolo 360 nn. 3, 4 c.p.c.);
col quinto motivo di ricorso si deduce nullità della sentenza per violazione dell’articolo 132, 2° comma numero 4 c.p.c. per mancanza di motivazione in ordine alla condanna della ricorrente pronunciata in sentenza al pagamento della sanzione (somme aggiuntive) per cosiddetta evasione contributiva pretesa in ruolo ed in cartella opposti ex articolo 116, 8° comma legge 388/2000 (articolo 360 numero 4 c.p.c.);
con il sesto motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’articolo 132, 2° comma n. 4 c.p.c. per mancanza di motivazione per il caso di ritenuta (e contestata) condanna della ricorrente in sentenza al pagamento della cosiddetta maxisanzione pretesa in ruolo ed in cartella opposti (articolo 360 numero 4 c.p.c.);
col settimo motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto di cui all’articolo 116, 8° comma legge 388/2000 per errata interpretazione della norma ed errata individuazione degli elementi costitutivi della fattispecie di cosiddetta evasione contributiva che implica la condanna al pagamento delle correlate somme aggiuntive (articolo 360 numero 3 c.p.c.);
con l’ottavo motivo di ricorso viene dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai fini della condanna al pagamento delle somme aggiuntive correlate alla fattispecie di cosiddetta evasione contributiva (articolo 360 n. 5 c.p.c.);
con il nono motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto di cui all’articolo 36 bis legge 248/2006 per errata interpretazione della norma ed errata individuazione degli elementi costitutivi della fattispecie che implica la condanna al pagamento della correlata cosiddetta maxi sanzione (articolo 360 n. 3 c.p.c.);
con il decimo motivo di ricorso si deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai fini della condanna al pagamento della cosiddetta maxisanzione (articolo 360 numero cinque c.p.c.); con l’undicesimo motivo di ricorso si deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto di cui all’articolo 2697 c.c. in relazione alla ripartizione dell’onere di provare gli elementi costitutivi della fattispecie di evasione contributiva ex articolo 116, 8° comma legge 388/2000 e gli elementi costitutivi della cosiddetta maxisanzione (articolo 360 n. 3 c.p.c.);
con il dodicesimo motivo di ricorso viene dedotta violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto di cui all’articolo 112 c.p.c. e nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, in relazione all’omessa pronuncia sulla domanda proposta dalla ricorrente volta ad ottenere la pronuncia di mancanza di legittimazione attiva in capo all’INPS ed in mancanza di una condizione dell’azione (art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.) ;
il quarto, il sesto, il nono ed il decimo motivo, i quali si fondano tutti sul presupposto che la ricorrente sia stata condannata anche al pagamento della maxisanzione, devono ritenersi assorbiti perché, secondo quanto detto sopra, né la sentenza di primo grado né la sentenza di appello hanno invece provveduto in proposito;
il quinto, settimo, ottavo ed undicesimo motivo, i quali possono esaminarsi unitariamente per il contenuto delle censure (tutte relative alle sanzioni per omissione o evasione ex art. 116, 8° comma legge 388/2000), sono infondati e vanno respinti; anzitutto i motivi sono infondati in quanto la Corte d’Appello ha diffusamente e correttamente motivato il proprio convincimento esponendo le ragioni giuridiche ed i presupposti di fatto che l’hanno portata ad individuare come esistente la fattispecie dell’evasione contributiva; nessun fatto decisivo la Corte ha omesso di valutare, né essa ha violato le regole di ripartizione dell’onere della prova in relazione agli elementi costitutivi della fattispecie di evasione;
le doglianze che attengono all’esatta configurazione della fattispecie sono pure infondate nel merito, alla luce della giurisprudenza consolidata di questa Corte secondo cui l’illegittima stipulazione di contratti a progetto benché regolarmente denunciati e registrati, ed ancor di più la somministrazione illecita di personale attraverso l’apporto di pseudo volontari o la conclusione di contratti di appalto illeciti concretizzano appunto (Cass n. 12819/2017; n. 6405/2017) l’ipotesi di ” evasione contributiva” di cui all’art. 116, comma 8, lett. b), della I. n. 388 del 2000 e non la meno grave fattispecie di ” omissione contributiva” di cui alla lettera a) della medesima norma, in quanto implicano occultamento dei rapporti o delle retribuzioni o di entrambi e fanno presumere l’esistenza della volontà datoriale di realizzarli allo specifico fine di non versare i contributi o i premi dovuti;
il dodicesimo motivo ipotizza la violazione di norme e la nullità della sentenza in relazione all’omessa pronuncia sulla domanda volta ad ottenere la pronuncia di mancanza di legittimazione attiva in capo all’Inps; in realtà oltre all’infondatezza nel merito della questione sollevata che condurrebbe comunque al rigetto del motivo non essendo dubbio che, in ipotesi di somministrazione illecita di manodopera, l’INPS sia titolato ad ottenere i contributi dovuti in relazione ai rapporti di lavoro subordinati intervenuti con il datore di lavoro reale; deve pure ritenersi, prima ancora, che la Corte d’Appello pronunciando nel merito abbia implicitamente ritenuto anche la legittimazione dell’INPS e che pertanto non si configuri il denunciato vizio di omessa pronuncia;
in conclusione, in forza delle ragioni esposte, il ricorso deve essere respinto, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio; deve darsi atto inoltre che sussistono le condizioni richieste dall’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in € 8200,00, di cui 8000,00 per compensi professionali, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del Dpr 115 del 2002 da atto della sussistenza dei presupposti per versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.