CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 maggio 2018, n. 11171
Ricorso in Cassazione – Omessa o erronea valutazione delle risultanze istruttorie – Motivo inammissibile – Sostanziale richiesta di diverso apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice di merito – Individuare le fonti del convincimento, valutare le prove, controllarne la attendibilità, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti – Sindacato esclusivo del giudice di merito
Rilevato
che con la sentenza n. 4014/2012 la Corte di appello di Lecce, in riforma della pronuncia dell’1.7.2009 del Tribunale di Brindisi, ha condannato F.N. al pagamento, in favore di P.B., della somma di euro 151.174,45, oltre accessori, a titolo di differenze retributive e TFR, per l’attività di panettiere di 2° livello svolta dal suddetto B. presso la ditta individuale “B.F.C.” di cui è titolare il N.;
che avverso la decisione di II grado ha proposto ricorso per cassazione N.F. affidato ad un motivo; che P.B. è rimasto intimato;
Considerato
che, con l’unico motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2697 cc, l’omessa o erronea valutazione delle risultanze istruttorie, la violazione o falsa applicazione di norme di diritto nonché l’omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per non avere i giudici di secondo grado: a) ritenuto la legittimità del licenziamento in quanto la busta paga del mese di dicembre 2006, comprensiva di TFR, ne provava la ritualità; b) ordinato al consulente del lavoro della ditta di depositare la documentazione relativa al rapporto di lavoro del B.; c) considerato che detta mancata produzione aveva inficiato la consulenza tecnica di ufficio; d) rilevato la contraddittorietà della prova, con il conseguente errore nella valutazione e carenza della motivazione; e) ritenuto la nullità dell’avviso del tentativo di conciliazione, erroneamente valutato per l’efficacia, in quanto la ricezione da parte di esso ricorrente, residente fuori della Regione Puglia, era intervenuta in un periodo imminente lo stesso giorno del suo espletamento; f) rilevato la prescrizione dei crediti vantati dal B.;
che il motivo è inammissibile: invero, la denunciata violazione dell’art. 2967 cc si sostanzia in una difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice di merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando invece solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (tra le numerose cfr. Cass. 18.3.2011 n. 6288);
che la doglianza riguardante il mancato ordine di esibizione di documenti è anche essa inammissibile per carenza di specificità, difettando la deduzione dell’istante sulle indicazioni relative al contenuto in essi documenti di precisi fatti controversi e decisivi per la causa; inoltre, l’ordine non può essere emesso per finalità esplorative (cfr. Cass. n. 26943/2007; Cass. 9715/1995) ed è comunque connesso ad una mera facoltà (e non ad un obbligo) rimessa al prudente accertamento del giudice di merito (Cass. n. 23120/2010), non sindacabile in sede di legittimità;
che la dedotta nullità del tentativo di conciliazione stragiudiziale è, altresì, priva di pregio in assenza della specificazione sugli effettivi pregiudizi patiti e perché comunque la relativa questione avrebbe potuto essere oggetto di eccezione in sede processuale di prime cure ove, però, il N. è rimasto contumace (cfr. pag. 3 sentenza di appello);
che la detta contumacia rende, infine, inammissibile anche la censura sul mancato rilievo in appello della prescrizione dei crediti che avrebbe dovuto, invece, essere eccepita con la memoria di costituzione di primo grado, costituendo una eccezione in senso proprio (ex plurimis Cass. 29.11.1988 n. 6439);
che, in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile; che l’inammissibilità del ricorso rende superflua la rinnovazione della notifica del ricorso all’intimato nei cui confronti essa non si è perfezionata; come già statuito a riguardo da questa S.C. (cfr. Cass. n. 15106/13; cfr. altresì, Cass. n. 6826/2010; Cass. n. 2723/2010; Cass. n. 18410/2009), il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 epe) di evitare comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio e delle garanzie di difesa e dal diritto a partecipare al processo in condizioni di parità. Ne deriva che, acclarata l’inammissibilità del ricorso in oggetto alla stregua delle considerazioni sopra svolte, sarebbe comunque vano disporre la fissazione di un termine per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei tempi di definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio in termini di garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti; che nulla va disposto, conseguentemente, in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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