CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 marzo 2018, n. 5753
Tributi – Cessione d’azienda – Valore di avviamento e delle immobilizzazioni cedute – Criteri
Rilevato che
1. La società A.C. srl cedeva, in data 31.03.2008, al prezzo complessivo di euro 50.000,00, un ramo d’azienda con sede in via (…) ( MI), continuando a svolgere, sin dal 27.08.2007, la propria attività in un locale attiguo a quello originario, posto al civico 23 della medesima strada.
L’Agenzia delle Entrate notificava – il 10.11.2009 – avviso di liquidazione, contestando ai fini dell’imposta di registro il complessivo corrispettivo e rideterminando il valore di avviamento in euro 144.553,00 secondo il metodo dell’attualizzazione limitata del reddito, ed in euro 183.295,00 il valore delle immobilizzazioni come risultante dalla medesima dichiarazione dell’ente.
La società impugnava l’avviso e la CTP di Milano rigettava il ricorso.
Avverso la sentenza di primo grado, interponeva gravame la medesima contribuente, reiterando le difese già svolte in primo grado relative alla parziale cessione delle immobilizzazioni, come evincibile dalle scritture contabili e dal medesimo contratto di cessione, nonché dalle date di acquisto di alcune attrezzature destinate all’azienda cedente; deduceva altresì l’erronea applicazione dell’art. 2 DPR 460/1996, avulsa dalle concrete circostanze in cui era avvenuta la cessione.
La CTR della Lombardia accoglieva parzialmente il ricorso, rigettando la censura relativa al minor valore delle immobilizzazioni, ritenendo che esso emergesse dalle medesime dichiarazioni del contribuente (Mod. 770 anno imposta 2007 quadro RS rigo RS3) e accogliendo la domanda subordinata proposta dalla contribuente, sul rilievo che l’attualizzazione del reddito medio dei ricavi dovesse applicarsi al triennio ( e non al biennio) antecedente la cessione, limitando, per l’anno 2007, i ricavi a quelli afferenti il ramo d’azienda ceduto, pari ad euro 263.764,17.
Avverso la pronuncia n. 7/27/2013 della C.T.R. della Lombardia, la società ricorrente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate resiste con memoria.
Considerato che
2. Con il primo motivo, la ricorrente deduce “difetto di motivazione” circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., in quanto la CTR non avrebbe esaminato il valore delle attrezzature cedute, confrontando i dati contenuti nelle scritture contabili e quelli di cui all’atto di cessione ovvero l’epoca di acquisto di talune attrezzature (successiva alla cessione).
L’Agenzia eccepisce l’inammissibilità del primo motivo teso a ottenere una rivalutazione delle circostanze di fatto, in quanto, nella sua illustrazione, la contribuente non lamenterebbe l’incompletezza della motivazione o la sua carenza, ma il contenuto della motivazione alla luce delle risultanze documentali.
3. L’eccezione appare destituita di fondamento.
La denuncia secondo la quale il giudice di secondo grado abbia escluso, con affermazione sostanzialmente apodittica, la valenza probatoria di taluni documenti senza effettuare un esame critico della stessa deve essere proposta attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012 (Cass. 2017/23940; Corte Cass. Sez. U. n. 8053 del 07/04/2014; Sez. U. 19881 del 22/09/2014; Cass. n. 11892 del 10/06/2016; Cass. 2016/17761). Nella specie, la società ricorrente ha censurato correttamente la motivazione della sentenza di secondo grado sotto il profilo dell’omessa valutazione delle risultanze documentali; difatti, nell’ipotesi in cui sia stato omesso l’esame del materiale probatorio, mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova ed operando quindi il conseguente giudizio di prevalenza, la sentenza si espone alle censure di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. (cfr. Corte Cass. 11892 del 10/06/2016).
4. Tanto premesso, la CTR, dopo aver dato atto, nello svolgimento del processo, che la contribuente lamentava l’erronea sommatoria del valore delle attrezzature cedute con quelle di proprietà della cedente, acquistati successivamente alla stipula della cessione, per continuare lo svolgimento dell’attività in altra sede (attigua alla preesistente) e che, a fondamento della propria tesi, aveva prodotto l’Allegato A del contratto di cessione di ramo d’azienda e le scritture contabili, ha motivato il rigetto di detta doglianza, limitandosi ad affermare che ” il valore attribuito dall’ufficio alle attrezzature doveva essere confermato, in quanto risultante dal quadro RS, rigo RS3 della dichiarazione dei redditi per l’anno finanziario 2007 e non essendo deducibile aliunde la supposta cessione parziale dei beni”.
A fronte delle specifiche e documentate contestazioni (contratto di cessione e dei relativi allegati 2 ed A) in ordine al valore delle immobilizzazioni, che, secondo la tesi dell’ente ricorrente, l’ufficio avrebbe considerato integralmente, includendo anche quelle rimaste nella disponibilità della società cedente per l’anno 2007 (come indicato nel mod. 760), la sentenza non ha specificamente motivato le ragioni per le quali dai documenti prodotti a fondamento della censura (contratto di cessione ed allegati) non era inferibile il minor valore delle attrezzature cedute rispetto a quello risultante dal mod. 770, né ha giustificato l’incidenza del valore indicato sul corrispettivo accertato dall’Agenzia.
In altri termini non risulta dalla sentenza impugnata che i giudici di appello abbiano valutato tutti gli atti prodotti, risultando, al contrario, l’esclusivo apprezzamento della dichiarazione dei redditi, senza alcun riferimento agli altri documenti offerti a sostegno del gravame, con conseguente accoglimento della censura rivolta alla pronuncia impugnata, sotto il profilo dell’omesso esame di un punto controverso e discusso della controversia.
5. Con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione degli artt. 2 co. 4 DPR 460/1996, artt. 51 e 52 DPR 131/1986 e art. 7 L. 212/2000, sostenendo che il criterio matematico di valorizzazione dell’avviamento non giustifica di per sé una rettifica del valore dichiarato e deve essere parametrato alla singola fattispecie concreta, caratterizzata dal trasferimento dell’attività aziendale della cedente in un locale attiguo a quello in cui si sarebbe svolta la gestione del ramo d’azienda oggetto della cessione e dalla contestuale sospensione dell’attività commerciale oggetto del ramo d’azienda ceduto, nei sette mesi antecedenti la stipula del contratto medesimo, circostanze che avrebbero compresso il valore dell’avviamento del ramo d’azienda ceduto.
5. Occorre premettere che l’accertamento compiuto dalla CTR in ordine al valore da attribuire all’avviamento non è di mero fatto – e perciò non si sottrae al sindacato di legittimità – in quanto presuppone la corretta interpretazione della norma di cui all’art. 51, comma 4, d.p.r. n. 131/86, che prevede che il valore delle aziende vada controllato dall’Ufficio con riferimento al valore complessivo dei beni, compreso l’avviamento, al netto delle passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie o da atti aventi data certa a norma del codice civile (Cass. n. 9115 del 06/06/2012).
6. Tuttavia, nella specie, la ricorrente, pur censurando la violazione dell’art. 2 abrogato e dell’art. 51 DPR 131/1986, nell’illustrare il motivo, lamenta non l’omessa applicazione del citato art. 2 ovvero la violazione delle disposizioni di cui all’art. 51, bensì l’omessa valutazione di alcune situazioni contingenti che avrebbero determinato la perdita della clientela per il ramo d’azienda ceduta.
7. Sennonché, la dedotta omessa valutazione di alcune circostanze specifiche come la contrazione della clientela intervenuta prima della cessione del ramo d’azienda non integra una violazione di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c., ma al più avrebbe dovuto essere censurata sotto il profilo dell’art. 360 n. 5 c.p.c.
Al riguardo, giusta la nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., è consentito denunciare in Cassazione, oltre all’anomalia motivazionale, anche il vizio specifico relativo all’ omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che sia stato oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo (Cass. 2017/7472).
Il ricorso va dunque accolto con riferimento al primo motivo, rinviando alla C.T.R. della Lombardia, in altra composizione, anche per la liquidazione delle spese e dichiarato inammissibile con riferimento al secondo motivo.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso; cassa la sentenza impugnata con riferimento al primo motivo e rinvia alla C.T.R. della Lombardia in altra composizione, anche per la liquidazione delle spese; dichiara inammissibile il secondo motivo del ricorso.
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