CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 ottobre 2018, n. 24852
Licenziamento collettivo – Cessione del ramo di azienda – Procedura di mobilità – Accordo sindacale – Criteri di scelta
Rilevato
che con sentenza 9 giugno 2016, la Corte d’appello di Roma rigettava le domande di accertamento di illegittimità del licenziamento collettivo intimato da F. s.r.l. con decorrenza dal 31 marzo 2008 e di conseguenti condanne reintegratoria e risarcitoria di T.F. SPA & G. s.r.I., cessionaria del ramo aziendale termale o in subordine di A.T. di Fiuggi s.p.a. e di F. s.r.l. in a.s., proposte da A.C. nei confronti delle predette società: così riformando la sentenza di primo grado, che le aveva invece accolte, ordinando in particolare la reintegrazione della lavoratrice presso la cessionaria del ramo, ma rigettate nei confronti della cedente, da oltre cinque anni, A.T. di Fiuggi s.p.a.;
che avverso tale sentenza la lavoratrice ricorreva per cassazione avverso la predetta sentenza con quattro motivi, cui resistevano F. s.r.l. in a.s., il Fallimento T.F. SPA & G. s.r.l. e A.T. di Fiuggi s.p.a. con distinti controricorsi;
che la ricorrente e il Fallimento T.F. SPA & G. s.r.l. comunicavano memoria ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c.;
Considerato
che la lavoratrice deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, quale la cessazione della materia del contendere per ripristino del rapporto di lavoro, con la conservazione dell’anzianità maturata dall’assunzione nel luglio 1993, a seguito della retrocessione dell’azienda dall’affittuaria del ramo d’azienda T.F. SPA & G. s.r.I., per effetto del suo recesso a seguito della dichiarazione di fallimento, alla proprietaria A.T. di Fiuggi s.p.a. (primo motivo); violazione o falsa applicazione degli artt. 4, nono comma e 5 I. 223/1991, per autosufficienza della comunicazione finale, non integrabile con rinvio ad altri atti (come invece ritenuto dalla Corte d’appello per richiamo alle tabelle delle precedenti fasi), attesa l’autonomia delle due di articolazione bifasica della procedura (preliminare, dalla dichiarazione di apertura all’accordo sindacale, raggiunto o meno; finale, conclusa con la comminazione del licenziamento): in tal modo non rendendo comprensibili le concrete modalità di applicazione del criterio concordato, impedendone la verifica di regolarità (secondo motivo); violazione o falsa applicazione degli artt. 4, terzo e nono comma e 5 I. 223/1991, per l’erronea statuizione della Corte territoriale, che ha ignorato la pertinenza della riorganizzazione all’intero complesso aziendale e non già al singolo reparto, nessuno dei quali effettivamente soppresso, comportante la mera trasformazione dei rapporti di lavoro da tempo indeterminato full time a tempo indeterminato part time e redistribuzione dei lavoratori, in violazione dei criteri di scelta legali, rimasti non intellegibili, con una sostanziale predeterminazione dei lavoratori da licenziare in assenza di procedure comparative (terzo motivo);
omesso esame di altri punti decisivi della controversia, riguardanti la riproposizione alle società appellanti di tutti i motivi di impugnazione del licenziamento ed in particolare sulla contestata soppressione del reparto di adibizione della lavoratrice ricorrente (quarto motivo);
che ritiene il collegio che il primo motivo sia infondato;
che non sussiste un “fatto storico” di carattere decisivo di cui sia stato omesso l’esame, posto che il ripristino del rapporto di lavoro della ricorrente (per effetto della vicenda circolatoria del ramo d’azienda cui era addetta: da A.T. di Fiuggi s.p.a. a F. s.r.l. in a.s., da questa a T.F. SPA & G. s.r.l. e nuovamente, per effetto del fallimento di quest’ultima senza contestazione tra le parti, in via di retrocessione alla prima) con A.T. di Fiuggi s.p.a. “senza soluzione di continuità e con riconoscimento dell’anzianità convenzionale dal 21.07.1993” (come da note difensive in appello di A.C. trascritte al quarto capoverso di pg. 7 del ricorso) è avvenuto in applicazione del regime di continuità previsto dall’art. 2112 c.c. (e non già con assunzione ex novo, come impropriamente affermato, peraltro in palese contraddizione con le note citate, al primo capoverso di pg. 9 del ricorso);
che la riforma della sentenza del Tribunale (per la pubblicazione della sentenza d’appello il 9 giugno 2016), successiva alla produzione della documentazione con le note già citate inviate in via telematica il 21 aprile 2016 (mod. C2 storico Centro per l’impiego del 18 aprile 2016 e busta paga del mese di marzo 2016: docc. 3.1. allegata al ricorso), pertanto irrilevante, nel senso della legittimità del licenziamento collettivo intimato da F. s.r.l. in a.s., nell’ambito della suindicata vicenda circolatoria del ramo aziendale, lungi dal far cessare la materia del contendere tra le parti, esclude il trasferimento del rapporto di lavoro di A.C. dal novero dei rapporti trasferiti, a norma dell’art. 2112, primo comma c.c., con la retrocessione dal Fallimento T.F. SPA & G. s.r.l. ad A.T. di Fiuggi s.p.a.: per effetto legale, prima ancora che in virtù della condizione risolutiva (avente ad oggetto l’eventuale riforma della sentenza di primo grado di illegittimità del licenziamento: appunto verificatasi) contenuta nella lettera 16 maggio 2014 da T.F. SPA & G. s.r.l. ad A.T. di Fiuggi s.p.a. (indicata all’ultimo capoverso di pg. 3 del controricorso di quest’ultima);
che il secondo e il terzo, tra loro congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono infondati;
che occorre premettere che, in tema di licenziamenti collettivi, l’art. 4, nono comma I. 223/1991, secondo cui il datore di lavoro deve dare una “puntuale indicazione” dei criteri di scelta e delle modalità applicative, impone oltre all’individuazione dei criteri con cui selezionare il personale, anche la specificazione del concreto modo di operatività degli stessi, in modo che il lavoratore possa comprendere perché lui, e non altri, sia stato destinatario del collocamento in mobilità o del licenziamento collettivo (Cass. 19 settembre 2016, n. 18306);
che la Corte territoriale, con accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità per la congruità delle argomentazioni (esposte dall’ultimo capoverso di pg. 5 al terzo di pg. 7 della sentenza), ha esattamente applicato i principi di diritto regolanti la materia della puntuale specificazione delle modalità applicative dei criteri di scelta concordati nell’accordo sindacale 27 marzo 2008, senza alcuna contraddizione con la comunicazione 29 marzo 2008 (come anche reso evidente dall’esplicazione, offerta dalla Corte territoriale, dall’ultimo capoverso di pg. 5 al primo capoverso di pg. 6 delle modalità applicative illustrate nella comunicazione detta, al terzo capoverso di pg. 5 della sentenza), né preclusione della possibilità, proprio ai suddetti fini esplicativi in funzione di compiuta verifica di regolarità, del rinvio della tabella ad essa allegata a quella dell’accordo sindacale;
che non sussiste alcun principio di supposta “autosufficienza” della comunicazione finale, importando esclusivamente che in essa il datore di lavoro provveda a specificare le modalità applicative dei criteri di scelta di cui abbia offerto “puntuale indicazione” nella comunicazione preventiva di inizio della procedura, in modo che essa raggiunga quel livello di adeguatezza sufficiente a porre in grado il lavoratore di percepire perché lui, e non altri dipendenti, sia stato destinatario del collocamento in mobilità o del licenziamento collettivo e, quindi, di poter eventualmente contestare l’illegittimità della misura espulsiva (Cass. 6 giugno 2011, n. 12196; Cass. 26 agosto 2013, n. 19576; Cass. 24 ottobre 2017, n. 25152): così da evitare, per converso, una comunicazione dei criteri assolutamente vaga, inidonea a consentire al lavoratore di contestare le scelte operate e di comparare la propria posizione con quella degli altri dipendenti che abbiano conservato il posto di lavoro (Cass. 23 dicembre 2009, n. 27165);
che ben può, come previsto dall’art. 5, primo comma l. 223/1991, in relazione ai collocamenti in mobilità e ai licenziamenti collettivi, l’accordo sindacale determinare legittimamente criteri di scelta dei lavoratori diversi da quelli stabiliti per legge (Cass. 19 maggio 2006, n. 11886), anche difformi, purché rispondenti a requisiti di obiettività e razionalità (Cass. 20 febbraio 2013, n. 4186; Cass. 28 marzo 2018, n. 7710);
che così è avvenuto nel caso di specie, per la previa comunicazione della suddivisione dell’organico dei dipendenti in sei unità produttive con la lettera di apertura della procedura di mobilità del 25 marzo 2008 (come riportata al penultimo capoverso di pg. 4 della sentenza) ed approvazione con l’accordo sindacale citato, di condivisione dei criteri di scelta del personale all’interno di ciascuna delle unità produttive individuate (all’ultimo capoverso di pg. 4 della sentenza);
che si deve ancora osservare che, in materia di licenziamenti collettivi per riduzione di personale, la legge n. 223/1991, nel prevedere agli artt. 4 e 5 la puntuale, completa e cadenzata procedimentalizzazione del provvedimento datoriale di messa in mobilità, ha introdotto un significativo elemento innovativo consistente nel passaggio dal controllo giurisdizionale, esercitato ex post nel precedente assetto ordinamentale, ad un controllo dell’iniziativa imprenditoriale, concernente il ridimensionamento dell’impresa, devoluto ex ante alle organizzazioni sindacali, destinatarie di incisivi poteri di informazione e consultazione secondo una metodica già collaudata in materia di trasferimenti di azienda. Sicchè, i residui spazi di controllo devoluti al giudice in sede contenziosa non riguardano più gli specifici motivi della riduzione del personale (a differenza di quanto accade in relazione ai licenziamenti per giustificato motivo obiettivo) ma la correttezza procedurale dell’operazione (ivi compresa la sussistenza dell’imprescindibile nesso causale tra progettato ridimensionamento e singoli provvedimenti di recesso): con la conseguenza che non possono trovare ingresso in sede giudiziaria tutte quelle censure con le quali, senza contestare specifiche violazioni delle prescrizioni dettate dai citati artt. 4 e 5, né fornire prova di maliziose elusioni dei poteri di controllo delle organizzazioni sindacali e delle procedure di mobilità al fine di operare discriminazioni tra i lavoratori, si finisca per investire l’autorità giudiziaria di un’indagine sulla presenza di “effettive” esigenze di riduzione o trasformazione dell’attività produttiva (Cass. 6 ottobre 2006, n. 21541; Cass. 3 marzo 2009, n. 5089);
che la Corte territoriale ha esattamente applicato i suenunciati principi di diritto, nell’accertata verifica, nel rispetto del proprio ambito di sindacato, delle ragioni di riduzione del personale, condivise con le organizzazioni sindacali e alla base della procedura avviata (così al penultimo capoverso di pg. 4 della sentenza);
che il quarto motivo è assorbito;
che pertanto il ricorso deve essere rigettato, con regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la lavoratrice alla rifusione, in favore delle controricorrenti, delle spese del giudizio, che liquida per ciascuna in € 200,00 per esborsi e € 3.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 25 ottobre 2021, n. 29910 - In materia di licenziamenti collettivi per riduzione di personale, la l. n. 223 del 1991, nel prevedere agli artt. 4 e 5 la puntuale, completa e cadenzata procedimentalizzazione del…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 5205 depositata il 20 febbraio 2023 - La cessazione dell'attività è scelta dell'imprenditore, espressione dell'esercizio incensurabile della libertà di impresa garantita dall'art. 41 Cost. e che la…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 21 febbraio 2022, n. 5655 - La cessazione dell'attività è scelta dell'imprenditore, espressione dell'esercizio incensurabile della libertà di impresa garantita dall'art. 41 Cost. e che la procedimentalizzazione dei…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 20855 depositata il 18 luglio 2023 - In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, ferma la regola generale di cui al primo comma dell'art. 5, l. n. 223 del 1991, secondo cui "l'individuazione dei…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 15 giugno 2022, n. 19259 - La procedura per la dichiarazione di mobilità di cui all'art. 4 della legge n. 223 del 1991, necessariamente propedeutica all'adozione dei licenziamenti collettivi, è intesa a consentire una…
- CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 6580 depositata il 12 marzo 2024 - In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, la quale, ferma la regola generale di cui al primo comma dell'art. 5, legge n. 223/1991, secondo cui…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Processo Tributario: la prova testimoniale
L’art. 7 comma 4 del d.lgs. n. 546 del 1992 (codice di procedura tributar…
- L’inerenza dei costi va intesa in termini qu
L’inerenza dei costi va intesa in termini qualitativi e dunque di compatibilità,…
- IMU: la crisi di liquidità non è causa di forza ma
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 7707 depositata il 21 m…
- Non vi è preclusione tra il cumulo giuridico e la
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5115 deposi…
- In tema di sequestro preventivo a seguito degli il
In tema di sequestro preventivo a seguito degli illeciti di cui al d.lgs. n. 231…