CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 ottobre 2020, n. 21906
Tributi – IRAP – Avvocato – Assenza del presupposto di autonoma organizzazione – Prova – Diritto al rimborso
Fatti di causa
Rilevato che
Il contribuente, avvocato proponeva ricorso avverso il silenzio rifiuto dell’Agenzia delle Entrate relativa all’istanza di rimborso IRAP per l’anno di imposta 2010 per un ammontare di euro 10.067;
la Commissione Tributaria Provinciale di Palermo respingeva il ricorso ritenendo sussistere una organizzazione a fronte della quale era dovuta la corresponsione dell’IRAP;
la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello del contribuente rilevando che dall’esame della documentazione prodotta dal contribuente risulta che egli ha prodotto un fatturato di 201.550 euro al netto delle imposte svolto la sua attività professionale avvalendosi della collaborazione occasionale di professionisti con studi in indirizzi diversi e di una segretaria part time e che nello studio di settore sono stati indicati beni strumentali per 45.713 euro;
l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso affidato ad un motivo di impugnazione mentre il contribuente resisteva con controricorso.
Ragioni della decisione
Considerato che con l’unico motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 del d.lgs. n. 446 del 1997 in quanto il requisito dell’autonoma organizzazione si configura allorché il contribuente, nell’esercizio della propria attività, faccia uso di beni strumentali che eccedano, secondo l’ “id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività oppure si avvalga di lavoro altrui;
Considerato infatti che questa Corte, in tema di significato dell’espressione “autonoma organizzazione” in tema di IRAP e con particolare riferimento alla professione di avvocato, si è così recentemente espressa:
in tema di IRAP il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'”id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni meramente esecutive (nella specie, in applicazione del principio, la Cassazione ha annullato la sentenza impugnata che aveva ritenuto sussistente il presupposto impositivo per la sola circostanza che il contribuente si era avvalso, nell’espletamento della propria attività professionale di medico convenzionato, di una segreteria: Cass. 19 aprile 2018, n. 9786; (Cass. 9 aprile 2019, n. 9811);
per la soggezione ad IRAP dei proventi di un lavoratore autonomo è necessario che la struttura organizzata di cui questi si avvalga faccia capo allo stesso non solo ai fini operativi, ma anche sotto il profilo organizzativo (in applicazione di tale principio, la Cassazione ha cassato la sentenza di merito che aveva riconosciuto la soggettività passiva all’imposta di un avvocato che, collaborando presso importanti studi legali, ne aveva utilizzato la struttura organizzativa, traendone utilità: Cass. 16 febbraio 2017, n. 4080; (Cass. 9 aprile 2019, n. 9811);
in tema di IRAP, il presupposto dell’autonoma organizzazione”, richiesto dall’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997, ricorre quando il professionista responsabile dell’organizzazione si avvalga, pur senza un formale rapporto di associazione, della collaborazione di un altro professionista (nella specie, del coniuge), stante il presumibile intento di giovarsi delle reciproche competenze, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio (Cass. 18 gennaio 2017, n. 1136; (Cass. 9 aprile 2019, n. 9811);
in tema di IRAP, a norma del combinato disposto degli artt. 2, comma 1, primo periodo, e 3, comma 1, lett. c), del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, l’esercizio delle attività di lavoro autonomo, di cui all’art. 49, comma 1, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, è escluso dall’applicazione dell’imposta qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata, secondo l’accertamento riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato Cass. 21 marzo 2012, n. 4492; analogamente (Cass. 9 aprile 2019, n. 9811);
considerato che dalla sentenza impugnata emerge che l’avvocato in studio non ha fatto uso di beni non tipici o non connessi all’attività di un qualsiasi professionista intellettuale, quale è l’avvocato, e si è avvalso della collaborazione di terzi per prestazioni afferenti l’attività sua propria che non supera la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni meramente esecutive (la segretaria, oltretutto part time) e solo occasionalmente, senza il minimo indizio di una organizzazione che ecceda, secondo l’ “id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l’esercizio della professione di avvocato;
ritenuto dunque che, nel caso di specie, la sentenza ha adeguatamente motivato in relazione alla circostanza che l’avvocato si sia avvalso solo in modo occasionale di lavoro altrui (Cass. 20 luglio 2018, n. 19384) anche in relazione alla ragionevole proporzione tra l’importo del fatturato e il valore dei beni strumentali che non eccedono, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività di avvocato;
ritenuto dunque che il ricorso è infondato e che la condanna alle spese segue la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese processuali, che liquida in euro 2.500, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% e ad accessori di legge.
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