CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 settembre 2021, n. 24261
Tributi – IRPEF – Accertamento – Plusvalenza – Cessione di terreno edificabile acquisito gratuitamente – Determinazione del valore dell’immobile – Accertamento di fatto eseguito dal giudice – Insindacabile in sede di legittimità
Rilevato che
Con sentenza 1999/25/14, depositata il 13 ottobre 2014, la Commissione tributaria regionale della Toscana confermava la decisione con la quale la Commissione tributaria provinciale di Arezzo aveva in parte accolto il ricorso del contribuente avverso un avviso di accertamento per l’anno 2004, avente ad oggetto imposte e sanzioni per la realizzazione di una plusvalenza generata dalla cessione di terreni edificabili, pervenuti al contribuente a titolo gratuito.
Osservava la CTR, per quanto ancora rileva, che riguardo alla valutazione della plusvalenza, poteva essere confermata la valutazione attribuita dai giudici di prime cure pari ad € 468.000, nella considerazione che il terreno, ceduto in data 27.12.2004, aveva le stesse caratteristiche già nel 2001, in quanto l’indice di fabbricabilità, ubicazione e destinazione non avevano subito alcuna variazione.
Avverso tale sentenza l’Ufficio propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo. Resiste il contribuente mediante controricorso.
Considerato che
1. L’unico motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 9 e 68 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), avendo la CTR errato nel determinare il valore iniziale dell’immobile. L’art. 68 Tuir infatti, prevede, in relazione ai terreni nella cui categoria ricade quello in oggetto, acquisiti gratuitamente, che il costo debba essere determinato tenendo conto del valore normale del terreno. La CTR avrebbe, invece, condiviso la motivazione della CTP, senza accertare in concreto il valore effettivo dell’immobile, ritenendo al contrario attendibile il mero dato statistico, di carattere generale, relativo all’andamento del costo della vita. La CTP aveva, infatti, reputato equo determinare il valore dell’immobile sulla base <<degli indici di svalutazione accertati dall’Istat>> e l’adozione di tale metodo era stata già censurata dall’Ufficio, in sede di appello, sottolineando che il valore così determinato si scontrava con i dati reali, rilevati secondo metodologie statistiche e scientifiche dell’Agenzia del territorio, tenendo conto del concreto andamento del mercato immobiliare.
1.2. Il motivo è inammissibile.
1.3. Per quanto l’art. 68 Tuir imponga, nella formulazione applicabile ratione temporis, di tener conto, nella determinazione del costo di acquisto di un terreno pervenuto a titolo gratuito, del criterio del valore normale dell’immobile, con ciò facendo evidentemente riferimento alla necessità di accertare, sulla base dell’andamento del mercato immobiliare, l’effettivo valore venale del bene alla data di inizio della lottizzazione, la CTR ha, in effetti, compiuto un accertamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità, riguardante proprio la determinazione di tale valore di mercato.
1.4. La valorizzazione di alcuni elementi concreti (quali l’indice di fabbricabilità e l’ubicazione e destinazione del bene, rimasti invariati nel corso del tempo), ha, infatti, indotto la CTR a ritenere che il valore del terreno non fosse mutato nel corso del tempo, salva l’applicazione degli indici di svalutazione Istat ritenuta necessaria al solo scopo di sterilizzare il diverso potere di acquisto della moneta nei due momenti rilevanti (ossia il momento iniziale, quello della lottizzazione, e l’epoca della cessione).
1.5. In tal modo, l’accertamento del valore di mercato del bene, compiuto dai giudici di merito, non è affatto scaturito, come lamentato dall’Ufficio, dall’applicazione di un criterio illegittimo, ma discende piuttosto da un puntuale accertamento di fatto, riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, fondato sulla considerazione di precisi elementi che hanno indotto la CTR a ritenere che il valore del bene, quello attuale, fosse sostanzialmente coincidente (salva, come precisato, l’applicazione degli indici Istat) con il valore di mercato iniziale, determinato all’epoca della lottizzazione.
2. Le considerazioni che precedono impongono la declaratoria di inammissibilità del ricorso; le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
3. Risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, in quanto amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento, in favore del controricorreinte, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 5.600 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
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