CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 aprile 2018, n. 8744
Tributi – Dichiarazione presentata oltre il termine di scadenza – Disconoscimento del credito maturato – Cartella di pagamento – Necessità di preventivo avviso di accertamento – Esclusione – Credito IVA – Prova in sede di giudizio dell’effettiva spettanza
Rilevato
– che l’Agenzia delle Entrate ricorre con due motivi nei confronti della società contribuente, che replica con controricorso, per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata con la quale la CTR, sul rilievo che l’amministrazione finanziaria avrebbe dovuto far precedere dalla notifica di un avviso di accertamento la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo formale della dichiarazione relativa ad IVA ed IRES per l’anno d’imposta 2008 e in conseguenza del disconoscimento della detraibilità del credito IVA maturato nell’anno di imposta precedente, per la quale risultava omessa la dichiarazione (perché presentata oltre il termine massimo consentito), rigettava l’appello dell’Ufficio confermando la pronuncia di primo grado che, accogliendo il ricorso della contribuente, aveva annullato la predetta cartella;
– che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;
– che il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata;
Considerato
– che il primo motivo di ricorso, con cui la difesa erariale deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 54-bis d.P.R. n. 633 del 1972, per avere la CTR ritenuto che la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo formale della dichiarazione da cui emergeva un credito d’imposta risultante da precedente dichiarazione omessa, avrebbe dovuto essere preceduta dall’emissione e notifica di un avviso di accertamento, è fondato e va accolto;
– che, infatti, le Sezioni unite di questa Corte, ancorché in epoca immediatamente successiva alla pronuncia qui vagliata, ha affermato il principio, che va senz’altro ribadito, secondo cui «In caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA, è consentita l’iscrizione a ruolo dell’imposta detratta e la consequenziale emissione di cartella di pagamento, potendo il fisco operare, con procedure automatizzate, un controllo formale che non tocchi la posizione sostanziale della parte contribuente e sia scevro da profili valutativi e/o estimativi nonché da atti di indagine diversi dal mero raffronto con dati ed elementi dell’anagrafe tributaria, ai sensi degli artt. 54-bis e 60 del d.P.R. n. 633 del 1972, fatta salva, nel successivo giudizio di impugnazione della cartella, l’eventuale dimostrazione, a cura del contribuente, che la deduzione d’imposta, eseguita entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, riguardi acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili» (Cfr. Cass., Sez. U., n. 17758 dell’8/09 /2016);
– che l’accoglimento del motivo di ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al giudice di merito affinché verifichi, sulla base delle prospettazioni e delle allegazioni delle parti, la spettanza alla società contribuente del diritto alla detrazione IVA, evidenziandosi che alla deduzione di parte ricorrente, secondo cui «la V.A. S.r.l. non ha neppure tentato di provare l’effettiva spettanza del credito IVA in discorso» (ricorso, pag. 8), si contrappone l’affermazione della controricorrente, secondo cui «la sussistenza del credito in capo alla qui controricorrente non è mai stata oggetto di disconoscimento da parte dell’Agenzia delle entrate, che ha fondato la propria pretesa impositiva esclusivamente sul profilo formale della omessa presentazione della dichiarazione da parte della società contribuente relativa all’anno (precedente) in cui il credito era sorto» (controricorso, pag. 11);
– che con il secondo motivo di ricorso la difesa erariale deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 18 d.lgs. n. 546 del 1992, lamentando che la CFR aveva pronunciato ultrapetita, annullando la cartella di pagamento nella sua interezza e, quindi, anche con riferimento al recupero degli acconti IRES non versati dalla società contribuente, nonostante la stessa non avesse proposto specifica impugnazione avverso tale pretesa fiscale;
– che con riferimento a tale motivo la controricorrente sostiene non esservi stata da parte della CTR alcuna violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. posto che l’Agenzia delle entrate con l’atto di appello non aveva censurato il presunto vizio di ultrapetizione in cui sarebbe incorsa la CTP annullando anche l’iscrizione a ruolo dell’IRES; eccepisce, quindi, la sussistenza del giudicato interno, formatosi a seguito della mancata impugnazione da parte dell’Agenzia delle entrate, per ultrapetizione, della sentenza di primo grado che aveva, al pari di quella d’appello, annullato interamente la cartella di pagamento;
– che la tesi sostenuta dalla controricorrente nella predetta eccezione, basata sulla sussistenza di una pronuncia emessa ultrapetita dalla Commissione di primo grado e non impugnata dall’Agenzia delle entrate, costituisce implicita conferma della fondatezza del mezzo di cassazione proposto dalla difesa erariale, mentre in relazione all’eccezione di giudicato è sufficiente evidenziare che l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate investiva anche la pronuncia che si sostiene essere stata emessa ultrapetita dal giudice di prime cure, in tal senso deponendo la richiesta di integrale riforma della stessa con conferma della legittimità della cartella di pagamento nella sua interezza (v. controricorso, pag. 21); peraltro, a ben vedere, l’ampiezza della domanda avanzata dall’appellante Agenzia era giustificata dal rilievo che, così come emerge dagli atti processuali (in particolare dalla sentenza della CTP di Roma integralmente riprodotta nel ricorso — pag. 2 e segg.), la cartella di pagamento era stata impugnata dalla società contribuente sia con riferimento all’IVA che all’IRES, come reso evidente anche dal ripetuto richiamo, fatto anche dalle parti nei rispettivi scritti difensivi, non solo all’art. 54 bis d.P.R. n. 633 del 1972, dettato in materia di IVA, ma anche all’art. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973, dettato in materia di imposte di dirette; e, di certo, non a diversa conclusione conduce il rilievo che il motivo di impugnazione della cartella di pagamento proposto dalla società contribuente fosse unico, giacché la questione con esso prospettata (della necessità di preventiva emissione di un avviso di accertamento) era idonea ad involgere entrambe le imposte iscritte a ruolo;
– che, conclusivamente, vanno accolti i motivi di ricorso e, quindi, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente CTR, in diversa composizione, che riesaminerà la vicenda processuale, in particolare provvedendo all’accertamento della sussistenza del diritto alla detrazione IVA maturata nell’anno di imposta precedente a quello di accertamento;
– che il giudice del rinvio regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie i motivi di ricorso, nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione.
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