CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 aprile 2019, n. 10072

Tributi – Imposta di registro – Agevolazioni fiscali prima casa – Revoca – Mancato trasferimento della residenza anagrafica entro 18 mesi dall’acquisto – Prova del trasferimento della residenza di fatto – Irrilevanza

Ritenuto che

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Puglia, indicata in epigrafe, che in controversia su impugnazione da parte di G.S. di avviso di liquidazione per imposta di registro anno 2006 – con il quale erano stati revocati i benefici provvisoriamente concessi per l’acquisto di immobile da adibire ad abitazione principale, per avere la contribuente trasferito la propria residenza oltre il termine di diciotto mesi – ha respinto l’appello dell’Ufficio, confermando la sentenza di primo grado. La CTR ha in particolare ritenuto che “la dimostrazione della nuova residenza (nei 18 mesi) non possa essere limitata alla certificazione del Comune” .. “ma è riscontrabile oggettivamente e dai comportamenti concludenti del contribuente”, costituiti dall’istanza per il cambio di residenza (del 18.2.2008) e dal pagamento della Tarsu per l’anno 2008.

La contribuente è rimasta intimata.

Considerato che

1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 1, Parte I, Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, dovendosi attribuire rilievo solo alle risultanze anagrafiche, ed avendo per contro la CTR dato rilievo ad elementi comprovanti il trasferimento di fatto nel Comune in cui era sito l’immobile.

2. Il motivo è fondato nei termini che seguono.

2.1. In base alla giurisprudenza di questa Corte “i benefici fiscali per l’acquisto della prima casa, previsti dall’art. 16 del d.l. 22 maggio 1993, n. 155 (conv. in legge 19 luglio 1993, n. 243), spettano unicamente a chi possa dimostrare in base ai dati anagrafici di risiedere o lavorare nel comune dove ha acquistato l’immobile senza che, a tal fine, possano rilevare la residenza di fatto o altre situazioni contrastanti con le risultanze degli atti dello stato civile.” (Cass. n. 1530/2012, n. 13345 del 2016).

2.2. E’ stato altresì precisato che il requisito della destinazione del nuovo immobile ad abitazione principale deve intendersi riferito al dato anagrafico e non meramente fattuale, per cui non può desumersi dalla produzione di documenti di spesa (nelle specie, spese condominiali e utenze) in luogo della certificazione anagrafica (Cass. n. 3713 del 13/02/2017).

2.3. Quanto alla determinazione della residenza, la prevalenza del dato anagrafico sulle risultanze fattuali deve tuttavia tener conto della unicità del procedimento amministrativo inteso al mutamento dell’iscrizione anagrafica, sancito anche dal D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223, art. 18, comma 2, (contenente il regolamento anagrafico della popolazione residente), che, nell’affermare la necessità della saldatura temporale tra cancellazione dall’anagrafe del comune di precedente iscrizione ed iscrizione in quella del comune di nuova residenza, stabilisce che la decorrenza è quella della dichiarazione di trasferimento resa dall’interessato nel comune di nuova residenza (Cass. n. 110 del 08/01/2015).

2.4. Nel caso di specie non è stato provato dalla contribuente che il mancato perfezionamento della procedura di iscrizione anagrafica nel Comune ove era sito l’immobile acquistato non fosse alla stessa addebitabile, e non costituisce altresì circostanza sufficiente a comprovare l’effettivo cambio di residenza – idoneo a superare il dato anagrafico – il pagamento della TARSU.

La sentenza impugnata, che non si è attenuta ai superiori principi, va conseguentemente cassata, con rinvio alla CTR della Puglia, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Puglia, in diversa composizione.