CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 gennaio 2022, n. 410
Tributi – Imposta sulle donazioni – Beni costituiti nel trust – Trasferimento della proprietà di immobili al trustee – Esclusione
Svolgimento del processo
1. L’Agenzia delle Entrate liquidava, a carico del notaio A.D.R.R.A. l’imposta sulle donazioni, come previsto dall’art. 2 comma 49 D.L. n. 262/2006, dovuta sul valore di beni costituiti nel “G. Trust” costituito dai coniugi G.R. e P.F. i quali trasferivano al trustee – società M. & Parteners Professional Trustee s.p.a – la proprietà di un immobile da cedere a terzi con la funzione di utilizzare il ricavato della vendita per l’estinzione del debito che il R. aveva nei confronti della società P.R.S..
Il Notaio si opponeva dinanzi alla commissione tributaria provinciale di Milano la quale accoglieva il ricorso, sul presupposto che il trust fosse escluso dall’applicazione delle imposte indirette quali registro e donazione.
L’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate veniva respinto con sentenza n. 4735/2014, depositata il 19.09.2014.
In particolare, i giudici regionali affermavano che con la costituzione del trust i beni vengono segregati rispetto al patrimonio del trustee e del disponente, essendo i beni conferiti nel trust destinati a determinate finalità prefissate dal disponente nell’atto istitutivo; escludendo la possibilità di tassare i beneficiari in via anticipata quasi assumendo che essi siano beneficiari del trust fund già al momento della istituzione del trust, mentre sono solo titolari di un diritto di credito nei confronti del trustee.
Per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, l’amministrazione finanziaria ha proposto ricorso affidato ad un solo motivo.
Parte intimata non ha svolto difese.
Ragioni della decisione
2. Con l’unico motivo di ricorso rubricato «Violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 47, del d.l. n. 262/2006, convertito in l. n. 286/2006, nonché dell’art. 1 della tariffa allegata al d.lgs. 347/90 e dell’art. 10 del medesimo decreto legislativo”, ai sensi dell’art. 360 n. 3), c.p.c. l’ente ricorrente deduce che con l’art. 2, comma 47 ss., d.l. 3 ottobre 2006 n. 262 conv. con modif. in l. 24 novembre 2006 n. 286 è stata «reintrodotta nell’ordinamento giuridico l’imposta sulle successioni e donazioni” e che con il trasferimento al trustee si verifica, oltre all’effetto segregativo, un reale e concreto trasferimento della titolarità del bene, mentre l’esercizio del diritto di proprietà deve seguire le modalità indicate nell’atto istitutivo.
Alla luce della interpretazione letterale e sistematica del testo normativo, sussisterebbe il presupposto della tassazione, vale a dire il trasferimento di ricchezza a titolo di liberalità e l’arricchimento di un soggetto conseguente alla liberalità ricevuta, sin dall’epoca di istituzione del trust con trasferimento dei beni al trustee.
3. La censura è destituita di fondamento.
Punto centrale della controversia è l’individuazione del presupposto impositivo.
Il d.l. n. 262 del 2006, convertito con modifiche dalla l. n. 286 del 2006, e l’art. 1, commi 77, 78 e 79, della l. n. 296 del 2006 (Legge finanziaria per il 2007), hanno, com’è noto, reintrodotto nell’ordinamento l’imposta sulle successioni e donazioni che, fino alla sua abrogazione ad opera dell’art. 13, della l. n. 383 del 2001, era disciplinata dal d.lgs. n. 346 del 1990. Ai sensi dell’art. 2, comma 47, d.l. n. 262 del 2006, “è istituita l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001”, disciplina quest’ultima che trova applicazione (art. 2, comma SO), in quanto compatibile con le nuove disposizioni. La novella legislativa ha esteso il presupposto impositivo ai trasferimenti a titolo gratuito, nonché alla costituzione dei vincoli di destinazione. Nell’ambito concettuale dei “vincoli di destinazione” vanno, poi, ricondotti non solo gli “atti di destinazione” di cui all’art. 2645- ter c.c., ma qualunque fattispecie prevista dall’ordinamento tesa alla costituzione di patrimoni vincolati ad uno scopo, ed in tal senso si è espressa anche l’Amministrazione finanziaria (cfr. Circolare 3/E del 22 gennaio 2008), secondo la quale per vincoli di destinazione si intendono “i negozi giuridici mediante i quali determinati beni sono destinati alla realizzazione di un interesse meritevole di tutela da parte dell’ordinamento, con effetti segregativi e limitativi della disponibilità dei beni medesimi”.
In tale perimetro normativa va ricondotto anche il negozio giuridico denominato trust, istituto di derivazione anglosassone. L’ordinamento italiano ha conosciuto l’istituto del trust attraverso la “Convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento” adottata a L’Aja in data 1 luglio 1985; al testo convenzionale è stata data ratifica (senza apporre alcuna riserva) con la Legge 9 ottobre 1989 n. 364 e la Convenzione è entrata in vigore l’1 gennaio 1992.
Ai fini della Convenzione de L’Aja, il trust è il rapporto giuridico in cui il costituente – con atto tra vivi o mortis causa – pone dei beni sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine specifico; i beni in trust “costituiscono una massa distinta e non sono parte del patrimonio del trustee“;
– tali beni sono intestati a nome del trustee o di un’altra persona per conto del trustee;
– il trustee è investito del potere e onerato dell’obbligo, di cui deve rendere conto, di amministrare, gestire o disporre dei beni “in conformità alle disposizioni del trust” e secondo le norme impostegli dalla legge;
– non è necessariamente incompatibile con l’esistenza di un trust il fatto che il disponente conservi alcuni diritti e facoltà, o che il trustee stesso abbia alcuni diritti in qualità di beneficiario.
In particolare, il trust può rispondere a finalità eterogenee: di garanzia; di liquidazione e pagamento; di realizzazione di un’opera pubblica; di solidarietà sociale; di realizzazione di interessi meritevoli di tutela a favore di persone disabili, pubbliche amministrazioni o altri soggetti (art.2645 ter cod.civ.); può essere costituito per atto tra vivi oppure per testamento, con efficacia dopo la morte del disponente; ovvero a seconda delle prescelte modalità di individuazione del beneficiario (al momento della istituzione o in un momento successivo; da parte del disponente o dello stesso trustee; con possibilità di revoca o meno); ovvero, ancora, a seconda che il trustee ed il beneficiario vengano individuati in soggetti terzi oppure nello stesso disponente (c.d. trust autodichiarato).
4. L’elemento comune è l’effetto segregativo che si verifica perché i beni conferiti in trust non entrano nel patrimonio del trustee se non per la realizzazione dello scopo indicato dal settlor e col fine specifico di restare separati dai suoi averi (pena la mancanza di causa del trasferimento): effetto che si determina attraverso l’intestazione formale dei beni al trustee e l’attribuzione al medesimo di poteri gestori finalizzati alla realizzazione dello scopo, mentre al beneficiario (se individuato) è attribuito solo un diritto di credito.
5. Secondo un indirizzo recentemente consolidatosi che, allo stato risulta prevalente, «il trasferimento del bene dal “settlor” al “trustee” avviene a titolo gratuito e non determina effetti traslativi, poiché non ne comporta l’attribuzione definitiva allo stesso, che è tenuto solo ad amministrarlo ed a custodirlo, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del suo ritrasferimento ai beneficiari del “trust”: detto atto, pertanto, è soggetto a tassazione in misura fissa, sia per quanto attiene all’imposta di registro che alle imposte ipotecaria e catastale.» (Cass. n. 975 del 17/01/2018); «Poiché ai fini dell’applicazione delle imposte di successione, registro ed ipotecaria è necessario, ai sensi dell’art. 553 Cost., che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante un’attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale, nel “trust” di cui alla l. n. 364 del 1989 (di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell’Aja 1 ° luglio 1985), detto trasferimento imponibile non è costituito né dall’atto istitutivo del “trust”, né da quello di dotazione patrimoniale fra disponente e “trustee” in quanto gli stessi sono meramente attuativi degli scopi di segregazione e costituzione del vincolo di destinazione, bensì soltanto dall’atto di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiano. » (Cass. n. 16699 del 21/06/2019); «In tema di “trust”, l’imposta sulle successioni e donazioni, prevista dall’art. 2, comma 47, del d.l. n. 262 del2006 (conv. con modif. dalla l. n. 286 del2006) anche per i vincoli di destinazione, è dovuta non al momento della costituzione dell’atto istitutivo o di dotazione patrimoniale, fiscalmente neutri in quanto meramente attuativi degli scopi di segregazione ed apposizione del vincolo, bensì in seguito all’eventuale trasferimento finale del bene al beneficiario, in quanto solo quest’ultimo costituisce un effettivo indice di ricchezza ai sensi dell’art. 553 Cost.» (Cass. n. 19167 del 17/07/2019).
6. La giurisprudenza sopra richiamata e da ritenersi consolidata, ha superato sia una prima interpretazione dell’art.2, comma 47, l. 286 del 2006, secondo, la quale la novella evidenzierebbe «la volontà del legislatore di istituire una vera e propria nuova imposta che colpisce tout court degli atti che costituiscono vincoli di destinazione» (Cass. Sez. 6 – 5, Sentenza n. 4482 del 2016), che quella successiva, sostenuta da decisioni di legittimità (Cass. n. 13626 del 2018; Cass. n. 31445 del 2018; n. 31446 del 2018; n. 734 del 2019) che, pur riconoscendo la non assoggettabilità – tout court – del trust alla imposta di donazione, hanno operato dei distinguo a seconda delle diverse architetture dell’istituto.
L’orientamento al quale questa Corte di legittimità è da ultimo pervenuta (Cass. n. 1131 del 2019 cit.; Cass. N.19167/2019; Cass. n.16699/2019) è, invece, in grado di dare conto delle diverse forme di trust, apprestando una soluzione che deve ritenersi estensibile a tutte le diverse forme di manifestazione. In ogni tipologia di trust, dunque, l’imposta proporzionale non andrà anticipata né all’atto istitutivo, né a quello di dotazione, bensì riferita a quello di sua attuazione e compimento mediante trasferimento finale del bene al beneficiario.
Pertanto la circostanza che il beneficiario sia individuato fin dall’atto istitutivo non giustifica l’immediata tassazione proporzionale, dal momento che la sola designazione, per quanto contestuale e palese (c.d. trust trasparente), non equivale in alcun modo a trasferimento immediato e definitivo del bene, con quanto ne consegue in ordine all’applicazione dei già richiamati principi impositivi; nell’ipotesi del trust liquidatorio non si dubita della effettività del trasferimento al trustee dei beni da liquidare, ma ciò non esclude che, anche in tal caso, sia connaturato al trust che tale trasferimento sia mero veicolo tanto dell’effetto di segregazione quanto di quello di destinazione. Ancora una volta, dunque, si tratterà di individuare e tassare gli atti traslativi propriamente detti (che sono quelli di liquidazione del patrimonio immobiliare di cui il trust sia stato dotato), non potendo assurgere ad espressione di ricchezza imponibile, né l’assegnazione-dotazione di taluni beni alla liquidazione del trustee in funzione solutoria e nemmeno, in tal caso, la ripartizione del ricavato ai beneficiari a dovuta soddisfazione dei loro crediti.
Si tratta, in conclusione, di risoluzione che può ricondurre ad unità anche quegli indirizzi che, pur condivisibilmente discostandosi dall’originaria posizione interpretativa di cui in Cass. nn. 3735, 3737, 3886, 5322 del 2015 cit., hanno tuttavia ritenuto di dover mantenere dei distinguo in relazione a fattispecie di trust reputate peculiari ed in qualche modo divergenti dal paradigma convenzionale.
7. In definitiva, deve qui affermarsi che:
– la costituzione del vincolo di destinazione di cui all’art. 2, comma 47, d.l. n. 262 del 2006, conv. in l. n. 286 del 2006, non integra autonomo e sufficiente presupposto di una nuova imposta, in aggiunta a quella di successione e di donazione; un trasferimento imponibile non è riscontrabile, né nell’atto istitutivo, né nell’atto di dotazione patrimoniale tra disponente e trustee – in quanto meramente strumentali ed attuativi degli scopi di segregazione e di apposizione del vincolo di destinazione – ma soltanto in quello di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario, a compimento e realizzazione del trust medesimo.
4. In conclusione, il ricorso va respinto.
In assenza di costituzione del notaio, non vi è luogo a provvedere sulle spese di lite.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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