CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 giugno 2022, n. 18812
Cartella esattoriale – Intimazione di pagamento – Crediti iscritti a ruolo dall’INPS – Contribuzione
Rilevato in fatto
che, con sentenza depositata il 7.1.2016, la Corte d’appello di Messina, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato l’illegittimità dell’intimazione di pagamento e della cartella esattoriale relative a crediti iscritti a ruolo dall’INPS per contributi dovuti da GM D. s.a.s. di M. P. & C.;
che avverso tale pronuncia la società concessionaria dei servizi di riscossione indicata in epigrafe ha proposto ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi di censura;
che GM D. s.a.s. di M. P. & C. in liquidazione ha resistito con controricorso;
che l’INPS, anche quale procuratore speciale di S.C.C.I. s.p.a., ha depositato delega in calce al ricorso notificatogli;
Considerato in diritto
che, con il primo motivo, la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 329, 324 e 113 c.p.c., nonché dell’art. 2909 c.c., per avere la Corte di merito riformato la pronuncia di prime cure nonostante che l’appello non avesse investito i capi di essa che avevano dichiarato inammissibile la doglianza di omessa notifica della cartella siccome proposta oltre il termine di venti giorni dalla notifica dell’intimazione di pagamento; che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2272 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto prescritto il credito per contributi sul presupposto che, essendo stata l’intimata posta in liquidazione volontaria fin dal 4.12.2000, tanto la notifica della cartella quanto quella della successiva intimazione di pagamento dovevano essere effettuate, al fine di interrompere validamente la prescrizione, nei confronti della società in liquidazione, trattandosi di soggetto nuovo e diverso dalla precedente impresa;
che, con il terzo motivo, la ricorrente si duole in subordine di violazione dell’art. 145 c.p.c. per non avere la Corte di merito valorizzato la circostanza per cui la notifica della cartella di pagamento era correttamente avvenuta presso la sede della società e in persona del liquidatore; che, con il quarto motivo, la ricorrente deduce violazione degli artt. 91 e 113 c.p.c. per avere la Corte territoriale posto (anche) a suo carico le spese di lite del doppio grado, nonostante che, in considerazione delle censure articolate nei primi tre motivi, esse andassero poste a carico della parte odierna controricorrente;
che, con riguardo ai primi tre motivi di censura, va premesso che le Sezioni Unite di questa Corte hanno recentemente chiarito che, in materia di riscossione dei crediti previdenziali, la disciplina dell’art. 24, d.lgs. n. 46/1999, per come modificato dall’art. 4, comma 2-quater, d.l. n. 209/2002 (conv. con l. n. 265/2002), prevede che la legittimazione a contraddire in ordine al merito della pretesa contributiva competa al solo ente impositore (Cass. S.U. n. 7514 del 2022);
che, nel motivare tale conclusione, è stato escluso che tale legittimazione esclusiva dell’ente previdenziale possa soffrire deroghe in relazione all’art. 39, d.lgs. n. 112/1999, e alle conseguenze che da esso ha tratto la giurisprudenza in materia tributaria circa la legittimazione passiva concorrente e disgiunta tra ente impositore ed agente per la riscossione (così specialmente il § 12.3 della parte motiva di Cass. S.U. n. 7514 del 2022, cit., dove si legge che, mentre “deve ritenersi […] sussistente la legittimazione a contraddire esclusivamente in capo all’ente impositore, avendo l’azione ad oggetto la sussistenza del debito contributivo iscritto a ruolo, cioè il merito della pretesa contributiva, rispetto al quale l’agente della riscossione resta estraneo”, deve al contempo escludersi che ricorra “un’ipotesi di litisconsorzio necessario”, atteso che “nel giudizio non si fa questione della legittimità degli atti esecutivi imputabili al concessionario [e] la sentenza deve ritenersi utiliter data anche senza la partecipazione di quest’ultimo al processo, mentre l’eventuale annullamento della cartella e del ruolo per vizi sostanziali produce comunque effetti nei confronti del medesimo, mero destinatario del pagamento o, più precisamente […], soggetto (incaricato dal creditore e) autorizzato dalla legge a ricevere il pagamento, vincolato alla decisione del giudice nella sua qualità di adiectus solutionis causa“);
che è stato infine ribadito, sulla scorta di Cass. S.U. n. 1912 del 2012, che il difetto di legitimatio ad causam è rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità, ricollegandosi esso al principio dettato dall’art. 81 c.p.c., secondo cui nessuno può far valere nel processo un diritto altrui in nome proprio fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, e salvo il caso che sulla questione sia intervenuto il giudicato interno (così ancora Cass. S.U. n. 7514 del 2022, § 14 della motivazione);
che, in relazione alla vicenda per cui è causa, va ulteriormente premesso che, come si evince dall’illustrazione del primo motivo di censura, il primo giudice ha dichiarato inammissibile per tardività il motivo di opposizione proposto dall’odierna controricorrente nei confronti dell’intimazione di pagamento per omessa notifica della cartella esattoriale che ne costituisce necessario presupposto, correttamente qualificandola come opposizione agli atti esecutivi, mentre, nell’esaminare la rilevanza della notifica della cartella ai fini dell’interruzione della prescrizione, ha non meno correttamente qualificato l’opposizione proposta dall’odierna controricorrente come opposizione all’esecuzione, giudicandola infondata in virtù della ritenuta correttezza della notifica della cartella e della consequenziale interruzione della prescrizione;
che tale ultima statuizione è stata riformata dalla sentenza impugnata sul rilievo che, essendo stata la notifica della cartella stata effettuata nelle mani di un soggetto non legittimato a riceverla, i crediti oggetto dell’iscrizione a ruolo si sarebbero prescritti (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata);
che, alla stregua dei principi di diritto espressi da Cass. n. 7514 del 2022, cit., appare evidente come nessun interesse possa riconoscersi all’odierna ricorrente all’impugnazione di tale statuizione, concernendo essa il merito della pretesa contributiva in ordine alla quale essa difetta di legittimazione ad agire e non potendosi esperire un’impugnazione per far valere un diritto altrui (cfr. in tal senso Cass. n. 8829 del 2007);
che all’anzidetta conclusione non osta il fatto che i giudici territoriali abbiano deciso la causa nel merito, atteso che le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che la decisione della causa nel merito non comporta la formazione del giudicato implicito sulla legittimazione ad agire ove tale quaestio iuris, pur avendo costituito la premessa logica della statuizione di merito, non sia stata sollevata dalle parti (così Cass. S.U. n. 7925 del 2019);
che l’inammissibilità dei primi tre motivi di ricorso determina inevitabilmente l’assorbimento del quarto, dal momento che l’erroneità della pronuncia sulle spese è stata denunciata soltanto in relazione all’erroneità della statuizione sul merito della lite;
che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, compensandosi nondimeno le spese del giudizio di legittimità in relazione alla sopravvenienza della decisione delle Sezioni Unite cui s’è data continuità; che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte de ^ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.