CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 luglio 2018, n. 18096
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Ricorso in cassazione – Pronunce di primo e secondo grado – “Doppia conforme” – Motivazione del ricorso per cassazione – Specifica censura delle ragioni di entrambe le pronunce e della loro diversità
Fatti e ragioni della decisione
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro P.S., esercente la professione di odontoiatra, impugnando la sentenza resa dalla CTR Puglia indicata in epigrafe, con la quale era stata confermata la pronunzia di primo grado che aveva parzialmente annullato l’avviso di accertamento emesso a carico della contribuente per la ripresa a tassazione di IRPEF e IRAP relativi all’anno 2009, emesso sulla base di documenti di natura extracontabile. Secondo la CTR i giudici di primo grado avevano correttamente escluso che i buoni di consegna rinvenuti potessero avere il valore di ricevute d’incasso, invece contenendo dati previsionali approntati per soddisfare specifiche richieste di istituti bancari, nemmeno riscontrate dalle successive verifiche della Guardia di finanza. Andava pertanto confermata la decisione impugnata che aveva comunque rideterminato i redditi del contribuente sulla base degli studi di settore.
La parte intimata non si è costituita.
Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.
Va premesso che la notifica del ricorso per cassazione, inoltrata alla parte intimata il 2.2.2017 ed originariamente non andata a buon fine, è stata successivamente compiuta con atto dell’ufficiale giudiziario del 5.5.2017 nel rispetto dei principi espressi da Cass. S.U. n. 14594/2016, avendo l’Agenzia – in esito alla restituzione della notifica non eseguita per essere il destinatario sconosciuto all’indirizzo del professionista, avvenuta il 14.4.2017 – provveduto a rinnovare la notifica nel medesimo domicilio del difensore – che non era mutato secondo quanto affermato dall’Ordine professionale in data 28.4.2017.
Il primo motivo, con il quale si prospetta il vizio di omesso esame di fatti decisivi e controversi nel giudizio e precisamente delle dichiarazioni rese dal contribuente in ordine al contenuto dei documenti rinvenuti nella sua disponibilità, è infondato.
Occorre premettere che nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter, comma 5, c.p.c. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla I. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. (nel testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del d.l. n. 83 cit. ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse cfr. Cass. n. 26774/2016.
Orbene, l’Agenzia ricorrente ha prospettato una diversità di ragioni poste a base delle decisioni di primo e secondo grado che, tuttavia, non è affatto emersa dagli elementi dalla stessa riportati in ricorso.
Ed infatti, la CTP di Foggia ha escluso che la documentazione extracontabile fosse idonea a ricostruire l’andamento economico dell’impresa ed a tale ratio si è pienamente uniformato il giudice di appello, allorché ha ritenuto che i buoni di riconsegna anzidetti non fossero idonei ad assicurare l’effettiva ricostruzione dei ricavi, peraltro in assenza di riscontri ulteriori che la Guardia di Finanza non aveva trovato nei pagamenti di fatture di acquisto.
Da ciò consegue che non è in alcun modo emersa la diversità fra le ragioni poste a base delle pronunzie di primo e di secondo grado.
Il secondo motivo di ricorso resta assorbito dal rigetto del primo.
Il ricorso va pertanto rigettato. Nulla sulle spese
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
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