CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 luglio 2018, n. 18098
Tributi – Agevolazioni fiscali “prima casa” – Revoca – Immobile pre-posseduto censito ad uso abitativo (A2) – Inidoneità ad essere adibito ad abitazione – Prova a carico del contribuente – Utilizzo come studio professionale – Irrilevanza – Necessità di inidoneità oggettiva (effettiva inabitabilità), o soggettiva (fabbricato inadeguato per dimensioni o caratteristiche qualitative)
Fatti e ragioni della decisione
La CTR Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe, ha rigettato l’impugnazione proposta da C. T. avverso la decisione che aveva ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione emesso per la ripresa a tassazione di imposta di registro ed ipotecaria in relazione alla revoca del beneficio c.d. prima casa applicato sull’acquisto di un immobile in Civitavecchia nell’anno 2010 in relazione al possesso di altro immobile nel medesimo comune, acquistato precedentemente, del quale non vi era prova circa la pretesa inidoneità all’uso abitativo.
Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.
L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.
La censura proposta dal ricorrente, fondata sulla violazione della Nota II bis, art. 1 c.1 lett.b) della Tariffa, prima parte, allegata al dPR n.131/1986, è infondata.
Ed invero, il giudice di appello, dopo avere rilevato che catastalmente l’immobile acquistato nell’anno 1979 rientrava nella categoria A/2 e che non era stata effettuata alcuna variazione catastale, muovendo dai principi fissati da questa Corte con la sentenza n. 2278/2016 (conf. Cass. n. 2418/2003, Cass. n. 21289/2014) ha escluso che, nel caso di specie, il contribuente avesse fornito elementi idonei a dimostrare che l’immobile dallo stesso posseduto nel comune di residenza ove era stato acquistato altro immobile usufruendo delle agevolazione c.d. prima casa fosse concretamente inidoneo ad essere adibito ad abitazione.
Tale motivazione, correlata al deficit di prova della inidoneità a costituire in concreto abitazione non è stata in alcun modo aggredita dalla parte ricorrente, la quale si è limitata ad affermare che l’immobile era stato destinato a studio professionale, in tal modo non allineandosi ai principi espressi da questa Corte e sopra ricordati, a tenore dei quali non è consentito escludere la natura di abitazione per la destinazione concretamente impartita dal proprietario ad uso diverso da quello abitativo. Conclusione che va confermata, non intaccando quanto ulteriormente e di recente affermato da questa Corte – Cass. n. 2565/2018 – ove si è ritenuto che in tema di “agevolazioni prima casa, «l’idoneità» della casa di abitazione pre-posseduta va valutata sia in senso oggettivo (effettiva inabitabilità), che in senso soggettivo (fabbricato inadeguato per dimensioni o caratteristiche qualitative), nel senso che ricorre l’applicazione del beneficio anche all’ipotesi di disponibilità di un alloggio che non sia concretamente idoneo, per dimensioni e caratteristiche complessive, a soddisfare le esigenze abitative dell’interessato”.
Le spese seguono la soccombenza, dando atto ai sensi dell’art. 13 c. 1 quater DPR n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dell’art. 13 comma 1 quater DPR n. 115/2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate in euro 400,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13 c. 1 quater DPR n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dell’art. 13 comma 1 quater DPR n. 115/2002.
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