CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 maggio 2018, n. 11337
Rapporto di lavoro – Extracomunitari – Ritorno nei paesi di origine – Sospensione del rapporto lavorativo – Obbligo del minimale contributivo
Rilevato
1. che INPS, con cartella esattoriale, chiedeva i contributi omessi dalla s.n.c. I.E.B.L. & F., operante nel settore edilizio, in relazione ad alcuni periodi lavorativi e ad alcuni dipendenti;
2. che proposta opposizione dalla società, il primo giudice riduceva l’importo richiesto, ritenendo che per alcuni periodi non fosse maturata l’obbligazione contributiva, non avendo i dipendenti, lavoratori extracomunitari, ricevuto la retribuzione, avendo fatto ritorno nei paesi di origine, con conseguente sospensione del rapporto di lavoro;
3. che la Corte d’appello di Genova, con sentenza del 12 luglio 2011, rigettava il gravame dell’INPS, rilevando che nel caso di specie non trovava applicazione la regola del minimale contributivo, ovvero l’onere di pagare i contributi sulla base delle tariffe dei CCNL, vertendosi in un caso di sospensione consensuale del rapporto di lavoro;
4. che propone ricorso l’INPS, ulteriormente illustrato con memoria, lamentando l’erronea interpretazione del decreto-legge 23 giugno 1995, n. 244, art. 29, comma 1, convertito dalla legge 8 agosto 1995, n. 341, in quanto la sospensione concordata del rapporto di lavoro non rientra tra le cause di esclusione del minimale;
5. che la s.n.c. I.E.B.L. & F. ha resistito, con controricorso; Equitalia Sud s.p.a., ora Agenzia delle Entrate Riscossione, è rimasta intimata;
Considerato
6. che, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 2904 cod.civ. e dell’art. 29, comma 1, del D.L. n. 244 del 1995, convertito nella L. n. 341 del 1995, l’Inps rileva che l’accordo tra il datore di lavoro ed il lavoratore, in ordine alla sospensione del rapporto lavorativo, non può comportare l’esenzione della parte datoriale dall’obbligo di rispettare il minimale contributivo previsto dalla citata norma e che, ai fini dell’esenzione dall’obbligo del minimale contributivo in edilizia, nell’ipotesi di sospensione concordata tra le parti del rapporto di lavoro, è in ogni caso necessario che questa debba essere comunicata, preventivamente, agli enti previdenziali in modo da consentire gli opportuni controlli;
7. che ritiene il Collegio si debba accogliere il ricorso;
8. che sulle medesime censure svolte con il ricorso all’esame è già intervenuta questa Corte, con la sentenza 7 agosto 2017, n. 19662, alla quale deve darsi continuità;
9. che si è affermato (v. anche Cass. 3 novembre 2016, n. 22314) che, in tema di contributi nel settore edile, ove l’Inps pretenda da un’impresa differenze contributive sulla retribuzione virtuale, ai sensi del D.L. n. 244 del 1995, art. 29 convertito dalla L. n. 341 del 1995, il relativo onere probatorio è assolto mediante l’indicazione, non contestata, dell’attività edile espletata, in uno all’invocazione della suddetta norma, mentre costituisce onere del datore di lavoro allegare, e provare, le ipotesi eccettuative dell’obbligo contributivo previste dalla contrattazione collettiva cui rimanda il decreto ministeriale previsto, a tal fine, dal medesimo art. 29;
10. che, sempre in tema in tema di contribuzione dovuta dai datori di lavoro esercenti attività edile, questa Corte ha altresì statuito (v. Cass. 4 maggio 2011, n. 9805) che il citato art. 29 del richiamato decreto-legge n. 244 del 1995, convertito nella L. n. 341 del 1995, nel determinare la misura dell’obbligo contributivo previdenziale ed assistenziale in riferimento ad una retribuzione commisurata ad un numero di ore settimanali non inferiore all’orario normale di lavoro stabilito dalla contrattazione collettiva, prevede l’esclusione dall’obbligo contributivo di una varietà di assenze, tra di loro accomunate dal fatto che vengono in considerazione situazioni in cui è la legge ad imporre al datore di lavoro di sospendere il rapporto e che, ove la sospensione del rapporto derivi da una libera scelta del datore di lavoro e costituisca il risultato di un accordo tra le parti, continua a permanere intatto l’obbligo retributivo, dovendosi escludere, attesa l’assenza di una identità di ratio tra le situazioni considerate, la possibilità di un’interpretazione estensiva o, comunque, analogica, e ciò tanto più che la disposizione ha natura eccezionale e regola espressamente la possibilità, e le modalità, di un ampliamento dei casi d’esonero da contribuzione, che può essere effettuato esclusivamente mediante decreti interministeriali;
11. che, in ordine al minimale contributivo nel settore edile e della fonte normativa di cui si tratta, è necessario scindere le due ipotesi ivi previste, quella della sospensione dell’attività, per la quale deve sussistere il presupposto dell’obbligo della retribuzione corrispettivo, obbligo che non sussiste nelle ipotesi di sospensione debitamente comunicate all’INPS in via preventiva ed oggettivamente accertabile, e quella della riduzione dell’attività, nella quale, sussistendo una retribuzione, seppure parziale, esprime tutto il suo vigore la regola del minimale e della tassatività delle ipotesi di esclusione;
12. che l’interpretazione adottata, seppure estende la portata dell’art. 29 citato, è l’unica che appare costituzionalmente corretta ed evita disparità di trattamento tra grandi e piccole imprese (v. Cass. 7 marzo 2007, n. 5233 e 19 maggio 2008, n. 12624 sulla tassatività delle ipotesi di esenzione dall’obbligo del minimale contributivo in edilizia, elencate dall’art. 29 D.L. n. 244 del 1995, conv. in L. n. 341 del 1995 cit., e dal d.m. 16 dicembre 1996, nonché sulla necessità della previa comunicazione);
13. che la tassatività delle ipotesi di esclusione dall’obbligo di versamento del minimale contributivo postula che sia il datore di lavoro, che pretenda la deroga, tenuto ad indicare la disposizione contrattuale che la prevede nel caso specifico, situazione, questa, non concretizzatasi nella fattispecie;
14. che il ricorso va accolto, con cassazione dell’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod.proc.civ., con il rigetto dell’opposizione;
15. che le spese del giudizio di merito si compensano, in considerazione del consolidarsi degli esposti principi in epoca successiva alle fasi di merito, mentre le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;
16. che non si provvede alla regolazione delle spese in favore della parte rimasta intimata.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione; compensa le spese dei gradi di merito; condanna la parte intimata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore dell’INPS, liquidate nella misura di euro 3.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge; nulla spese per la parte rimasta intimata.
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