CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 marzo 2020, n. 6753
Opposizione al verbale ispettivo – Successiva iscrizione a ruolo – Cartella esattoriale avente ad oggetto crediti degli enti previdenziali – Valutazione di merito nel rapporto debito-credito fra datore di lavoro ed ente previdenziale – Non necessaria domanda riconvenzionale dell’Istituto
Fatti di causa
1. La Corte d’Appello di Campobasso, in riforma della sentenza del Tribunale di Isernia, nei due procedimenti riuniti proposti da Q.P. aventi ad oggetto il primo l’opposizione al verbale ispettivo n. 522 del 9/11/2005 ed il secondo l’opposizione alla cartella esattoriale emessa sulla base del suddetto verbale, dichiarava inammissibile l’opposizione al verbale e rigettava l’opposizione alla cartella.
2. La Corte argomentava che l’iscrizione a ruolo, intervenuta prima dell’impugnazione del verbale di accertamento, determinava l’inammissibilità dell’opposizione per sopravvenuta carenza della relativa azione; riteneva poi infondata l’opposizione alla cartella esattoriale, argomentando che dall’effettuato accertamento si evinceva che il P. aveva licenziato e riassunto stessi lavoratori per i quali aveva goduto degli sgravi ex l. n. 448 del 1998, in tal modo non realizzando incremento occupazionale, né mantenendo un livello di occupazione costante. Aggiungeva che la presentazione dei modelli DM 10 doveva ritenersi atto confessorio circa la conoscenza e l’individuazione dei dipendenti in relazione ai quali aveva dichiarato di voler usufruire dell’agevolazione.
3. Per la Cassazione della sentenza Q.P. ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, cui ha resistito l’INPS con controricorso.
Ragioni della decisione
4. Come primo motivo di ricorso Q.P. deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 del d.lgs n. 46 del 1999.
Lamenta che sia stata ritenuta inammissibile l’opposizione al verbale di accertamento ispettivo per essere stato il credito iscritto a ruolo e quindi dovendosi proporre opposizione alla cartella ex art. 24 comma 5 del citato d.lgs, mentre nel caso l’accertamento era stato impugnato con ricorso depositato e notificato anteriormente alla notifica della cartella esattoriale.
5. Come secondo motivo deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e lamenta che non sia stata esaminata la relata di notifica della cartella impugnata, ove si legge la data del 10/11/2006, il che comprovava che il ricorso in accertamento negativo era precedente alla notificazione della cartella esattoriale e dunque perfettamente ammissibile.
6. Come terzo motivo il ricorrente deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Il motivo attinge la sentenza di merito nella parte in cui ha ritenuto che l’opposizione alla cartella fosse infondata. Il ricorrente lamenta che la Corte territoriale non abbia rilevato come dal verbale impugnato non potesse in alcun modo evincersi quale fosse la contestazione specifica mossa alla ditta Pattante. Aggiunge che detto verbale era stato sottratto al diritto di accesso che la ditta aveva chiesto di poter esercitare e che i modelli DM 10 non erano stati depositati in causa e potevano contenere solo la denuncia della contribuzione versata.
7.1 primi due motivi di ricorso sono infondati.
Deve premettersi che con essi il ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta avverso il verbale di accertamento, pur essendo stato il relativo giudizio iniziato il 20.10.2006, successivamente all’iscrizione a ruolo del credito avvenuta il 29.9.2006, anche se anteriormente alla notifica della cartella esattoriale, avvenuta il 10.11.2006.
8. La successione temporale manifesta come non si ponesse nel caso, come chiarito dalla Corte territoriale, un problema di applicazione dell’art. 24 comma 3 del d.lgs n. 46 del 1999, a mente del quale «Se l’accertamento effettuato dall’ufficio è impugnato davanti all’autorità giudiziaria, l’iscrizione a ruolo è eseguita in presenza di provvedimento esecutivo del giudice», considerato che r impugnazione del verbale di accertamento è stata proposta dopo l’iscrizione a ruolo del relativo credito e dunque dopo l’inizio della procedura di riscossione. A tanto conseguiva che la procedura di riscossione, malgrado la pendenza dell’impugnazione del verbale di accertamento, avrebbe dovuto procedere sino all’emissione e notificazione della cartella esattoriale senza subire interruzioni né sospensioni.
9. L’ art. 24 comma 5 del d.lgs n. 46 del 1999 prevede poi uno specifico mezzo di impugnazione dell’iscrizione a ruolo, che deve essere azionato entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, con il quale mezzo vengono devolute in giudizio tutte le questioni aventi ad oggetto la fondatezza della pretesa impositiva.
10. Non ostano all’esame in tale sede della fondatezza della pretesa impositiva eventuali vizi della procedura verificatisi anteriormente alla notifica della cartella, considerato che questa Corte ha ribadito in plurimi arresti che la controversia in opposizione a cartella esattoriale avente ad oggetto crediti degli enti previdenziali non si risolve nella mera verifica della regolarità del titolo, ma comporta la valutazione di merito nel rapporto debito-credito fra datore di lavoro ed ente previdenziale e senza che occorra alcuna domanda riconvenzionale dell’Istituto. E’ stato infatti affermato (v. ex aliis Cass. n. 26395 del 26/11/2013, n. 16675 del 06/07/2017, n. 12025 del 07/05/2019) che «in tema di riscossione di contributi e premi assicurativi, il giudice dell’opposizione alla cartella esattoriale che ritenga illegittima l’iscrizione a ruolo non può limitarsi a dichiarare tale illegittimità, ma deve esaminare nel merito la fondatezza della domanda di pagamento dell’istituto previdenziale, valendo gli stessi principi che governano l’opposizione a decreto ingiuntivo, con la conseguenza che gli eventuali vizi formali della cartella esattoriale opposta comportano soltanto l’impossibilità, per l’Istituto, di avvalersi del titolo esecutivo, ma non lo fanno decadere dal diritto di chiedere l’accertamento in sede giudiziaria dell’esistenza e dell’ammontare del proprio credito».
11. Dopo l’iscrizione a ruolo neppure potrebbero incidere sulla procedura di riscossione vizi propri dell’accertamento ispettivo, considerato che nel procedimento di riscossione a mezzo ruolo dei contributi previdenziali, come regolato dagli artt. 24 e ss. del d.lgs. n. 46 del 1999, in difetto di espresse previsioni normative che condizionino la validità della riscossione ad atti prodromici, a differenza di quanto avviene in materia di applicazione di sanzioni amministrative in forza di quanto previsto, segnatamente, dall’art. 14 della l. n. 689 del 1981, la notifica al debitore di un avviso di accertamento non costituisce atto presupposto necessario del procedimento, la cui omissione invalidi il successivo atto di riscossione, ben potendo l’iscrizione a ruolo avvenire pur in assenza di un atto di accertamento da parte dell’istituto (Cass. n. 4225 del 21/02/2018, Cass. n. 3269 del 10/02/2009) o, si aggiunge, pur in presenza di un accertamento comunque viziato (seppur dovendosi valutare il valore del relativo verbale a fini di prova).
12. Questa Corte ha già risolto possibili dubbi di legittimità costituzionale per asserito contrasto con l’art. 24 Cost. della ricostruzione del sistema di impugnazione del ruolo esattoriale in materia di crediti previdenziali nei sensi appena precisati, poiché il diritto di difesa del debitore è previsto e tutelato dalle norme di legge in esame, mentre rientra nelle facoltà discrezionali del legislatore la previsione dei termini di esercizio del diritto di impugnazione (v. Cass. n. 14692 del 2007, Cass. n. 9174 del 2010). Del resto, la stessa Corte Costituzionale, con ordinanza n. 111 del 2007 ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 46 del 1999 cit., art. 24, proposta con riferimento all’art. 111 Cost. là dove attribuisce agli enti previdenziali il potere di riscuotere i propri crediti attraverso un titolo (il ruolo esattoriale, da cui scaturisce la cartella di pagamento) che si forma prima e al di fuori del giudizio e in forza del quale l’ente può conseguire il soddisfacimento della pretesa a prescindere da una verifica in sede giurisdizionale della sua fondatezza, osservando, da un lato, che non è irragionevole la scelta del legislatore di consentire ad un creditore, attesa la sua natura pubblicistica e l’affidabilità derivante dal procedimento che ne governa l’attività, di formare unilateralmente un titolo esecutivo, e, dall’altro lato, che è rispettosa del diritto di difesa e dei principi del giusto processo la possibilità, concessa al preteso debitore, di promuovere, entro un termine perentorio ma adeguato, un giudizio ordinario di cognizione nel quale far efficacemente valere le proprie ragioni, sia grazie alla possibilità di ottenere la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo e/o dell’esecuzione, sia grazie alla ripartizione dell’onere della prova in base alla posizione sostanziale (e non già formale) assunta dalle parti nel giudizio di opposizione.
13. In definitiva, la notifica della cartella esattoriale per contributi previdenziali e premi determina la sopravvenuta carenza di interesse ad agire nel giudizio di impugnazione dell’accertamento ispettivo che sia stato promosso dopo l’iscrizione a ruolo e con il quale si impugni la fondatezza della medesima pretesa impositiva, considerato che nessun risultato utile il ricorrente potrebbe conseguire in virtù di detta autonoma azione di accertamento negativo e posto che l’interesse ad agire deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione, ma anche al momento della decisione (Cass. n. 10553 del 2017; Cass. n. 21951 del 2013).
14. Il terzo motivo di ricorso attinge la sentenza del Collegio territoriale nella parte in cui ha rigettato l’opposizione alla cartella esattoriale.
15. Il motivo è però inammissibile, in quanto si deduce l’omesso esame di fatti processuali e non di fatti storici, mentre oggetto di denuncia ex art. 360 co. 1° n. 5 c.p.c. possono essere soltanto fatti storici propriamente intesi, vale a dire i fatti primari (costitutivi, impeditivi, estintivi o modificativi della pretesa azionata) o quelli secondari (cioè quelli dedotti in funzione probatoria), non certo i fatti processuali (la cui violazione o il cui omesso esame sono denunciagli ex art. 360 co. 1° n. 4 c.p.c., v. Cass. S.U. 07/04/2014, n. 8053 e 8054).
16. A ciò si aggiunga che il motivo, nella parte in cui lamenta che la Corte territoriale si sia basata su modelli DM 10 che non sarebbero stati depositati da nessuno, viola il principio di specificità imposto dagli artt. 366 c. 1 n. 6 e 369 c. 2 n. 4 c.p.c., in quanto avrebbe dovuto quanto meno trascrivere i foliari degli atti difensivi dei gradi di merito o segnalarne la posizione nel fascicolo di parte e non chiarisce neppure se il tenore di tali DM 10 (benché, in astratta ipotesi, non prodotti) sia stato considerato, comunque, fatto non controverso.
17. Il ricorso deve dunque essere rigettato.
18. Le spese del giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
19. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 3.500,00 per compensi professionali, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
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