CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 novembre 2021, n. 32998
Tributi – Contenzioso tributario – Accertamento riguardante redditi di società di persone e quindi dei soci – Litisconsorzio necessario originario – Mancata attivazione – Nullità dei giudizi di merito
Rilevato che
– con sentenza n. 4914/28/14, depositata in data 19 luglio 2014, non notificata, la Commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva l’appello proposto da L.D. e G.B., in proprio e quali ex soci della cancellata dal Registro delle imprese (in data 30.6.2003) società “D.L. s.a.s.”, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore prò tempore, avverso la sentenza n. 187/36/13 della Commissione tributaria provinciale di Roma che, previa riunione, aveva: 1) dichiarato inammissibile il ricorso proposto da L.D., nella qualità di legale rappresentante della società cancellata, e rigettato il medesimo ricorso proposto anche dagli ex soci (L.D. con quota al 10% e G.B. con quota al 90%) avverso l’avviso di accertamento RCB020202250/2008 emesso nei confronti della società “D.L. s.a.s.”, per l’anno 2002, per maggior reddito di impresa accertato, ai fini Iva e Irap, interessi e sanzioni; 2) rigettato il ricorso proposto da G.B., quale ex socia accomandante al 90% della detta società avverso l’avviso RCD010702528/2008 emesso ai fini Irpef, per imputazione per trasparenza dei maggiori redditi accertati in capo alla società ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. n. 917/1986;
– in punto di diritto, la CTR ha osservato che: 1) premessa l’applicabilità dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212/00 indipendentemente dal luogo in cui sia stata effettuata la verifica fiscale (se presso la sede del contribuente o presso quella dell’Ufficio), nella specie, il previo p.v.c. redatto dal Comando Nucleo Polizia Tributaria di Cuneo il 18.3.2004 nei confronti della “D.L. s.a.s.” (cessata il 18.6.2003), a seguito di una verifica fiscale “diretta” presso la sede della società, era stato soltanto allegato all’avviso di accertamento emesso nei confronti di quest’ultima e non previamente notificato ai contribuenti, con conseguente violazione della fase istruttoria e impossibilità da parte di questi ultimi di formulare le proprie osservazioni nel termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7 cit.; 2) nella specie, anche se il verbale di constatazione risultava redatto presso l’Ufficio della Polizia tributaria, doveva ritenersi effettuata la verifica fiscale presso la sede della società D.L. s.a.s., stante il richiamo alla documentazione esibita (come la visura camerale e le buste paga) e alle dichiarazioni rese dal Di Gennaro, non risultando la convocazione di costui presso l’Ufficio verificatore;
– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resistono, con controricorso, L.D. e G.B., in proprio e quali ex soci della cancellata società “D.L. s.a.s.”, illustrato con memoria depositata ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c;
– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, secondo comma, e dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ., introdotti dall’art. 1-bis del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197.
Considerato che
– con il primo motivo, l’Agenzia denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la CTR annullato gli avvisi impugnati per asserita violazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212/00, con ciò eccedendo il thema decidendum, non essendo stata tale eccezione sollevata dai contribuenti nel ricorso introduttivo ma, in violazione dell’art. 57 del d.lgs. n. 546/92, per la prima volta in sede di gravame;
– con il secondo motivo, si denuncia: 1) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212/00 e degli artt. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600/73 e 55 del d.P.R. n. 633/72 per avere la CTR annullato gli avvisi per violazione dell’art. 12, comma7 cit. ancorché non si fosse trattato di una verifica fiscale nei locali della società ma di un accertamento c.d. a tavolino; 2) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. per omesso esame di fatti decisivi e controversi per il giudizio, non avendo la CTR considerato che la segnalazione completa di p.v.c., redatta dalla G.d.F. di Cuneo, a seguito di verifica fiscale a carico di altra società (P. s.p.a.) e allegata all’avviso di accertamento emesso nei confronti della D.L. s.a.s. (la quale aveva omesso di presentare per il 2002 la dichiarazione dei redditi) era basata su una serie di dati acquisiti senza alcun accesso diretto presso i locali dell’impresa (trattandosi di informazioni reperite tramite l’esame delle risultanze del registro delle imprese ovvero di documentazione della società P. s.p.a.);
– la causa non può accedere all’esame del merito dei motivi dedotti con il ricorso dovendo la Corte rilevare “ex officio”, in via pregiudiziale, la nullità insanabile dei giudizi di merito in quanto affetti dal vizio di violazione del contraddittorio;
– secondo orientamento consolidato, a partire dall’arresto di Cass., sez. un., 4 giugno 2008, n. 14815, «in materia tributaria l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comportano che il ricorso tributario proposto anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali – sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario»;
– siffatto principio è applicabile anche nel caso di specie ove l’operata rettifica – che, come detto, riguarda il valore della produzione e il volume d’affari della società D.L. s.a.s. e, di riflesso, i redditi di partecipazione dei singoli soci – è posta a fondamento, per lo stesso anno 2002, di maggiori pretese impositive per Irpef, Irap e Iva;
– peraltro, come già precisato da questa Corte, «l’Irap è imposta assimilabile all’Ilor, in quanto essa ha carattere reale, non è deducibile dalle imposte sui redditi ed è proporzionale, potendosi, altresì, trarre profili comuni alle due imposte dal d.lgs. n. 446 del 1997, art. 17, comma 1, e art. 44. Ne consegue che, essendo l’Irap imputata per trasparenza ai soci, ai sensi del d.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, sussiste il litisconsorzio necessario dei soci medesimi nel giudizio di accertamento dell’Irap dovuta dalla società» (Cass., sez. un., n. 10145 del 2012);
– è vero, inoltre, che, come statuito da questa Corte, «l’accertamento di maggior imponibile Iva a carico di una società di persone, se autonomamente operato, non determina, in caso di impugnazione, la necessità del simultaneus processus nei confronti dei soci e, quindi, un litisconsorzio necessario, mancando un meccanismo analogo a quello previsto dal combinato disposto di cui al d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 40, comma 2, e d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, di unicità di accertamento ed automatica imputazione dei redditi della società ai soci in proporzione alla partecipazione agli utili, con connessa comunanza di base imponibile tra i tributi a carico della società e dei soci» (Cass. n. 12236 del 2010); tuttavia, qualora l’Agenzia abbia contestualmente proceduto, con unico atto, come nel caso in questione, ad accertamenti Irpef, Irap ed Iva a carico di una società di persone, fondati su elementi comuni, il profilo dell’accertamento impugnato concernente l’imponibile Iva, ove non suscettibile di autonoma definizione in funzione di aspetti ad esso specifici (come nella specie), non si sottrae al vincolo necessario del simultaneus processus, attesa l’inscindibilità delle due situazioni (in senso conforme, v. Cass. n. 16607 del 2015 e, sia pur con riferimento ad avviso di accertamento per Iva ed Ilor, Cass. n. 12236 del 2010);
– ricorrendo l’ipotesi descritta, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14 d.lgs. n. 546 del 1992, ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile – anche d’ufficio – in ogni stato e grado del procedimento (Cass., sez. un., n. 14815 del 2008; e pluribus, Cass., n. 1047 del 2013, n. 13073 e n. 23096 del 2012);
– pertanto, ove in sede di legittimità venga rilevata una violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal collegio di primo grado (che avrebbe dovuto disporre immediatamente l’integrazione del contraddittorio, ovvero riunire i processi in ipotesi instaurati dai litisconsorti necessari, ai sensi del D.lgs. n. 546 del 1992, art. 29), né dal collegio d’appello (che avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice, ai fini dell’integrazione del contraddittorio con tutti i soci della società contribuente, ai sensi del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 59, comma 1, lett. b), in modo da assicurare un processo unitario per tutti i soggetti interessati), deve disporsi, anche d’ufficio, l’annullamento delle pronunce emesse a contraddittorio non integro, con rinvio della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 383, ultimo comma, cod. proc. civ. (Cass., sez. un., n. 3678 del 2009; Cass. n. 12547 e n. 7212 del 2015, n. 18127 del 2013, n. 5063 del 2010, n. 138825 del 2007);
– in tal senso deve disporsi per la controversia in oggetto, concernente appunto gli elementi comuni delle fattispecie costitutive delle obbligazioni dedotte negli atti autoritativi impugnati, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario e relativa necessità di integrazione;
– l’esigenza sostanziale del simultaneus processus non può invero ritenersi soddisfatta nel caso in esame, nemmeno nella prospettiva affermata da Cass. 18 febbraio 2010, n. 3830 secondo cui «nel processo di cassazione, in presenza di cause decise separatamente nel merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone ed alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, non va dichiarata la nullità per essere stati i giudizi celebrati senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) in violazione del principio del contraddittorio, ma va disposta la riunione quando la complessiva fattispecie, oltre che dalla piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo notificato alle altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse, sia caratterizzata da: (1) identità oggettiva quanto a causa petendi dei ricorsi; (2) simultanea proposizione degli stessi avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente il fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società che di tutti i suoi soci e, quindi, identità di difese; (3) simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad entrambi i giudici del merito; (4) identità sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici; in tal caso, la ricomposizione dell’unicità della causa attua il diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111, secondo comma, Cost. e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), evitando che con la (altrimenti necessaria) declaratoria di nullità ed il conseguente rinvio al giudice di merito, si determini un inutile dispendio di energie processuali per conseguire l’osservanza di formalità superflue, perché non giustificate dalla necessità di salvaguardare il rispetto effettivo del principio del contraddittorio» (Cass. 29 gennaio 2014, n. 2014; Cass. 29 ottobre 2010, n. 22122; Cass. 9 luglio 2010, n. 16223; v. anche, Cass. 10 febbraio 2010, n. 2907);
– nel caso di specie, dalla sentenza impugnata si evince che mentre gli avvisi n. RCB020202250/2008 (emesso nei confronti della società “D.L. s.a.s” ai fini Irap e Iva, per l’anno 2002) e n. RCD010702528/2008 (emesso, ai fini Irpef, nei confronti della ex socia accomandante G.B., per imputazione per trasparenza, ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. n. n. 917/1986, dei maggiori ricavi accertati in capo alla società, in ragione della quota di sua competenza del 90%) sono stati impugnati il primo da L.D., nella qualità di legale rappresentante della società e di ex socio accomandatario (con quota al 10%), nonché da G.B. nella qualità di socia accomandante (con quota al 90%) e il secondo da quest’ultima dinanzi alla CTP di Roma che li ha riuniti, l’impugnativa avverso l’avviso di accertamento RL7010301130/08, relativo al reddito di partecipazione imputato per trasparenza nei confronti di L.D., per la sua quota di competenza (10%), proposta da quest’ultimo è rimasta incardinata dinanzi alla CTP di Sassari;
– ciò posto, trattandosi di procedimenti connessi per i quali si rende necessario un unico simultaneus processus, va individuato un unico giudice competente a conoscere dell’intera vicenda, al fine di evitare contrasti di giudicati. A tal fine va osservato che il codice di procedura civile dedica al problema degli effetti della connessione sulla competenza e alla riunione dei procedimenti connessi, pendenti dinanzi a giudici diversi, gli artt. 31- 36 (sezione 4″, del titolo 1°, libro 1°, intitolata appunto “delle modificazioni della competenza per ragioni di connessione”), artt. 39, 40 e 103, 104. La particolare ed articolata disciplina tende a contemperare le regole di distribuzione della competenza per materia, valore e territorio con il principio del simultaneus processus, stabilendo apposite norme per la determinazione del giudice competente per le cause connesse, ovvero le altre regole per evitare contrasti di giudicati (art. 34: sospensione e artt. 39 e 40: riunione). Tali disposizioni non sono trasferibili, sic et simpliciter, nell’ambito del processo tributario, nel quale non è prevista una ripartizione della competenza anche per valore e/o materia. La competenza delle commissioni tributarie, ai sensi dell’art. 4, d.lgs. n. 546 del 1992, è infatti ripartita sulla base del solo criterio territoriale e si radica in ragione della sede dell’ufficio o dell’ente, contro il quale viene proposto il ricorso, che si trovi nella circoscrizione del giudice adito. Pertanto, soltanto i ricorsi che siano proposti nei confronti di uffici diversi (quindi, dinanzi a commissioni diverse) pongono problemi di competenza, ai fini della eventuale riunione. Le regole stabilite dal codice di rito (che, a differenza del d.lgs. n. 546 del 1992, prevede tre diversi criteri di distribuzione della competenza: territorio, valore, materia), secondo le quali la riunione dei processi pendenti dinanzi a giudici diversi deve avvenire dinanzi al giudice preventivamente adito, ovvero dinanzi a quello competente per la causa principale o continente (artt. 39 e 40 c.p.c.). Mancando, nel processo tributario, la distribuzione della competenza in base ai criteri della materia e del valore, le regole che presuppongono tale ripartizione non sono applicabili, salvo che dalle stesse non si vogliano trarre criteri per una loro applicazione analogica o estensiva. Anche la regola secondo la quale, a parità di competenza per materia e per valore, la riunione deve avvenire dinanzi al giudice preventivamente adito trova un ostacolo nel principio della inderogabilità della competenza (territoriale) del giudice tributario, sancito espressamente dall’art. 5, primo comma del d.lgs. n. 546 del 1992. Diverso è il caso della causa unica, erroneamente incardinata dinanzi a giudici diversi per singoli segmenti, che deve essere trattata necessariamente dinanzi ad un solo giudice. In questo caso non si tratta di riunire cause connesse, ma di ricomporre l’unicità della causa: la frammentazione processuale è l’effetto della patologica scomposizione della causa che deve essere ricomposta in un unico alveo processuale. È il caso in cui i litisconsorti necessari abbiano iniziati percorsi processuali separati (Cass. n. 1052/2007). Come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 14815 del 2008, quando c’è litisconsorzio necessario, la causa è unica e va proposta (o riunita) dinanzi ad un unico giudice, il quale (in mancanza di una distribuzione della competenza per materia e per valore) non può che essere quello preventivamente adito, dovendo disporre l’integrazione del contraddittorio. Dinanzi al primo giudice vanno eventualmente riuniti i ricorsi che nel frattempo siano stati proposti dinanzi ad una commissione tributaria con diversa competenza territoriale” ( da ultimo, Cass. sez. 5, n. 12769/2020);
– pertanto, constatato il difetto d’integrità del contraddittorio, va dichiarata la nullità dei giudizi di merito e disposta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla CTP di Roma, in diversa composizione, per nuovo esame dell’impugnazione originaria, previa integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 14 d.lgs. n. 546 del 1992 nonché per la verifica della formazione di un eventuale giudicato parziale e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Dichiara la nullità dei giudizi di merito, cassa la sentenza impugnata e dispone la rimessione degli atti alla Commissione tributaria provinciale di Roma, perché provveda, previa integrazione del contraddittorio, a nuovo giudizio e a regolamentare le spese del giudizio di legittimità;