CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 settembre 2018, n. 21945
Accertamento ispettivo – Debito per contributi previdenziali – Attività di vigilanza – Direttive operative dal datore di lavoro – Rapporti di lavoro subordinati formalmente svolti in regime di collaborazione occasionale
Rilevato
che con ordinanza in data 13 dicembre 2016 numero 975 la Corte d’appello di Firenze dichiarava inammissibile ex articolo 348 bis cod.proc.civ. l’appello proposto da N.R., titolare della ditta D., avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva rigettato la domanda proposta dal R., a seguito dell’accertamento ispettivo del 28 novembre 2011, per sentire dichiarare la inesistenza del proprio assunto debito per contributi previdenziali, premi e somme aggiuntive;
che la Corte territoriale rilevava che l’appello non aveva una ragionevole probabilità di essere accolto; i cinque lavoratori per i quali la contribuzione era posta in recupero avevano prestato la loro attività per la ditta inizialmente come collaboratori, poi come dipendenti o a chiamata, svolgendo comunque la medesima attività di vigilanza. Sentiti dagli accertatori avevano riferito di avere ricevuto direttive operative dal datore di lavoro anche nei periodi di formale collaborazione occasionale e che la loro paga era commisurata alle ore prestate; il servizio non presentava alcun margine di discrezionalità operativa e le indicazioni anche specifiche erano date del R. Non vi era dunque alcun rapporto di collaborazione occasionale ai sensi dell’articolo 61 decreto legislativo 276/2003, poiché la collaborazione occasionale presupponeva, prima ancora che il rispetto dei limiti temporali e di compenso, il carattere autonomo del lavoro svolto;
che avverso la sentenza di primo grado ha proposto ricorso N.R., articolato in quattro motivi, al quale hanno opposto difese l’INPS e l’INAIL con controricorso;
che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’articolo 380 bis cod.proc.civ.;
che l’INPS ha depositato memoria;
Considerato
che la parte ricorrente ha dedotto:
– con il primo motivo — ai sensi dell’articolo 360 numero 4 codice di procedura civile — violazione dell’articolo 115 codice di procedura civile.
Con il motivo si impugna l’ accertamento in sentenza del fatto che tutti i lavoratori avevano superato il limite temporale di 30 giorni di lavoro nell’anno solare, di cui all’articolo 61 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
Il ricorrente ha dedotto che il superamento del limite non era stato contestato nel verbale di accertamento – (nel quale si dava atto che non era stato possibile individuare il numero delle giornate lavorate, poiché le ricevute delle ritenute di acconto erano riepilogative per trimestre, per semestre o per anno) — né allegato nella memoria difensiva dell’INPS (ove si dava atto che nessun lavoratore superava il concorrente limite dei 5.000 euro annuali).
– con il secondo motivo — ai sensi dell’articolo 360 numero 5 codice di procedura civile — omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione delle parti, consistente nella differenza sostanziale tra i due tipi di rapporto — di lavoro subordinato e di collaborazione occasionale— intercorsi con ciascuno dei cinque lavoratori oggetto dell’accertamento in periodi di tempo diversi .
Le dichiarazioni dei lavoratori e del R. valutate in sentenza come attestanti la subordinazione si riferivano a periodi diversi rispetto a quelli oggetto di accertamento e regolarmente coperti da contribuzione per lavoro dipendente;
– con il terzo motivo — ai sensi dell’articolo 360 numero 3 cod. proc.civ. — violazione e falsa applicazione dell’articolo 2094 cod.civ. e dell’articolo 61 decreto legislativo 276/2003.
Si deduce la non corretta applicazione degli indici di qualificazione del rapporto di lavoro subordinato.
Il ricorrente ha assunto che il Tribunale aveva dato prevalenza ad elementi di qualificazione sussidiari e non decisivi, quali la ripetitività delle mansioni e la sussistenza di un potere conformativo della prestazione, senza valorizzare il fatto che si trattava di prestazioni occasionali, nel rispetto del limite quantitativo di cui all’articolo 60 decreto legislativo 276/2003. Le sue disposizioni si limitavano all’indicazione del lavoro da svolgere senza configurare l’essenziale requisito della subordinazione. Il Tribunale aveva valorizzato anche il fatto, riferito dall’ispettrice dell’INPS Z., che il lavoro svolto era quello principale dell’azienda, circostanza, questa, che non comportava ex se l’inserimento nella organizzazione aziendale (peraltro indice solo sussidiario della subordinazione).
Per contro la sentenza ometteva di considerare il fatto che le prestazioni erano assolutamente saltuarie ed occasionali e venivano svolte fuori dei locali dell’impresa (quindi fuori dell’ambito dell’ organizzazione di mezzi e del controllo del datore di lavoro).
L’esame delle modalità di svolgimento delle mansioni si traduceva unicamente nella affermazione della loro ripetitività senza alcuna valutazione del loro carattere elementare, ulteriore elemento rilevante ai fini della qualificazione;
– con il quarto motivo — ai sensi dell’articolo 360 numero 4 codice di procedura civile — violazione degli articoli 116, 246 e 421, comma 4 codice di procedura civile.
Il ricorrente ha esposto che la sentenza riportava le dichiarazioni dei lavoratori M., P. ed U. qualificandoli come «testi» laddove essi erano stati sentiti in sede di libero interrogatorio — ex articolo 421 codice di procedura civile — in quanto incapaci di testimoniare sulla propria posizione. In particolare l’ UVA neppure era stato citato come teste ed aveva un contenzioso personale con la ditta sulla medesima questione che ritiene il Collegio il ricorso debba essere respinto;
che invero:
– quanto al primo motivo va evidenziato che esso coglie un accertamento di fatto della sentenza impugnata non decisivo. Vero è che nella sentenza si afferma che tutti i lavoratori avevano superato i trenta giorni di lavoro delle collaborazioni occasionali di cui all’articolo 61 D.Lgs. 276/2003: tale affermazione, tuttavia, non costituisce la ratio decidendi, che non è fondata sul dato temporale ma sull’accertamento, all’esito della valutazione delle prove, della natura subordinata del rapporto di lavoro anche durante i periodi formalmente svolti in regime di collaborazione occasionale (autonoma). La censura è dunque inammissibile perché non conferente al tenore complessivo della sentenza impugnata;
– parimenti inammissibile è il secondo motivo, giacchè deduce un vizio di motivazione in fattispecie in cui il ricorso per cassazione non è proponibile ai sensi dell’articolo 360 nr. 5 cod.proc.civ. — per quanto dispone l’articolo 348 ter comma 4 cod. proc.civ. — essendo stata pronunciata ordinanza di inammissibilità dell’appello fondata sulle stesse ragioni, inerenti a questioni di fatto, poste a base della decisione di primo grado;
– il terzo motivo è infondato; il giudice ha qualificato come subordinati i rapporti formalmente svolti in regime di collaborazione occasionale sulla base della eterodirezione, del computo orario della retribuzione, della assenza del rischio di impresa, della messa a disposizione delle energie lavorative anche nei periodi tra una prestazione e l’altra. Alla luce di tali preliminari accertamenti di fatto, non contestabili in questa sede di legittimità — ex articolo 348 ter comma 4 cod.proc.civ. — non sussiste il vizio di sussunzione denunciato con il motivo;
– da ultimo, il quarto motivo risulta inammissibile, perché censura passaggi della sentenza non decisivi ed, in particolare, la indicazione in sentenza dei lavoratori come «testi» rispetto a quanto dichiarato in merito alla propria posizione lavorativa. Vero è che dai passaggi della ordinanza di ammissione della prova trascritti nel motivo risulta che i lavoratori erano stati liberamente interrogati sulla propria situazione lavorativa (e non già escussi come testi) ma da questo errore materiale non è derivato l’assunto vizio di nullità della sentenza. Gli elementi di prova raccolti sono stati liberamente e complessivamente valutati, senza che risulti un maggior peso nella decisione — rispetto alle altre risultanze istruttorie — (testimonianza dell’ispettrice Z., informazioni acquisite in sede ispettiva) — delle dichiarazioni rese in giudizio dai lavoratori in ragione dell’erroneo presupposto della loro escussione sotto il vincolo del giuramento testimoniale (piuttosto che in sede di interrogatorio libero).
– che, pertanto, il ricorso deve essere respinto, in conformità alla proposta del relatore, con ordinanza in Camera di Consiglio, ex articolo 375 cod.proc.civ.;
che le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1 co 17 L. 228/2012 (che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 DPR 115/2002) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in € 200 per spese ed € 1.600 per compensi professionali in favore di ciascuna delle parti controricorrenti oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 febbraio 2022, n. 3971 - Il carattere subordinato della prestazione del giornalista presuppone la messa a disposizione delle energie lavorative dello stesso per fornire con continuità ai lettori della testata un…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 23 settembre 2020, n. 19979 - Il carattere subordinato della prestazione del giornalista presuppone la messa a disposizione delle energie lavorative dello stesso per fornire con continuità ai lettori della testata un…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 11 febbraio 2021, n. 3544 - In caso di nullità del contratto part time per difetto della forma scritta prevista ad substantiam dall'art. 5 d.l. 726/1984, il rapporto di lavoro debba considerarsi come un ordinario…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 29 settembre 2022, n. 28424 - In caso di cessione di ramo d'azienda, ove su domanda del lavoratore ceduto venga giudizialmente accertato che non ricorrono i presupposti di cui all'art. 2112 c.c. il trasferimento non si…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 15 giugno 2020, n. 11539 - Ogni attività umana può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato che di lavoro autonomo e che l'elemento tipico che contraddistingue il primo dei suddetti tipi di rapporto è…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 luglio 2021, n. 20099 - Ai fini della individuazione del rapporto di lavoro subordinato è l'ampiezza di prestazioni e l'intensità della collaborazione, che devono essere tali da comportare l'inserimento stabile del…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…