CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 settembre 2020, n. 18703
Tributi – Riscossione – Intimazione di pagamento – Atti presupposti – Cartelle di pagamento non impugnate – Prescrizione – Termine decennale
Fatti di causa
Rilevato che:
la parte contribuente proponeva ricorso avverso una intimazione di pagamento notificatagli il 10 novembre 2015 relativo ad una pluralità di cartelle di pagamento notificategli tra il 2006 ed il 2013 riferibili a crediti erariali maturati tra il 2002 e il 2009;
la Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso della parte contribuente;
la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello della parte contribuente ritenendo che ai sensi di Cass. SU n. 23397 del 2016 la conversione del termine prescrizionale breve in quello decennale di cui all’art. 2953 c.c. è possibile solo quando sia intervenuto un provvedimento giurisdizionale divenuto irrevocabile, mentre nella specie non si tratterebbe di un provvedimento giurisdizionale ma di cartelle di pagamento non impugnate promanati da una autorità amministrativa, cosicché vanno annullate le cartelle di pagamento notificate fino al 9 marzo 2011;
l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato ad un unico motivo mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso e in prossimità dell’udienza depositava memoria insistendo per il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
Considerato che con l’unico motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, la parte contribuente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2946 e 2953 c.c. in quanto la prescrizione dei crediti erariali oggetto di causa (imposte dirette) non sarebbe di 5 anni ma di 10.
Il motivo è fondato.
E’ vero infatti che secondo questa Corte il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto (quindi se è già previsto un termine di prescrizione di 10 anni – come effettivamente è nel caso di specie – rimane di 10 anni) in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c. (i diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, quando riguardo ad essi è intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci anni ), tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo (Cass. SU n. 23397 del 2016).
Pertanto, le Sezioni unite non hanno anche affermato che, in mancanza di impugnazione, ad ogni credito contenuto in cartella trovi applicazione la prescrizione breve: nel caso di specie, ossia per IVA, IRPEF e IRAP, è previsto un termine di prescrizione ordinario decennale e non un termine più breve. Il principio di diritto richiamato dalla CTR va dunque integrato dai seguenti principi espressi da questa Corte, che si riferiscono alla durata della prescrizione dei crediti erariali:
in tema di IVA, il credito erariale per la riscossione dell’imposta (a seguito di accertamento divenuto definitivo) è soggetto non già al termine di prescrizione quinquennale previsto dall’art. 2948, n. 4, c. c. “per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”, bensì all’ordinario termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c, in quanto la prestazione tributaria, attesa l’autonomia dei singoli periodi d’imposta e delle relative obbligazioni, non può considerarsi una prestazione periodica, derivando il debito, anno per anno, da una nuova ed autonoma valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi (Cass. n. 33266 del 2019; Cass. n. 2941 del 2007);
il diritto alla riscossione dei tributi erariali (IRPEF, IRES, IRAP ed IVA), in mancanza di un’espressa disposizione di legge, si prescrive nel termine ordinario di dieci anni e non nel più breve termine quinquennale, non costituendo detti crediti erariali prestazioni periodiche, ma dovendo la sussistenza dei relativi presupposti valutarsi in relazione a ciascun anno d’imposta (Cass. n. 32308 del 2019).
La CTR non si è attenuta al suddetti principi laddove ha ritenuto che, in mancanza di impugnazione, ad ogni credito
contenuto in cartella trovi applicazione la prescrizione breve, quando invece il termine di prescrizione per i tributi erariali oggetto della lite è di dieci anni e non di cinque in quanto la prestazione tributaria, attesa l’autonomia dei singoli periodi d’imposta e delle relative obbligazioni, non può considerarsi una prestazione periodica, derivando il debito, anno per anno, da una nuova ed autonoma valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi.
Ritenuto dunque fondato il motivo di impugnazione, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va conseguentemente accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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