CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 settembre 2021, n. 24447
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Ricorso erariale d’appello – Tentata notifica presso il procuratore risultato sconosciuto all’indirizzo fissato – Notifica inesistente – Sentenza d’appello – Illegittimità
Rilevato che
1. G. R. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, avverso la sentenza n. 2687/08/2019, depositata il 27 marzo 2019, con la quale la Commissione tributaria regionale della Campania ha accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli, che aveva accolto il ricorso del contribuente contro l’avviso d’accertamento emesso nei suoi confronti, per l’anno d’imposta 2011, in materia di Irpef ed Iva.
L’Ufficio si è costituito con controricorso.
La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’articolo 380-bis cod. proc. civ.
Il contribuente ha depositato memoria.
Considerato che
1. Con l’unico motivo il ricorrente contribuente deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione degli arti. 85, 291, 301 e 330 cod. proc. civ.
Assume infatti il ricorrente, non costituitosi dinnanzi la CTR, che la notifica dell’appello erariale era inesistente, essendo stata tentata dall’Ufficio a mezzo posta presso il difensore dell’appellato contribuente in primo grado, risultato tuttavia sconosciuto all’indirizzo dichiarato, atteso che si era trasferito, con conseguente restituzione del plico all’appellante, senza il seguito di ulteriori adempimenti.
Lo stesso difensore dell’appellato contribuente, inoltre, era stato anche sospeso dall’albo dei dottori commercialisti.
Nel caso di specie, pertanto, la notifica dell’appello, mai perfezionatasi, sarebbe inesistente, ed avrebbe errato la CTR nell’affermare (nel primo periodo della motivazione della sentenza qui impugnata) che essa si era perfezionata, in quanto «l’appello era stato notificato regolarmente presso il procuratore costituito in primo grado ma all’indirizzo fissato risultava sconosciuto. Da successive indagini effettuate dall’Agenzia, il difensore era risultato sospeso dall’albo dei commercialisti ma ciò non significava che non poteva ricevere gli atti all’indirizzo dallo stesso dichiarato.».
Il Collegio, preliminarmente, discostandosi sul punto dalla proposta del relatore e rigettando la relativa eccezione dell’Ufficio controricorrente, rileva che il motivo non è inammissibile per difetto di autosufficienza.
Invero, premessa la natura processuale del vizio denunciato, deve rilevarsi che il ricorrente ha dedotto in maniera compiuta tutti i presupposti e gli elementi della censura proposta, in modo tale che essi siano ricavabili dal ricorso. E’ vero, peraltro, che parte di quest’ultimo consiste nella riproduzione pressoché integrale della memoria illustrativa depositata dall’Ufficio dinnanzi la CTR. Tuttavia il contribuente non si è limitato ad una mera trascrizione delle difese della controparte nel merito, ma ne ha evidenziato il contenuto che ritiene confermativo della censura proposta in questa sede, ponendolo in correlazione con argomentazioni giuridiche e richiami giurisprudenziali e soprattutto, per quanto qui interessa, con la motivazione della decisione impugnata.
Tanto premesso, il motivo è fondato.
Invero risulta in fatto dalla stessa sentenza impugnata che la notifica dell’appello erariale è stata tentata presso il procuratore del contribuente costituitosi in primo grado, che tuttavia è risultato sconosciuto «all’indirizzo fissato».
La stessa Amministrazione, nella memoria difensiva depositata in appello e riprodotta (senza contestazioni) nel ricorso, ha dato atto che «il servizio Poste Italiane ha restituito al mittente la raccomandata contenente l’atto d’appello motivando la restituzione destinatario sconosciuto». Non risulta, dalla stessa memoria, dalla sentenza impugnata e dal controricorso, che a tale tentativo di notifica dell’impugnazione ne sia seguito alcun altro da parte dell’Agenzia.
Sulla base di tali incontestati dati, deve quindi rilevarsi che non si è in presenza di una notifica eseguita in maniera invalida e non perfezionatasi perché nulla, ma di una notificazione solo tentata la cui fattispecie non è mai stata completata, neppure nei suoi elementi costitutivi minimi, poiché alla mancata consegna dell’atto al destinatario, risultato sconosciuto, non è seguito altro adempimento da parte dell’ agente postale e comunque dell’Amministrazione.
Tale considerazione si pone, logicamente e giuridicamente, a monte della questione della sospensione dall’albo del difensore al quale il tentativo di notifica era diretto, giacché non può porsi la questione della ipotetica validità, o meno, di un atto, la notifica in questione, che è pacifico non sia mai stato eseguito.
A fronte sia della pacifica interruzione dell’attività di notificazione dell’appello con la constatazione che il destinatario era sconosciuto all’indirizzo indicato, sia dalla mancata costituzione del contribuente appellato nel giudizio d’appello, è quindi senz’altro errata la conclusione della CTR secondo cui l’appello sarebbe stato «notificato regolarmente» e la «notifica si era perfezionata».
La conseguenza della mancata notifica dell’atto introduttivo dell’impugnazione, attesa la mancata costituzione dell’appellato nel relativo procedimento, si traduce nella nullità di quest’ultimo e della pronuncia che l’ha concluso, come assume il ricorrente.
Invero, a fronte del difetto assoluto del contraddittorio nel giudizio di merito di secondo grado, è in re ipsa il pregiudizio della parte appellata, che non è stata messa in grado di partecipare al procedimento e di difendersi all’interno di quest’ultimo. Ed invero le pronunce di legittimità, citate dalla controricorrente Agenzia nel controricorso al fine di sostenere che, accanto all’eccezione relativa al vizio processuale, la parte interessata dovrebbe allegare anche la lesione concreta che ne sia derivata all’esercizio del suo diritto di difesa, attengono ad errores in procedendo diversi da quello sub iudice, nel quale la difesa in appello è stata, a monte, integralmente impedita all’appellato dalla mancata notifica dell’impugnazione.
1.1. Tanto premesso, deve concludersi che, nel caso di specie, la mancata notifica dell’appello ha determinato, oltre che la nullità del procedimento di secondo grado e della sentenza che l’ha concluso, anche la decadenza dello stesso Ufficio appellante dalla facoltà di impugnare la sentenza di primo grado ed il passaggio in giudicato di quest’ultima.
Al riguardo deve, innanzitutto, premettersi che la stessa controricorrente insiste (in particolare alle pagg. 15 s.) sul preteso avvenuto perfezionamento della notifica dell’appello e non solo non ha introdotto eventuale ricorso incidentale condizionato in ordine al mancato ordine di rinnovazione della medesima notifica, ma neppure ripropone comunque in questa sede tale questione, il cui esame rimane quindi precluso.
Per completezza, comunque, deve ricordarsi che quando, come nel caso di specie, «l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa», difetta uno degli « elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione» (Cass. Sez. U, Sentenza n. 14916 del 20/07/2016), con la conseguente inesistenza di quest’ultima, che ne esclude la rinnovabilità, e non della sua nullità. Deve poi aggiungersi in ogni caso che, secondo un consolidato orientamento di questa Corte, « In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie.» (Cass. Sez. L – , Sentenza n. 16943 del 27/06/2018). Ed in merito ai tempi ragionevoli di riattivazione, è stato chiarito che il notificante, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa (Cass. Sez. U, Sentenza n. 14594 del 15/07/2016 Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 20700 del 09/08/2018; Cass. Sez. L – , Ordinanza n. 17577 del 21/08/2020).
Nel caso di specie, risulta dalla ridetta memoria erariale che il 16 maggio 2018 il servizio postale aveva restituito al mittente la raccomandata con la quale l’atto d’appello era stato spedito, dalla stessa Agenzia appellante, per la notifica all’appellato. La conseguente inerzia dell’Ufficio, protrattasi oltre il predetto termine e sino al deposito, 1’8 giugno 2018, della memoria in appello nella quale si chiedeva di ordinare eventualmente il rinnovo della notificazione, non è stata giustificata, come già rilevato, dall’ Ufficio nel controricorso, e comunque non può ritenersi giustificabile.
Invero, deve ribadirsi che non era stata mai completata la fattispecie notificatoria, con la conseguenza che l’inerzia della notificante non poteva dipendere dall’attesa di un provvedimento della CTR che valutasse l’invalidità di una notifica interrotta dalla constatazione che il destinatario era «sconosciuto».
Inoltre, deve considerarsi che, come risulta dalla memoria, la stessa Amministrazione aveva proceduto direttamente all’invio della notifica a mezzo posta, per cui non vi erano (né comunque risultano dedotti) ritardi, nella riattivazione dell’iter di notifica, imputabili ad un distinto operatore, come l’ufficiale giudiziario.
Infine, la «capillare ricerca», dopo la restituzione al mittente della predetta raccomandata, di dati relativi al destinatario, dalla quale, sempre secondo la predetta memoria, sarebbe emersa l’ulteriore circostanza che il difensore di primo grado dell’appellato contribuente era stato sospeso, dal 31 maggio 2017, dall’albo dei dottori commercialisti, risulta dedotta come mera consultazione dell’albo unico nazionale della medesima categoria professionale, realizzabile nell’immediatezza della conoscenza dell’esito negativo del tentativo di notifica.
Pertanto ( fermo restando che la controricorrente non ha neppure proposto la questione in questa sede e che la notificazione era inesistente) deve rilevarsi che dalle stesse difese dell’appellante non emergono comunque neppure elementi che potessero impedire a quest’ultima, appreso l’insuccesso del tentativo già esperito, di riattivare, di propria iniziativa, tempestivamente la notifica dell’impugnazione, ricercando in tempi ragionevoli le relative informazioni sul destinatario ed adottando tempestivamente le forme di notifica ad essa conseguenti.
1.2. La sentenza impugnata va quindi cassata e, decidendo nel merito, va dichiarata l’inammissibilità dell’appello erariale.
Spese di legittimità per soccombenza.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’appello, condannando la controricorrente al pagamento, in favore delta ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro. 2.900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento , agli esborsi liquidati in Euro 200,00 , ed agli accessori di legge.