CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 aprile 2018, n. 8944
Tributi – Accertamento – Riscossione – Cessione terreno – Plusvalenza – Notificazione
Ritenuto in fatto
In data 6/12/2007 l’Agenzia delle Entrate notificava a N.N. avviso di accertamento per il recupero a tassazione di una plusvalenza derivante dalla vendita del 50% di un terreno ubicato nel Comune di Aversa, alienato con atto registrato il 26/6/2001.
L’avviso di accertamento era stato preceduto, oltre che dalla notifica dell’invito al contraddittorio ai sensi del d.lgs. n. 218/97, anche dalla precedente notifica, in data 12.9.05, del questionario emesso ai sensi dell’art. 32 del d.P.R. n. 600/73, con il quale l’Ufficio aveva invitato il contribuente ad esibire a) copia dell’atto stipulato il 6/6/2001 b) copia dell’atto di provenienza relativo allo stesso cespite c) eventuale documentazione relativa ad oneri sostenuti afferenti il predetto cespite.
Avverso l’avviso di accertamento il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria provinciale, deducendo la decadenza della Amministrazione dall’azione di accertamento in quanto l’avviso era stato notificato in data 6/12/07, ossia dopo la scadenza, in data 31/12/06, del termine di decadenza di cui all’art. 43 d.P.R. 600/73, non potendo applicarsi la proroga biennale prevista dall’art. 10 legge 289/02, avendo egli prodotto dichiarazione integrativa ai sensi dell’art. 9 della citata legge per gli anni dal 1997 al 2001; lamentava, pure, che l’Ufficio nel calcolare la plusvalenza non aveva tenuto conto dei costi sostenuti per oneri di urbanizzazione e costruzione inerenti il terreno compravenduto, ammontanti a lire 320.395.112, come certificato dal Comune di Aversa.
L’Ufficio replicava che l’eccezione di decadenza era infondata, essendo applicabile la proroga biennale dei termini di cui all’art. 10 della legge n. 289/02, e si opponeva alla acquisizione della documentazione concernente i costi di urbanizzazione e costruzione, in virtù della preclusione prevista dall’art. 32 del d.P.R. n. 600/73, atteso che il contribuente non le aveva documentate in sede di risposta al questionario, né aveva aderito al successivo invito al contraddittorio.
La Commissione Tributaria provinciale respingeva il ricorso e avverso la sentenza proponeva appello il contribuente, riproponendo i motivi già fatti valere in primo grado.
La Commissione Tributaria regionale confermava la sentenza di primo grado, motivando, con riguardo alla dedotta decadenza dall’accertamento, che, nel caso di specie, era applicabile la proroga di due anni prevista dalla legge n. 289/02 e, per quanto concerneva il merito, che la documentazione prodotta dal contribuente non poteva essere utilizzata in sede contenziosa poiché non esibita in sede di risposta al questionario, come previsto dall’art. 32 del d.P.R. 600/73, come modificato dall’art. 25 della legge n. 28/99.
Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a quattro motivi.
La Agenzia delle Entrate ha depositato atto di costituzione.
Considerato in diritto
1. Con il primo motivo – rubricato violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.- il ricorrente, ribadendo che si è avvalso del condono di cui all’art. 9 della legge n. 289/02, sostiene che la Commissione Tributaria regionale ha erroneamente ritenuto che l’azione accertatrice intrapresa dall’Ufficio potesse fruire della proroga biennale prevista dall’art. 10 legge 289/02, risultando al contrario l’accertamento tardivo, in quanto notificato oltre il termine ordinario di cui all’art. 43 del d.P.R. 600/73.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Ai sensi del disposto dell’art. 9, comma 1, della legge 289/02, “non possono essere oggetto di definizione automatica i redditi soggetti a tassazione separata…., ferma restando, per i predetti redditi, la possibilità di avvalersi della dichiarazione integrativa di cui al medesimo art. 8, secondo le modalità ivi indicate”.
Tale previsione comporta la esclusione della definizione automatica ex art. 9 legge 289/02 per i redditi soggetti a tassazione separata, quali sono sicuramente quelli in questione (art. 81, comma 1, lett. b) vecchio TUIR) e, di conseguenza, non essendo stati detti redditi definiti in via automatica ex art. 9 citato, non può ritenersi operante per la Amministrazione la preclusione all’accertamento degli stessi, preclusione che è prevista dall’art. 9, comma 10, legge 289/02 solo in caso di perfezionamento della procedura. Ne consegue che deve ritenersi operante per detto accertamento la proroga dei termini prevista dal citato art. 10 legge 289/02 (Cass. n. 21190 del 8/10/2014, Cass. 16964 del 11/8/2016), come correttamente ritenuto dalla Commissione Tributaria regionale.
2. Con il secondo motivo – rubricato violazione e falsa applicazione degli artt. 32, comma quarto, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, come modificato dall’art. 25, comma primo, della legge 18 febbraio 1999, n. 28, 2697 cod. civ. e 24 e 53 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. – il ricorrente ha fatto presente che sin dal primo grado di giudizio aveva lamentato come nel calcolo della plusvalenza effettuato dall’Ufficio dovessero essere considerate anche le spese sostenute per oneri di urbanizzazione e per costi di costruzione inerenti il terreno, giusta il disposto di cui all’art. 82, comma secondo, terzo periodo del d.P.R. n. 917 del 1986 all’epoca vigente, ed aveva a tal fine allegato al ricorso originario una fotocopia del certificato del Comune di Aversa, rilasciato in data 12/3/2002, con allegata concessione per la esecuzione di opere, comprovante i costi sostenuti.
Secondo la prospettazione del ricorrente, la Commissione Tributaria regionale, accogliendo la eccezione dell’Ufficio volta alla applicazione della preclusione prevista dall’art. 32, comma 4, del d.P.R. n. 600/73, non aveva tenuto conto che l’Ufficio non aveva mai prodotto in giudizio il questionario al fine di dimostrare la fondatezza della eccezione, né aveva quindi offerto prova, come era suo onere, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., che nel corpo del questionario fosse contenuto l’avvertimento che la documentazione non prodotta in sede di risposta non potesse essere presa in considerazione a favore del contribuente in sede contenziosa.
3. Con il terzo motivo – rubricato insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. – il ricorrente, richiamando le deduzioni difensive già esposte con il secondo motivo, ha sostenuto che l’iter motivazionale seguito dalla Commissione Tributaria regionale risulta insufficiente ad esplicitare le ragioni che l’hanno indotta a ritenere sussistenti le condizioni legali richieste per rendere operativa la preclusione processuale invocata dall’Ufficio.
4. Con il quarto motivo – rubricato violazione e falsa applicazione dell’art. 32, comma quarto, del d.P.R. n. 600 del 1973, come modificato dall’art. 25, comma primo, della legge 18 febbraio 1999, n. 28 e 53 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. – il ricorrente sottolinea che la motivazione della sentenza è censurabile, oltre che per le ragioni indicate nel secondo e nel terzo motivo, anche perché esprime una errata interpretazione del citato art. 32, quarto comma, d.P.R. 600/73, avendo il giudice di appello omesso di considerare che ai fini della operatività della preclusione era necessaria la previa avvertenza nel questionario circa la inutilizzabilità, in sede contenziosa, della documentazione non fornita in sede di risposta al medesimo questionario.
5. Il secondo, il terzo ed il quarto motivo, che, per evidente connessione logica, possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati.
6. Questa Corte ha più volte affermato che in tema di accertamento fiscale, la sanzione della inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, opera solo in presenza di un invito specifico e puntuale all’esibizione da parte dell’Amministrazione accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza, che si giustifica – in deroga ai principi di cui agli artt. 24 e 53 Cost. – per la violazione dell’obbligo di leale collaborazione con il Fisco (Cass. n. 11765 del 26/5/2014).
Nel caso di specie la Commissione Tributaria provinciale si è limitata ad affermare la inutilizzabilità della documentazione prodotta dal contribuente sul presupposto che si trattasse di documentazione non prodotta all’atto della risposta al questionario, non considerando, tuttavia, che la prova dell’avvertimento, al fine di farne derivare la inutilizzabilità della documentazione, incombe sull’Ufficio (Cass. n. 25334 del 28/11/2014; n. 28271 del 18/12/2013; n. 27069 del 27/12/2016).
In conclusione, devono essere accolti il secondo, il terzo ed il quarto motivo e respinto il primo motivo e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria della Campania, in diversa composizione, per il riesame, oltre che per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo, il terzo ed il quarto motivo, rigetta il primo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione Tributaria della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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