CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 aprile 2019, n. 10236
Sgravi di contributi per l’assunzione di lavoratori con contratto a tempo determinato – Diritto – Onere della prova
Rilevato che
1. con sentenza del 28 giugno 2013, la Corte di Appello di Bari confermava la decisione del Tribunale in sede nella parte in cui aveva accolto l’opposizione proposta dalla O. s.p.a. alla cartella esattoriale con la quale l’INPS, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. s.p.a., per il tramite di Equitalia Sud s.p.a. aveva chiesto il pagamento della somma di euro 89.502,21 a titolo di indebiti sgravi di contributi per l’assunzione di lavoratori con contratto a tempo determinato nel periodo gennaio 1997 – dicembre 2000; la riformava, accogliendo il gravame incidentale della O. s.p.a., sul capo relativo alle spese condannando l’istituto al pagamento di quelle del primo grado (compensate nella impugnata sentenza) nonché di quelle dell’appello;
2. ad avviso della Corte territoriale e per quello ancora di rilievo in questa sede: il gravame proposto dall’INPS violava il principio della specificità dei motivi d’appello non avendo l’istituto preso in alcun modo in esame né contrastato le ragioni addotte dal Tribunale a sostegno del decisum essendosi limitato a richiedere un novum iudicium; l’INPS, nel gravame, infatti, non si era neppure fatto carico di addurre concrete circostanze a sostegno della dedotta inapplicabilità della regola del de minimis (secondo cui quando gli aiuti complessivamente ricevuti non superino la somma di euro 100.000,00 in tre anni non sono soggetti a recupero) essendosi limitato a dedurre che l’onere della prova dei fatti costitutivi del diritto agli sgravi spettasse a chi lo avesse invocato, senza contestare le ragioni per le quali il primo giudice aveva ritenuto essere stata fornita quella prova; restavano assorbite le censure mosse nell’appello incidentale nella parte in cui la società aveva riproposto gli altri motivi di opposizione alla cartella impugnata ed aveva richiesto, in via subordinata, la condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento, a titolo risarcitorio, delle somme eventualmente liquidate in favore dell’istituto;
3. per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso l’INPS, in proprio e nella qualità, affidato a due motivi cui resiste l’O. s.p.a. con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale fondato su un motivo; Equitalia Sud s.p.a. e la Presidenza del Consiglio dei Ministri sono rimasti intimati;
4. il Procuratore Generale ha depositato requisitoria concludendo per il rigetto del ricorso; l’INPS ha depositato memoria in prossimità dell’udienza camerale;
Considerato che
5. con il primo motivo del ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 443 e 434, primo comma, cod. proc. civ. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) avendo la Corte territoriale erroneamente ritenuto l’appello generico pur essendo il secondo motivo del medesimo (trascritto in ricorso) specifico in quanto – acclarato che i fatti di causa rilevanti erano incontroversi e, dunque, che le somme portate nella opposta cartella corrispondevano all’importo degli aiuti di Stato fruiti dalla società – l’unica questione rilevante era la ricostruzione dell’istituto del “de minimis” che, ad avviso del primo giudice, doveva incentrarsi esclusivamente sulla individuazione del valore soglia, affermazione questa puntualmente censurata nel gravame, sicchè del tutto inconferente era il richiamo alla ripartizione dell’onere probatorio non essendovi in punto di fatto alcuna circostanza controversa da allegare e provare ma dovendo solo verificarsi quali fossero gli elementi fissati dalla legge per l’applicazione del “de minimis”. Con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 87 e 88 del Trattato CE, del Regolamento CE n. 994/98, dell’art. 2 del Regolamento CE del 12 gennaio 2001 n. 69, della decisione della Commissione dell’11 maggio 1999, della decisione della Corte di Giustizia del 7 marzo 2002, C-310/99, dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 16 del decreto legge 14 maggio 1994, conv. con modificazioni dalla legge 19 luglio 1994 n. 451, dell’art. 15 della legge 24 giugno 1997, n. 196 ( in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) assumendosi – dopo un’ampia ricostruzione della problematica concernente il recupero dei benefici contributivi riconosciuti dall’ordinamento italiano in favore delle imprese che avevano stipulato contratti di formazione e lavoro – che: l’applicazione della regola del “de minimis” costituiva un’eccezione alla generale disciplina restrittiva relativa agli aiuti di Stato stabilendone l’inapplicabilità al di sotto di una determinata soglia ( complessivamente di ammontare non superiore a 100.000,00 euro); la sussistenza delle specifiche condizioni per l’operatività di detta eccezione doveva essere provata dal soggetto che l’avesse invocata; per la ricorrenza di tali condizioni non bastava che l’importo chiesto in recupero ed oggetto del singolo procedimento fosse inferiore alla soglia fissata dalla decisione della Commissione Europea dell’1.5.1999, dovendo, invece, la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria “de minimis” su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo aiuto e comprendendovi qualsiasi aiuto pubblico accordato sotto qualsiasi forma, fermo restando che, in caso di superamento della soglia, riacquistava vigore in pieno la disciplina del divieto che involgeva l’intera somma, la quale doveva essere recuperata per l’intero e non solo per la parte eccedente la soglia di tolleranza;
6. il primo motivo è infondato. La Corte d’appello, infatti, ha evidenziato come il primo giudice avesse ritenuto di accogliere la domanda non perché l’importo dei contributi chiesti in restituzione fosse inferiore al limite previsto per l’operatività della regola del ” de minimis” ma perché: i contributi ammontavano per il periodo 1997 -2000 ad euro 57.000,00 (oltre sanzioni ed interessi), importo ben al di sotto di euro 100.000,00; l’INPS aveva dichiarato di averli calcolati attraverso la verifica dei singoli mod. DM10 tenendo conto anche di altri contributi diversi dai cd. “aiuti di Stato”; l’istituto non aveva specificamente contestato l’affermazione della opponente di non aver goduto di altri aiuti di Stato. Quindi, ha sottolineato che nell’appello in sostanza si sosteneva che era onere della O. di provare la ricorrenza degli elementi costitutivi del diritto agli sgravi, ma non si censuravano specificamente le riportate argomentazioni contenute nella impugnata sentenza la quale, nella sostanza, aveva ritenuto provato dall’opponente società di aver fruito di aiuti di Stato in misura complessivamente inferiore ad euro 100.000,00 nel triennio. E’, dunque, evidente come il motivo del gravame fosse del tutto disallineato e generico rispetto alle motivazioni della sentenza del Tribunale e, quindi, corretta appare la statuizione della Corte territoriale;
7. il rigetto del primo motivo assorbe il secondo che, comunque, sarebbe stato infondato avendo la O. provato di aver fruito nel triennio di aiuti di Stato in misura complessivamente non superiore ad euro 100.000,00 e, dunque, la ricorrenza dei presupposti indicati nel motivo come necessari per l’applicazione della regola del ” de minimis”;
8. con l’unico motivo del ricorso incidentale l’O. s.p.a. deduce la violazione dell’art. 2697 cod. civ. (in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.) assumendo che il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui l’onere della prova circa la sussistenza delle specifiche condizioni concretizzanti l’applicabilità della regola del ” de minimis” deve essere a carico di chi la invoca non poteva essere condiviso in quanto l’azione intrapresa dall’INPS era da qualificare come mera azione di esecuzione di una pronuncia assimilabile a quella giudiziaria e, quindi, era sull’istituto che doveva incombere l’onere di individuare gli aiuti ritenuti concessi in violazione del regime comunitario relativo agli “aiuti di Stato” e recuperare solo quelli ritenuti illegittimi.
La società, quindi, ripropone i motivi di opposizione alla cartella ribaditi nell’appello incidentale ed assorbiti dal rigetto dell’appello principale;
9. il rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento del ricorso incidentale, cui la O. non ha più interesse.
10. alla luce di quanto esposto il ricorso principale va rigettato, assorbito quello incidentale;
10. le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in favore della O. s.p.a.; nulla per le spese nei confronti di Equitalia Sud s.p.a. e della Presidenza del Consiglio dei Ministri rimasti intimati;
11. sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi);
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale, condanna l’INPS alle spese del presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%;
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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