CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 febbraio 2020, n. 3264

Tributi – IRPEF – Incentivo all’esodo volontario – Tassazione agevolata – Condizioni – Rimborso maggiori ritenute operate – Onere di prova a carico del contribuente

Ritenuto che

La controversia in oggetto riguarda l’impugnativa del silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso del 50% delle ritenute Irpef operate dal sostituto d’imposta – Banco di Sicilia – al momento dell’esodo volontario di B.S., nonché sulle somme liquidate a titolo di TFR (anno 2003). Con la decisione in epigrafe, la CTR ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTP di Palermo n. 479/12/10, che aveva disposto il rimborso dell’imposta indebitamente trattenuta dall’Agenzia delle Entrate nell’entità del 50% della ritenuta operata da Banco di Sicilia.

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Nessuna attività difensiva ha svolto il contribuente.

Considerato che

1. Con il primo motivo, l’Agenzia delle Entrate assume la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 D.Lgs. n. 546 del 1992, 132 comma 2, n. 4, 112 cod. proc. civ., in rapporto all’art. 360, comma 1 n. 4, cod. proc. civ., sotto il profilo del difetto di motivazione della gravata sentenza estrinsecantesi in argomentazioni inidonee a rivelare la ratio decidendi.

2. Con il secondo motivo, assume la violazione e falsa applicazione degli artt. 16, comma 1, lettera a), 17 comma 4 bis e 48, comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986, 59, comma 3 della I. n. 449 del 1997, in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. per non aver la CTR considerato che il contribuente ha chiesto il rimborso senza specificare il quantum della somme corrisposte al fine di incentivare l’esodo, come recita il comma 4 bis dell’art. 17 t.u.i.r., in vigore fino al 4 luglio 2006, pur avendo usufruito dell’assegno straordinario per il sostegno al reddito, in forma rateale, forma di corresponsione alternativa rispetto all’assegno straordinario in un’unica soluzione, ex art. 5, comma 1, lett. b), d.m n. 158 del 28 aprile 2000.

3. Col terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nonché dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., non avendo la CTR fatto buon governo delle regole di riparto dell’onere probatorio, secondo cui è onere del contribuente che chiede il rimborso allegare la prova dell’assenza delle condizioni costituenti il presupposto impositivo; rileva che la normativa agevolativa è applicabile solo qualora l’offerta del datore di lavoro a corrispondere maggiori somme sia rivolta alla generalità dei dipendenti in possesso dei requisiti previsti dalla norma, richiamando giurisprudenza (Cass. Civ. n. 9139 del 2006) secondo cui è necessario un piano collettivo stabilito dall’azienda per incentivare l’esodo a più dipendenti escludendosi la possibilità di esodi individuali. Deduce, in ogni caso, che il contribuente non ha in concreto dimostrato che le somme ricevute per la cessazione volontaria del rapporto siano state corrisposte a titolo di incentivo all’esodo e non altro titolo.

4. Il primo motivo è infondato.

Le motivazioni addotte dalla Commissione Regionale nella gravata sentenza, consentono senz’altro di individuare la loro “ratio decidendi” in quanto enunciano, in maniera obiettivamente adeguata, le ragioni che, sia sul piano logico che su quello giuridico, hanno portato al rigetto dell’appello dell’Ufficio; in particolare, nella sentenza n. 707/29/15, la Commissione Regionale, dopo dedicato la prima parte della motivazione all’esposizione dei motivi di appello delimitando l’oggetto della controversia in relazione ad essi, ha sufficientemente e chiaramente motivato la sua decisione, superando la prospettazione dell’appellante – secondo cui le somme corrisposte come incentivo all’esodo non hanno natura liberale o premiale né eccezionale ma costituirebbero reddito di lavoro di pendente in quanto tali non esentabili da imposta ma soggette a tassazione separata – sul rilievo che la retribuzione del lavoratore subordinato è funzionale alle attività effettivamente svolte come da contratto di lavoro; vieppiù, ha sottolineato che gli incentivi all’esodo e l’applicazione dell’aliquota agevolata della metà di quella applicata per il trattamento di fine rapporto, prescinde dall’accordo collettivo, potendo essere diretta anche a lavoratori singoli, proprio perché si inquadrano nell’ambito di misure urgenti della finanza pubblica sottese alla razionalizzazione delle risorse aziendali. E’ evidente, dunque, che la motivazione della sentenza di cui in epigrafe ha rispettato i canoni di sufficienza, di logicità e di chiarezza, senza incorrere nel vizio denunciato, di cui all’art. 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., che sussiste solo quando il giudice non indichi affatto le ragioni del proprio convincimento.

5. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso vengono esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, riguardando entrambi i presupposti di legge e il relativo onere probatorio per ottenere il rimborso della imposta che si assume indebitamente trattenuta. Essi sono fondati e vanno accolti per le ragioni di cui appresso.

6. Con essi l’Amministrazione ricorrente deduce, la violazione di legge perché il contribuente avrebbe richiesto il rimborso del 50% di tutte le somme del TFR senza specificare il quantum delle somme corrisposte per tale incentivo pur avendo usufruito dell’assegno straordinario per il sostegno al reddito in forma rateale, nonché l’error in procedendo per difetto dell’attività valutativa del giudice a quo che non avrebbe considerato la totale carenza di documentazione attestante le ragioni del rimborso, nonostante fosse onere del contribuente fornirne prova. In particolare, l’Amministrazione ricorrente deduce che la CTR avrebbe omesso di considerare che: 1) le somme corrisposte non sono mai state classificate quale assegno straordinario per il sostegno al reddito; 2) l’assenza di qualsivoglia riferimento ai requisiti oggettivi e soggettivi del lavoratore, nonché di elementi oggettivi di ristrutturazione aziendale; 3) le somme sono state corrisposte dal Banco di Sicilia e non dal Fondo di solidarietà/Inps.

7. La sentenza impugnata, afferma che l’imposta trattenuta dall’Agenzia delle Entrate e, quindi, l’istanza di rimborso del contribuente, riguarda “Il 50% della ritenuta operata dal Banco di Sicilia (ex datore di lavoro), in occasione della corresponsione dell’incentivo all’esodo e del TFR, oltre interessi e rivalutazione” (v. pag. 1 della sentenza); nella parte motiva, ritiene infondato l’appello dell’Amministrazione in quanto basato sull’erroneo rilievo che le somme corrisposte per l’incentivo all’esodo non avessero natura liberale (v. pag. 3-4- della sentenza).

8. Orbene, va in primo luogo evidenziato che, trattandosi di istanza di rimborso, non v’è dubbio che è il lavoratore tenuto a dimostrare, mediante idonea documentazione, che l’erogazione del contributo è avvenuta a titolo di incentivo all’esodo. (Sez. 5, Ordinanza n. 21770 del 07/09/2018, Rv. 650104-01). In tal senso, la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che è dovere del giudice di merito quello di verificare la sufficienza della documentazione prodotta a sostegno delle ragioni creditorie (da rimborso) allegate dal contribuente, con un giudizio di merito che, se congruamente e logicamente motivato – è incensurabile in sede di legittimità (Cass. n. 23696 del 2007).

La CTR, tuttavia, alcun apprezzamento ha compiuto circa gli elementi di prova forniti dal contribuente a sostegno dell’istanza di rimborso del 50% delle ritenute Irpef operate dal sostituto d’imposta – Banco di Sicilia – al momento dell’esodo volontario, sebbene abbia dato atto che il contribuente avesse chiesto (ed ottenuto) il rimborso indistinto del 50% delle somme versate, con riferimento, pur esso indistinto, a quanto percepito per incentivo individuale all’esodo e a quanto percepito come normale TFR, dimenticando che quest’ultimo sia soggetto alla tassazione separata con aliquota integrale e non dimezzata.

9. Non v’è dubbio, dunque, che i secondi giudici abbiano completamente omesso di verificare – in base agli elementi di prova che il contribuente aveva l’onere di allegare per fondare l’istanza di rimborso – se l’imposta fosse stata indebitamente trattenuta dall’Amministrazione erariale, differenziando e quantificando, a tal fine, le somme corrisposte dal datore di lavoro a titolo di incentivo all’esodo e quelle corrisposte a titolo di TFR.

10. In tal senso questa Corte da tempo afferma che le somme corrisposte dal datore di lavoro, in aggiunta alle spettanze di fine rapporto, come incentivo alle dimissioni anticipate del dipendente, costituiscono reddito di lavoro dipendente, essendo predeterminate al fine di rimunerare il consenso del lavoratore alla risoluzione anticipata del rapporto, in funzione del ristoro di un lucro cessante e che le stesse sono assoggettate alla tassazione separata alla stregua delle “altre indennità e somme” di cui all’art. 16, primo comma, lettera a), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (nel testo “ratione temporis” vigente), percepite “una tantum” in dipendenza della cessazione del rapporto di lavoro (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 13777 del 31/05/2013, Rv. 627123-01).

11. Si evidenzia, altresì, che la giurisprudenza è ferma nel ritenere che l’art. 19 (già art. 17), comma 4-bis, del d.P.R. n. 917 del 1986 (nella formulazione vigente “ratione temporis”), che ha introdotto per i contributi d’incentivo all’esodo dei lavoratori dipendenti un’aliquota dimezzata rispetto a quella per il trattamento di fine rapporto, si applica alle somme corrisposte al lavoratore a titolo d’incentivo per le dimissioni anticipate indipendentemente dal carattere individuale o collettivo della corrispondente pattuizione. (v. Sez. 5, Ordinanza n. 33628 del 28/12/2018, Rv. 652129-01 che ha applicato la relativa normativa agevolativa in riferimento ad una pattuizione contenente un generico riferimento ad un accordo transattivo tra datore di lavoro e lavoratore). Inoltre, al fine di favorire l’obiettivo del legislatore di razionalizzare le risorse aziendali e creare nuove opportunità di lavoro, la giurisprudenza è unanime nel ritenere che l’art. 19 (già art. 17), comma 4-bis, del d.P.R. n. 917 del 1986, è applicabile a tutti i lavoratori i quali abbiano superato una determinata età anagrafica, anche se non in possesso dei requisiti minimi per l’età pensionabile e che il suo ambito operativo non può essere ridotto con l’inserimento negli accordi aziendali di limiti non contemplati dalla legge (come, nella specie, un termine temporale per la manifestazione dell’adesione dei lavoratori alla possibilità di esodo), in quanto, ai fini del riconoscimento dell’agevolazione, le aziende non sono tenute a prevedere piani ed incentivi generalizzati o indirizzati ad una pluralità di destinatari (cfr. Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 24313 del 29/11/2016, Rv. 641759-02; Sez. 6-5, Sentenza n. 19626 del 17/09/2014, Rv. 632461- 01).

12. Per le suesposte ragioni, deve essere rigettato il primo motivo e devono essere accolti il secondo ed il terzo motivo di ricorso. In conseguenza dell’accoglimento del secondo e terzo motivo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR della Sicilia, in diversa composizione, perché proceda ad un nuovo esame della controversia; il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, in relazione ai quali cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Sicilia, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del presente giudizio.