CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 gennaio 2019, n. 518
Lavoro – Contratto a termine – Accertamento della natura a tempo indeterminato del rapporto – Causale sostitutiva di personale assente per ferie – Onere probatorio
Rilevato che
La Corte d’Appello di Bologna confermava la pronuncia del giudice di prima istanza che aveva respinto le domande proposte da N.R. nei confronti della Cooperativa Sociale a r.l. Onlus V.M.G. volte a conseguire la declaratoria di illegittimità del termine apposto al contratto concluso nel giugno 2004, l’accertamento della natura a tempo indeterminato del rapporto, l’inefficacia o illegittimità del licenziamento intimato il 19/9/2004 e la condanna della cooperativa al ripristino del rapporto ed al pagamento delle retribuzioni spettanti.
La Corte di merito perveniva a tali conclusioni sulla scorta dei seguenti rilievi:
a) risultava dimostrato ex actis – per avere la parte datoriale assolto al relativo onere probatorio – che il contratto inter partes era stato stipulato in data coincidente con l’inizio della prestazione lavorativa da parte della ricorrente (1/6/2004), non risultando la testimonianza resa dal coniuge di quest’ultima, idonea a scalfire il peso probatorio del documento versato in atti;
b) risultava altresì provata per iscritto, la preesistenza dell’atto di valutazione dei rischi previsto dall’art. 3 d. lgs. n. 368/2001 rispetto alla stipula del contratto a termine, sottoscritto in data 10/10/2001 oltre che dal datore di lavoro, anche dal responsabile servizio prevenzione e protezione, dal medico competente e dal rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e successivamente aggiornato, alla stregua del verbale della riunione di sicurezza 29/9/2003;
c) parimenti, la causale sostitutiva di personale assente per ferie era da reputarsi adeguatamente specifica ed effettivamente dimostrata alla stregua di una interpretazione logica della dicitura “sostituzione del dipendente assente per ferie”, corroborata dagli elementi di natura testimoniale e documentale acquisiti, in base ai quali la sostituzione doveva intendersi riferita a ciascun dipendente nel rispettivo periodo feriale. Quanto alla contestazione della ricorrente in ordine al venir meno della sostituzione per due dipendenti – che nel luglio e nel settembre 2004 rispettivamente, erano cessate dal servizio ed avevano mutato il titolo dell’assenza – detta causale era da ritenersi comunque sussistente, non essendo stata dimostrata la previsione o la prevedibilità di detti eventi sopravvenuti rispetto alla stipula del contratto.
Avverso tale decisione N.R. interpone ricorso per cassazione sostenuto da cinque motivi. La parte intimata non ha svolto attività difensiva.
Considerato che
1. Con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 2697 e 2727 c.c. nonché degli artt. 420, 421, 429, 437 c.p.c. ex art. 360 comma primo n. 3 c.p.c. con conseguente nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 comma primo n. 4 c.p.c.
Si critica la sentenza impugnata per aver ritenuto accertata la data di sottoscrizione del contratto nonostante la parte datoriale avesse prodotto il documento in copia, non ottemperando all’ordine del giudice di prima istanza di produrre l’originale, atteso che dalla copia in possesso della lavoratrice, risultava l’invio del contratto di lavoro in epoca successiva. Ci si duole che la Corte di merito, in base ad argomentazioni del tutto illogiche, non abbia tenuto debitamente conto della dichiarazione resa dal coniuge della ricorrente, conferendo maggiore peso probatorio ad altro testimone, dipendente della società e responsabile del personale addetto al servizio di assistenza.
2. Il motivo va disatteso per plurime concorrenti ragioni.
Non può tralasciarsi di considerare, innanzitutto, che esso reca la contemporanea deduzione di violazione di plurime disposizioni di legge, di errores in procedendo nonché di vizi di motivazione (cfr. pag. 29) senza alcuna specifica indicazione di quale errore, tra quelli dedotti, sia riferibile ai singoli vizi che devono essere riconducibili ad uno di quelli tipicamente indicati dal comma 1 dell’art. 360 c.p.c., così dando luogo all’impossibile convivenza, in seno al medesimo motivo di ricorso, di censure caratterizzate da irredimibile eterogeneità secondo una tecnica redazionale più volte stigmatizzata da questa Corte (vedi ex aliis, Cass. SS.UU. 24/7/2013 n. 17931 ed in motivazione, Cass. 13/7/2016 n. 14317).
In via ulteriore, va rimarcato che mediante vizi di violazione di legge, denunciati promiscuamente anche ai sensi del n. 4 e 5 art. 360 comma primo c.p.c., in realtà la ricorrente lamenta principalmente una erronea valutazione dei dati istruttori acquisiti che, se rettamente apprezzati, avrebbero dovuto escludere la contemporaneità della stipula del contratto rispetto all’inizio della prestazione lavorativa.
Preme rilevare al riguardo, che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr. ex plurimis, Cass. 11/1/2016 n. 195, Cass. 16/7/2010 n. 16698); ed in tale prospettiva, le critiche non appaiono rispettose dei dettami sanciti dall’art. 360 n. 5, come novellato dal d.l. 22/6/12 n. 83 conv. in L. 7/8/12 n. 134.
Deve infatti considerarsi che il nuovo testo dell’art. 360 cod. proc. civ., n.5 applicabile alla fattispecie ratione temporis, introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). L’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
La parte ricorrente deve indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la “decisività” del fatto stesso” (Cass. sez. un. 22/9/2014 n. 19881, Cass. sez. un. 7/4/2014 n. 8053). In questa prospettiva, proseguono le Sezioni Unite, la scelta operata dal legislatore è quella di limitare la rilevanza del vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di, legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge: e ciò accade solo quando il vizio di motivazione sia così radicale da comportare la nullità della sentenza per “mancanza della motivazione”.
Pertanto, l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità quale violazione di legge costituzionalmente rilevante attiene solo all’esistenza della motivazione in sè, e si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”.
Nello specifico, come fatto cenno nello storico ai lite, la Corte distrettuale ha argomentato compiutamente in ordine alle questioni oggetto di doglianza. Ha ritenuto non esaustiva la testimonianza resa dal P., coniuge della ricorrente, ritenendo poco verosimile – dato il tempo trascorso (quattro anni dal verificarsi dei fatti) – il ricordo del giorno esatto (4/6/2004) in cui la moglie gli avrebbe mostrato il contratto sottoscritto con la cooperativa e gli avrebbe riferito di averlo sottoscritto il giorno precedente; nel contempo ha dedotto che tali dichiarazioni, già di per sé poco credibili, erano state in qualche modo contraddette dalla dichiarazione della teste T., dipendente della società, che aveva descritto la prassi adottata di sottoscrivere i contratti lo stesso giorno dell’inizio della attività di lavoro.
Appare, allora, evidente che il tessuto motivazionale che sostiene la pronuncia impugnata, non risponde ai requisiti della assoluta omissione o della irredimibile contraddittorietà che avrebbero giustificato, secondo il ricordato insegnamento, l’esercizio di un sindacato in questa sede di legittimità.
3. Il secondo motivo prospetta violazione dell’art. 3 c. 1 d. lgs. n. 368/2001, dell’art. 4 d. lgs. n. 626/1994 e 112 c.p.c. ex art. 360 comma primo n. 3 c.p.c. con conseguente nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 comma, primo n. 4 c.p.c.
Si critica la statuizione con la quale i giudici del gravame hanno ritenuto comprovata altresì la preesistenza del documento di attestazione dei , rischi rispetto alla instaurazione del rapporto di lavoro fra le parti, tralasciando di considerare le censure mosse dall’attrice in ordine alla correttezza della valutazione.
4. Anche questa censura presenta le medesime criticità, con riferimento alla promiscuità che connota tecnica redazionale, rilevate in relazione al motivo che precede; del pari, evidenzia profili che attengono esclusivamente al giudizio di merito e non risultano scrutinabili nella presente sede, onde sotto tale profilo, la pronuncia resiste alla censura all’esame.
5. Con il terzo motivo è denunciata violazione degli artt. 1362, 1365, 2697, 2727 c.c. nonché degli artt. 416, 420, 421, 429, 437 c.p.c. ex art. 360 comma primo n. 3 c.p.c., nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 comma primo n. 4 c.p.c. ed omessa motivazione della sentenza ex art. 360 comma primo n. 5 c.p.c.
Si critica l’interpretazione della causale sostitutiva accreditata dal giudice del gravame che si assume condotta in violazione delle regole ermeneutiche di interpretazione dei contratti, ribadendosi la tesi secondo cui tale contratto – laddove l’assunzione era prevista per la “sostituzione del dipendente assente per ferie” – sarebbe stato riferibile alla sostituzione di un’unica dipendente in relazione al suo periodo di ferie.
La Corte avrebbe violato le regole summenzionate valorizzando elementi extratestuali irrilevanti, stravolgendo il senso delle dichiarazioni testimoniali ed omettendo di motivare la asserzione relativa alla specificità della causale.
6. Anche questo motivo non è ammissibile.
Ed invero, nonostante l’invocazione solo formale di violazioni o false applicazioni di norme, nella sostanza tutte le censure investono l’accertamento in fatto compiuto dai giudici del merito in ordine alla ritenuta sussistenza del giustificato motivo oggettivo di licenziamento; tale accertamento non è suscettibile di sindacato in questa sede di legittimità perché prospettato attraverso un rinnovato apprezzamento del merito ben oltre i limiti imposti dall’art. 360 co. 1, n. 5, novellato, così come rigorosamente interpretato da Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 7/4/2014.
7. Il quarto motivo concerne la violazione dell’art. 1 d. lgs. n.368/2001 e degli artt. 115- 116 c.p.c. ex art. 360 comma primo n. 3 c.p.c., nonché nullità del procedimento e della sentenza ai sensi dell’art. 360 comma primo n. 4 c.p.c. La ricorrente contesta ancora una volta il giudizio espresso dalla Corte di merito in ordine alla legittimità del termine apposto al contratto inter partes, anche laddove ha ritenuto che la durata della sostituzione fosse individuabile, quanto al termine finale, attraverso il prospetto ferie allegato al contratto ed affisso in bacheca; ciò sul rilievo che tali conclusioni si fondavano sulla base di prove non desumibili dalle deposizioni testimoniali raccolte.
8. Il motivo per come formulato, non si sottrae ad un giudizio di inammissibilità, sia per la promiscua tecnica espositiva, sia perché tende comunque a sindacare l’iter motivazionale percorso dal giudice del gravame secondo modalità non consentite nella presente sede, per quanto innanzi detto.
Ed infatti i giudici del gravame nello svolgimento della attività di ermeneutica contrattuale, facendo leva non solo sul criterio letterale, ma anche su quello logico-sistematico sancito dagli artt. 1362- 1363 c.c., ha ritenuto, che l’assunzione fosse stata disposta per la sostituzione di ciascun dipendente nel rispettivo periodo feriale. Era infatti “significativo,’ dal punto di vista logico, come fosse assai improbabile…che un unico dipendente potesse godere di ferie ininterrottamente dal 1° giugno a metà settembre…II periodo a cui si riferisce l’assunzione…avvalora l’assunto della causale sostitutiva di ciascun dipendente nei rispettivi e consecutivi periodi feriali, come elencati nel documento n.3 (cfr. fascicolo di parte convenuta). La causale sostitutiva dei dipendenti consecutivamente in ferie appare pertanto specifica ed effettivamente sussistente”.
La statuizione impugnata, sostenuta da congrua motivazione, sfugge, pertanto, alla articolata censura.
9. Con il quinto motivo si denuncia violazione dell’art.1 d. lgs. n. 368/2001, dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 416, 420, 421, 429, 437 c.p.c. ex art. ex art. 360 comma primo nn. 3-4 c.p.c.
Si lamenta che la Corte di merito non abbia preso in esame alcune censure proposte con il ricorso in appello, quali quella della mancata deduzione a prova della effettività della sostituzione delle persone con la quale la ricorrente avrebbe dovuto avvicendarsi durante le ferie e quella della avvenuta sostituzione per molti giorni, di dipendenti assenti per motivi diversi dalle ferie, disattendendo le istanze istruttorie formulate e ponendo per di più a carico del lavoratore l’onere di dimostrare la prevedibilità del possibile venir meno della causale sostitutiva.
10. Il motivo va disatteso, palesando le medesime carenze concernenti la tecnica redazionale riscontrate in relazione ai motivi che precedono. Esso si risolve nel sindacato di scelte interpretative operate dal giudice di merito in tema di scrutinio del materiale probatorio, riservate alla .sua sfera di discrezionalità, ove sorrette, come nella specie – secondo quanto riferito nello storico di lite – da motivazione che gli stringenti limiti posti dal novellato n. 5 comma primo dell’art. 360 c.p.c. non consentono di inficiare.
Deve, pertanto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Nessuna statuizione va emessa sulle spese del presente giudizio, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi dell’art. 1 co. 17 L. 228/2012 (che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 DPR 115/2002) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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