CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 gennaio 2019, n. 582
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Riscossione – Contenzioso tributario
La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016, osserva quanto segue:
La Commissione tributaria regionale del Piemonte, con sentenza in data 3 marzo 2017, in riforma della decisione di primo grado, ha annullato gli avvisi di accertamento emessi a carico della società L.D. Service di L.E. e C. s.n.c. e dei soci L.D. ed E.L. L., per la ripresa a tassazione di IRPEF e altri tributi relativi all’anno d’imposta 2007.
Riteneva la CTR che il verbale di accesso ai locali dell’impresa per il compimento di talune attività ed acquisizioni documentali del 10 luglio 2012 aveva determinato l’obbligo dell’Ufficio — nella specie non adempiuto – di consegnare il processo verbale di chiusura delle operazioni contenente le contestazioni delle violazioni accertate. I successivi verbali redatti dimostravano soltanto che le operazioni dell’Ufficio furono ultimate il 17 dicembre 2012, appena quattro giorni prima dell’emissione dell’avviso di accertamento. Ne conseguiva la nullità dell’atto impositivo perché emesso senza la preventiva consegna del verbale di chiusura delle operazioni, precludendo così ai contribuenti di conoscere le conclusioni definitive dell’Ufficio e di formulare eventuali osservazioni e richieste, con conseguente mancato rispetto del termine dilatorio sessanta giorni di cui all’art. 12, comma 7, L. n. 212/2000.
Avverso la suddetta sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, al quale hanno resistito con controricorso le parti intimate.
La ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, L. n. 212/2000, nonché degli artt. 51 e 52, comma 6, d.P.R. n. 633/1972, 32 e 33 d.P.R. n. 600/1973. Sostiene la ricorrente che la CFR non aveva considerato che, ai fini del decorso del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, L. n. 212/2000, era sufficiente l’emissione di un verbale di accesso nei locali, comunque denominato, anche solo meramente descrittivo delle attività compiute dai verbalizzanti; nella specie, pertanto, risultava ampiamente rispettato il termine di sessanta giorni previsto dall’art. 12 cit., posto che il verbale di accesso ai locali dell’impresa recava la data del 10 luglio 2010 e l’avviso di accertamento era stato notificato il 27 dicembre 2012. Né assumeva rilievo il processo verbale di contraddittorio del 17 dicembre 2012, riguardante attività accertativa effettuata esaminando presso i locali dell’Agenzia delle entrate la documentazione acquisita tramite indagini bancarie, documentazione sulla quale la parte era stata invitata a fornire chiarimenti, trattandosi di accertamento c.d. a tavolino, per il quale non rilevava l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale.
Il ricorso è fondato.
Questa Corte ha ritenuto che in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 52 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, impone la redazione del processo verbale di chiusura delle operazioni in ogni caso di accesso o ispezione nei locali dell’impresa, ivi compresi gli atti di accesso finalizzati alla raccolta di documentazione, e solo dal rilascio di copia del predetto verbale decorre il termine di sessanta giorni trascorso il quale può essere emesso l’avviso di accertamento ai sensi dell’art. 12, 7° comma, l. 27 luglio 2000 n. 212 (Cass. n. 7843/2015); in tema di accertamento tributario, la redazione del verbale di verifica e di quello conclusivo delle operazioni è richiesta dall’art. 52, comma 6, del d.P.R. n. 633 del 1972 (applicabile non solo in materia di IVA ma anche di imposte dirette, in virtù del richiamo operato dall’art. 33, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973) esclusivamente nelle ipotesi di accesso finalizzato all’acquisizione di documentazione, e non anche in quello di accertamenti documentali c.d. a tavolino, espletati autonomamente dall’Amministrazione finanziaria nei propri uffici (Cass. n. 8246/2018).
In modo più specifico rispetto alla vicenda qui esaminata, questa Corte ha poi affermato che: la l. n. 212 del 2000, articolo 12, comma 7, non prevede alcuna distinzione, nemmeno in via interpretativa, tra verbale di chiusura di operazioni di controllo o di mero accesso istantaneo finalizzato ad acquisire documentazione e pertanto risulta arbitrario applicare il termine di 60 giorni distinguendo a seconda del tipo di operazione svolta dall’Ufficio (Cass. n. 15624/2014); la redazione di un verbale è sempre necessaria, anche in caso di mera acquisizione di documentazione, alla luce del chiaro disposto del d.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 6, per cui «di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute. Il verbale deve essere sottoscritto dal contribuente o da chi lo rappresenta ovvero indicare il motivo della mancata sottoscrizione. Il contribuente ha diritto di averne copia» (Cass. n. 20770/2013, Cass. n. 18390/2018); è legittimo l’avviso di accertamento emesso dopo sessanta giorni dal rilascio del processo verbale di accesso e acquisizione della documentazione presso la sede del contribuente, consentendo così l’instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale in relazione alla verifica in loco, anche se il controllo fiscale è poi proseguito e materialmente avvenuto presso l’ufficio tributario (Cass. n. 6527/2016).
Orbene, risulta evidente l’errore nel quale è incorso il giudice di appello nel considerare che dalla redazione del verbale del 10 luglio 2012, relativo all’acquisizione di documentazione presso i locali dell’impresa, non potesse decorrere il termine dilatorio in favore del contribuente, facendo da ciò derivare l’illegittimità degli avvisi di l’accertamento notificati il 27 dicembre 2012. Tale conclusione è infatti errata in diritto, avendo l’Agenzia delle entrate esposto nel processo verbale del 10 luglio 2012, riprodotto in ricorso in ossequio al principio di autosufficienza, il contenuto delle attività svolte dall’Ufficio e dal contribuente, unitamente all’acquisizione di documentazione, con esplicita indicazione della possibilità per il contribuente di formulare osservazioni nel termine dilatorio di cui al comma 7 dell’art. 12 l. n. 212/2000. Tutto ciò in piena osservanza dei principi giurisprudenziali sopra evocati, essendo stato ampiamente rispettato il termine dilatorio di sessanta giorni tra la redazione del verbale del 10 luglio 2012 e la notifica degli avvisi di accertamento, risalente al 27 dicembre 2012.
Non è, peraltro, applicabile al caso di specie l’ulteriore principio espresso da questa Corte, a cui tenore in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, ove siano eseguiti più accessi nei locali dell’impresa per reperire documentazione strumentale all’accertamento, il termine di sessanta giorni di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 decorre dall’ultimo accesso, in quanto postula il completamento della verifica e la completezza degli elementi dalla stessa risultanti, essendo posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio, in modo da attribuire al contribuente un lasso di tempo sufficiente a garantirgli la piena partecipazione al procedimento e ad esprimere le proprie valutazioni (Cass. n. 18110/2016).
Ed infatti, proprio dalla lettura del verbale del 17 dicembre 2012, riprodotto ai fini del rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, si evince con chiarezza che detto verbale, per l’un verso, non fu eseguito presso i locali del contribuente ma all’interno degli uffici dell’Agenzia delle entrate e, per altro verso, riguardò l’acquisizione di informazioni da parte del contribuente relative a movimentazioni bancarie. Questioni, dunque, che esulavano dalla verifica in loco svolta dall’Ufficio, non essendo per tali attività applicabile il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000 (Cass. S.U. n. 24823/2015).
Sulla base di tali considerazioni, idonee a superare i rilievi difensivi esposti dai controricorrenti, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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