CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 gennaio 2022, n. 573
Cartella esattoriale – Premi assicurativi Inail – Notifica – Soggetto non abilitato – Opposizione sul mancato rispetto delle modalità della notifica
Rilevato che
Il 18 dicembre 2013 E.C. s.p.a. notificò ad I.L. s.c.a.r.l. un’intimazione di pagamento della somma di Euro 10.354,54, relativa a premi assicurativi INAIL oggetto di cartella esattoriale risalente al 2 maggio 2003, non impugnata;
l’ingiunta propose opposizione dinanzi al Tribunale di Pescara, in funzione di giudice del lavoro, deducendo, sotto il profilo formale, l’inesistenza giuridica dell’intimazione (in quanto notificata da soggetto non abilitato) e, sotto il profilo sostanziale, la prescrizione del presunto credito per maturazione del termine quinquennale o di quello decennale;
costituitisi l’INAIL ed E.C. s.p.a., il tribunale adito rigettò la domanda e condannò la ricorrente a rimborsare ad entrambi i convenuti le spese del giudizio;
provvedendo sul gravame interposto da I.L. s.c.a.r.l., la Corte di appello dell’Aquila ha confermato la decisione, sui rilievi:
– che l’eccezione di nullità della notifica dell’intimazione di pagamento effettuata a mezzo Posta Elettronica Certificata, anziché mediante raccomandata – eccezione sollevata dall’appellante sul presupposto che l’art.26 d.P.R. n. 602/1973 non consentisse l’utilizzo di tale mezzo all’agente della riscossione – era infondata, in quanto, per effetto delle modifiche introdotte dall’art.38, comma 4, lett. b), del d.l. n. 78 del 2010, convertito nella legge n. 122 del 2010, il citato art. 26 prevedeva espressamente che gli agenti della riscossione potessero eseguire la notifica delle cartelle esattoriali a mezzo PEC;
– che, in ogni caso, l’opposizione fondata sul mancato rispetto delle modalità della notifica della cartella, integrando un’impugnazione per vizi formali, configurava opposizione agli atti esecutivi, da proporre nel termine perentorio di venti giorni, nella specie disatteso;
– che, inoltre, con riguardo all’eccepita prescrizione, la pretesa oggetto dell’intimazione di pagamento, in quanto fondata su una cartella esattoriale divenuta definitiva a seguito di mancata opposizione, doveva ritenersi soggetta al termine decennale e non a quello quinquennale, dovendo distinguersi tra diritto di credito alla contribuzione previdenziale (ormai non più soggetto ad estinzione per prescrizione) e azione diretta all’esecuzione del titolo definitivamente formatosi, per la quale, non essendovi una specifica norma di legge, si sarebbe dovuto applicare il termine prescrizionale ordinario di cui all’art. 2946 c.c., in conformità, inoltre, con quanto prescritto per l’actio iudicati dall’art. 2953 c.c.;
– che, infine, la prescrizione decennale era stata efficacemente interrotta mediante la notificazione della precedente intimazione di pagamento del 20 maggio 2011, la quale, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, non poteva reputarsi nulla per essere stata effettuata nelle forme di cui all’art. 143 c.p.c. in difetto dei presupposti di legge, essendo stata invece ritualmente eseguita al domicilio fiscale dell’appellante, ai sensi dell’art. 60, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 603 del 1970;
avverso la sentenza della Corte aquilana, I.L. s.c.a.r.l. in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi; hanno resistito con controricorso l’INAIL ed Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a.; i controricorrenti hanno depositato memoria.
Considerato che
1. con il primo motivo («violazione o falsa applicazione di norme di diritto: errore nell’interpretazione/applicazione dell’art.38, c. 4, lettera b), del d.l. n. 78/2010, convertito con modificazioni dalla I. 122/2010») la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto rituale la notifica dell’intimazione di pagamento effettuata a mezzo PEC sulla base del disposto di cui all’art.78, comma 4, lett. b), del d.l. n. 78 del 2010. Deduce che tale previsione generale non avrebbe consentito, nel caso di specie, di escludere la nullità o l’inesistenza della predetta notificazione, in assenza della verifica giudiziale di conformità tra la copia informatica allegata alla PEC e l’originale della cartella di pagamento; ciò, in quanto la consegna al contribuente della cartella originale sarebbe assicurata solo con la notifica a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, mentre non sarebbe consentita con la notifica a mezzo PEC, per effetto della quale viene trasmessa solo una copia informatica non proveniente da un pubblico ufficiale e priva di attestazione di conformità;
2. con il secondo motivo («violazione o falsa applicazione di norme di diritto: errore nell’interpretazione dell’art.617 c.p.c.») I.L. s.c.a.r.l. censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che il vizio di notifica della cartella di pagamento avrebbe dovuto essere dedotto nel termine di venti giorni, quale oggetto di opposizione agli atti esecutivi ex art.617 c.p.c.. Deduce che, al contrario, essendo stata eccepita, unitamente all’irregolarità formale, anche l’estinzione per prescrizione della pretesa creditoria, il rimedio esperito si qualificava come opposizione all’esecuzione, proponibile senza limiti di tempo;
3. con il terzo motivo («violazione o falsa applicazione di norme di dell’art. 2953 c.c.») la ricorrente critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto applicabile alla pretesa creditoria esercitata nei suoi confronti il termine prescrizionale decennale, anziché quello quinquennale. Deduce, per un verso, l’inapplicabilità, alle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria, della disciplina ordinaria di cui all’art.2946 c.c. (essendo le stesse regolate dalla norma speciale contenuta nell’art. 3, comma 9, della legge 8 agosto 1995, n. 335) e, per altro verso, l’impossibilità di estendere analogicamente, alla fattispecie della cartella non opposta, la disciplina dell’art.2953 c.c., prevista per la diversa ipotesi della sentenza passata in giudicato;
4. con il quarto motivo («violazione dell’art. 140 c.p.c. e falsa applicazione di norme di diritto: errore nell’interpretazione/applicazione dell’art.60 d.P.R. 600/1973, come modificato dal d.l. 31 maggio 2010, n. 78») la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto legittima la notifica effettuata ai sensi dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973. Deduce che presupposto di applicabilità di questa disposizione sarebbe l’irreperibilità del notificando per trasferimento in luogo sconosciuto e che tale presupposto non sarebbe stato dimostrato nella vicenda in esame, in cui alla semplice assenza, incapacità o rifiuto delle persone indicate nell’art. 139 c.p.c., avrebbe dovuto rimediarsi con la notifica ai sensi dell’art. 140 stesso codice. Ribadisce, pertanto, l’illegittimità della notificazione dell’intimazione di pagamento del 20 maggio 2011, con conseguente inoperatività dell’effetto interruttivo della prescrizione;
5. in base al principio processuale della “ragione più liquida” – desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. – può essere esaminato direttamente il terzo motivo di ricorso, con il quale si censura la statuizione sull’eccezione preliminare di merito concernente la prescrizione del credito contributivo, superando quelli (il primo e il secondo) con i quali si censurano le statuizioni sulla ritualità della notifica della intimazione di pagamento e sulla decadenza dal termine per far valere il relativo vizio con opposizione agli atti esecutivi;
in applicazione del predetto principio, infatti, deve ritenersi consentito al giudice esaminare un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale di rito, atteso che esso, imponendo un approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo, piuttosto che su quello della coerenza logicosistematica, permette di sostituire il profilo di evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare, di cui all’art. 276 c.p.c., in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio (Cass. 09/01/2019, n. 363; Cass. 11/05/2018, n. 11458; Cass. Sez. U. 8/05/2014, n. 9936);
6. il terzo motivo è fondato e dal suo accoglimento resta assorbito, oltre al primo e al secondo (che, quali motivi autonomi sulle predette questioni pregiudiziali di rito, cedono il passo alla “ragione più liquida”), anche il quarto, quale motivo attinente alla medesima questione preliminare di merito che forma oggetto di quello che lo precede, ma da esso dipendente;
le Sezioni Unite di questa Corte, componendo il precedente contrasto, hanno statuito che la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art.24, quinto comma, del d.lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo l’art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato (Cass. Sez. U 17/11/2016, n. 23397);
in linea con il richiamato principio (che ha trovato conferma nella giurisprudenza successiva: Cass 18 maggio 2018, n. 12200 e Cass. 16 marzo 2021, n. 7362), con riferimento al preteso effetto novativo derivante dalla formazione del ruolo, questa Corte ha altresì affermato che in tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell’irrinunciabilità della prescrizione; pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dall’art. 3 della legge n. 335 del 1995, invece che la regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c. (Cass. 04/12/2018, n. 31352), e ciò in conformità alla natura di atto interno all’amministrazione attribuita al ruolo (Cass. 19/06/2009, n. 14301);
8. in applicazione degli illustrati principi, riconosciuta, nella fattispecie, l’operatività del termine di prescrizione quinquennale, la sentenza impugnata deve essere cassata in accoglimento del terzo motivo di ricorso, da cui restano assorbiti gli altri motivi;
poiché, inoltre, non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, questa Corte può decidere la causa nel merito (art. 384, secondo comma, c.p.c.), dichiarando non dovuta la somma oggetto del credito contributivo di cui all’intimazione di pagamento notificata ad I.L. s.c.a.r.l. in data 18 dicembre 2013, per essere lo stesso estinto per prescrizione;
9. la circostanza che il contrasto, in ordine alla dibattuta questione del termine prescrizionale applicabile, sia stato composto dalle Sezioni Unite in epoca successiva a quella di deposito del ricorso impone di disporre l’integrale compensazione, tra tutte le parti, delle spese dei tre gradi di giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara non dovuta la somma oggetto del credito contributivo di cui all’intimazione di pagamento notificata alla ricorrente in data 18 dicembre 2013. Compensa integralmente tra tutte le parti le spese dei tre gradi di giudizio.