CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 giugno 2018, n. 15115
Determinazione reddito società – Componenti positivi e negativi di reddito – Principio d’inerenza – Principio di veridicità nella redazione del bilancio – Valore della produzione rilevante ai fini IRAP – Principi contabili
Fatto e diritto
Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata e che la ricorrente Amministrazione ha depositato memoria, osserva quanto segue:
La CTR della Lombardia, con sentenza n. 4098/1/2016, depositata il 12 luglio 2016, rigettò l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della società L.P. S.p.A. (di seguito società) avverso la decisione della CTP di Milano, che aveva accolto il ricorso proposto dalla società avverso avviso di accertamento per IRAP relativa all’anno d’imposta 2010, con il quale l’Ufficio aveva, per quanto qui rileva, disconosciuto costi, perché non documentati, relativi a servizi intercompany resi dalla consolidante U. S.p.A. alla consolidata L.P. S.p.A.
Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, ulteriormente illustrato da memoria critica alla proposta del relatore depositata in atti ex art. 380 bis c.p.c.
La società è rimasta intimata.
Con l’unico motivo l’Amministrazione finanziaria denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5 del d. lgs. n. 446/1997 e dell’art. 2425 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., lamentando che la sentenza impugnata non avrebbe fatto corretta applicazione del principio di derivazione in forza del quale i componenti positivi e negativi ai fini IRAP sono agganciati alle voci rilevanti del conto economico, omettendo di rilevare che in esso figuravano costi non adeguatamente documentati, sicché il conto economico non poteva dirsi redatto in conformità al principio di veridicità di cui all’art. 2423 c.c.
Il collegio ritiene che la proposta del relatore volta a sostenere la declaratoria d’inammissibilità del ricorso non possa essere condivisa.
Va premesso che non occorre, nel caso in cui il collegio ritenga che la proposta del relatore non possa essere recepita in sede di decisione, la fissazione di pubblica udienza (cfr. Cass. sez. unite 16 aprile 2009, n. 8999; Cass. sez. 6-2, ord. 23 marzo 2017, n. 7605), laddove ricorra comunque una diversa ipotesi pur sempre riconducibile al n. 1 e 5 dell’art. 380 — bis c.p.c..
Ciò è quanto deve ritenersi sussistente nel caso di specie, ritenendo la Corte che il ricorso debba essere accolto per manifesta fondatezza.
Oggetto, infatti, della censura dedotta dalla ricorrente Amministrazione avverso la sentenza di primo grado, è la contestazione dell’interpretazione del principio di derivazione — quale derivante dall’art. 5, comma 5, del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 nel testo applicabile ratione temporis al presente giudizio in conseguenza della modifica apportata dall’art. 1, comma 50 lett. a), della l. n. 244/2007, alla suddetta norma, con decorrenza dal periodo d’imposta 2008 — come operata dalla CTR con la decisione impugnata, che ha inteso privilegiare il mero dato cartolare dell’appostazione dei costi di cui sopra nel conto economico, giusta l’art. 2425 c.c. lettera B), n. 7, costi che viceversa l’Amministrazione aveva ritenuto non documentati alla stregua degli accordi contrattuali intercorsi tra le parti.
Conviene muovere dalla lettura nella norma che, nella sua formulazione applicabile ratione temporis, stabiliva che «Indipendentemente dalla effettiva collocazione nel conto economico, i componenti positivi e negativi del valore della produzione sono accertati secondo i criteri di corretta qualificazione, imputazione temporale e classificazione previsti dai principi contabili adottati dall’impresa» (venendo, in particolare, in rilievo il principio contabile OIC n. 12 nella versione anch’essa applicabile ratione temporis), dopo aver previsto, al comma 1, che la base imponibile ai fini IRAP per i soggetti indicati dal succitato art. 5 è data dalla differenza tra il valore della produzione di cui alla lettera A) del conto economico ed i costi della produzione di cui alla lettera B), con esclusione di talune voci, il cui esame puntuale in questa sede non rileva.
Diversamente, infatti, da quanto mostra di ritenere la decisione impugnata, la contestazione dei costi da parte dell’Amministrazione non risulta effettuata in ragione della ritenuta applicabilità alla fattispecie in esame della «normativa fiscale», da intendersi, verosimilmente, nell’argomentazione del giudice tributario d’appello, riferita alle norme del d.P.R. n. 917/1986 (cd. TUIR) in tema di componenti positivi e negativi di reddito, ai fini della determinazione del reddito delle società, ma al principio d’inerenza in relazione all’attività d’impresa con riferimento alla sua connotazione civilistica, nel caso di specie conseguente alla violazione del principio di veridicità nella redazione del bilancio di cui all’art. 2423 c.c., al quale la società contribuente è tenuta a conformarsi.
In tali limiti deve ritenersi, con riferimento alla fattispecie in esame, che l’Amministrazione finanziaria abbia il potere di contestare al contribuente l’assenza di inerenza del costo in questione ai fini della determinazione del valore della produzione rilevante ai fini IRAP.
Ciò appare del resto in linea di continuità con la giurisprudenza di questa Corte che — pur non essendosi occupata ex professo della questione oggetto di disamina in questa sede — risulta aver privilegiato un’interpretazione sostanzialistica delle disposizioni in oggetto quanto al sindacato sulla correttezza, sul piano civilistico ed alla stregua dei principi contabili, dell’appostazione nel conto economico di voci non ritenute ad essi conformi (cfr., in particolare, Cass. sez. 5, 10 gennaio 2013, n. 400; si vedano anche Cass. sez. 5, 30 settembre 2015, n. 19148; Cass. sez. 5, 15 dicembre 2017, n. 30149).
La sentenza impugnata va dunque cassata in accoglimento del ricorso erariale, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, che si uniformerà al seguente principio di diritto: «Ai fini della determinazione della base imponibile dell’IRAP, secondo la formulazione dell’art. 5 del d.lgs. n. 446/1997 nel testo modificato dall’art. 1, comma 5, della l. n. 244/2007, applicabile ratione temporis alla presente controversia, il principio di derivazione dei costi sostenuti dal conto economico non esclude il controllo sull’inerenza dei costi medesimi, attraverso la correttezza della loro appostazione nel conto economico alla stregua dei principi civilistici e contabili nazionali».
Il giudice di rinvio provvederà altresì in ordine alla disciplina delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
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