CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 giugno 2019, n. 15616

Rapporto di lavoro – Trasferimento di azienda ex art. 2112 cc – Sussistenza – Accertamento – Persistenza del rapporto di lavoro con la cessionaria di azienda

Rilevato che

1. La Corte di appello di Lecce, con sentenza n. 351 del 15 novembre 2016, rigettava gli appelli proposti da L.F. ed altri litisconsorti e da B.L. nei confronti di E. s.p.a. (già S.G.. s.p.a.) e di E. Holding s.p.a. e confermava la sentenza del Giudice del lavoro del Tribunale di Taranto che aveva rigettato la domanda proposta dei suddetti lavoratori, volta ad ottenere: in via principale, una pronuncia di sentenza costitutiva del rapporto di lavoro subordinato tra ciascun ricorrente e la società S.G., previo accertamento del diritto all’assunzione; in subordine, l’accertamento della sussistenza di un trasferimento di azienda ex art. 2112 cod. civ. con conseguente persistenza del rapporto di lavoro di ciascun ricorrente con la cessionaria di azienda, previa dichiarazione di nullità del licenziamento intimato da E. Holding s.p.a.; in ulteriore subordine, l’accertamento del diritto dei lavoratori nei confronti di S.G.. alla precedenza nelle assunzioni, con conseguente condanna della società al risarcimento del danno pari alle retribuzioni perdute; in via ulteriormente subordinata, la dichiarazione di inefficacia e l’annullamento dei recessi intimati da E. Holding s.p.a. con condanna di quest’ultima alla reintegrazione nel posto di lavoro e al risarcimento dei danni.

2. Per la cassazione di tale sentenza i lavoratori hanno proposto ricorso nei confronti della (sola) soc. E. s.p.a., già S.G. s.p.a., articolando cinque motivi di impugnazione. Ha resistito con controricorso la società intimata.

3. I ricorrenti hanno altresì depositato memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ. (inserito dall’art. 1, lett. f, del D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. n. 25 ottobre 2016, n. 197).

Considerato che

1. Con il primo motivo i lavoratori denunciano nullità della sentenza per violazione della composizione dell’organo giudicante ex art. 158 cod. proc. civ. (art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ.). Deducono che la decisione era stata adottata, come risultante testualmente dal documento, solo dal Presidente e dal Giudice ausiliario relatore.

2. Con il secondo motivo denunciano nullità della sentenza per violazione degli artt. 112, 103 e 104 cod. proc. civ. (art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ.) per non avere statuito su tutta la domanda devoluta con l’atto di appello.

Rappresentano che, diversamente da quanto affermato dalla Corte territoriale, l’appello aveva ad oggetto non solo il rivendicato diritto di precedenza nell’assunzione, ma anche le ulteriori domande formulate in primo grado e respinte dal Tribunale: la sentenza impugnata aveva omesso di considerare che l’impugnazione aveva investito innanzitutto la questione, già proposta come domanda principale, del diritto all’assunzione maturato in capo ai ricorrenti per effetto della violazione del correlativo obbligo assunto da S.G. in sede di verbale di accordo.

3. Con il terzo motivo denunciano nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ. e motivazione apparente, per avere la Corte d’appello argomentato la decisione in modo estremamente conciso, adottando una motivazione per relationem mediante mera adesione pedissequa alla sentenza di primo grado impugnata, senza neppure indicare i motivi dell’impugnazione proposta da essi ricorrenti.

4. Con il quarto motivo denunciano violazione ed errata applicazione degli artt. 1362 e seguenti cod. civ. (art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.), per avere la Corte territoriale erroneamente interpretato il contenuto del verbale di accordo del 6 ottobre 2005 in relazione alle sue clausole e allo specifico obbligo assunto dalla società S.G.., cessionaria di azienda, in ordine all’assunzione di tutto il personale già facente capo alla società cedente e non solo di una parte di esso.

5. Con il quinto motivo denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 47, comma 6, legge n. 428 del 1990 (art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.) e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.), atteso che la predetta disposizione di legge prevede che i lavoratori che non passano alle dipendenze dell’acquirente, dell’affittuario o del subentrante hanno diritto di precedenza nelle assunzioni che questi ultimi effettuino entro un anno dalla data del trasferimento ovvero entro il periodo maggiore stabilito dagli accordi collettivi e, nella specie, la società subentrata, pur continuando ad esercitare la stessa attività, con gli stessi mezzi e negli stessi locali della E., aveva fatto ricorso a personale esterno, anziché adempiere agli obblighi assunti il 6 ottobre 2005.

6. Il primo motivo è infondato.

6.1. La giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare che la mancata indicazione, nell’intestazione della sentenza, del nome di un magistrato facente parte del collegio che, secondo le risultanze del verbale d’udienza, ha riservato la decisione, ha natura di mero errore materiale, come tale emendabile ai sensi degli artt. 287 e 288 cod. proc. civ. poiché, in difetto di elementi contrari dedotti dal ricorrente, si devono ritenere coincidenti i magistrati indicati nel predetto verbale con quelli che in concreto hanno partecipato alla deliberazione, atteso che l’intestazione è priva di autonoma efficacia probatoria, esaurendosi nella riproduzione dei dati del verbale d’udienza (Cass. n. 8136 del 2011, 4875 del 2015; v. pure Cass. n. 18226 del 2015, n.16582 e 20463 del 2014).

6.2. Parte ricorrente – che invero non ha neppure dedotto l’esistenza di una non coincidenza tra i magistrati indicati nel verbale di udienza e quelli che parteciparono alla deliberazione – non ha prodotto copia del predetto verbale, adempimento necessario per la verifica della composizione dell’organo giudicante, limitandosi ad eccepire che il testo della sentenza depositata recava l’indicazione dei nominativi di due soli componenti del collegio di appello. E’ dunque palesemente destituita di fondamento la censura di cui al primo motivo.

6.3. Incidentalmente, va aggiunto che – secondo quanto dedotto da parte resistente in sede di memoria e non contestato ex adverso – nelle more del presente giudizio è intervenuta la correzione dell’errore materiale, disposta dalla Corte di appello con ordinanza del 14.6.2017, mediante l’indicazione del nominativo del terzo componente del collegio giudicante indicato nel verbale di udienza.

7. Vanno, invece, accolti il secondo e il terzo motivo, con assorbimento dell’esame dei restanti.

7.1. Occorre premettere che la sentenza di appello ha esposto in dettaglio le deduzioni e le richieste dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado svolte dai lavoratori, nonché le deduzioni e le richieste di parte di parte convenuta S.G. s.p.a.

Dalla narrativa processuale risulta che i lavoratori, premesso di avere prestato attività lavorativa con contratto a tempo indeterminato presso lo stabilimento di Statte alle dipendenze di E. Holding s.p.a., la quale era stata ammessa in data 6 ottobre 2005 alla procedura di concordato preventivo, avevano dedotto che qualche settimana prima era stata costituita la S.G. s.p.a., la quale alla stessa data del 6 ottobre 2005 – con verbale sottoscritto in Bologna alla presenza di rappresentanti della Provincia di Bologna, della società E. Holding, della ditta B. e dalle OO.SS. – aveva dichiarato di avere interesse all’affitto dell’azienda E. e nel contesto del medesimo verbale si era impegnata ad assumere, entro dodici mesi dall’inizio dell’affitto di azienda, n. 232 lavoratori, di cui n. 67 a Taranto, e ad assumere, al termine del periodo di CIGS, tutto il personale in forza presso E. e B.

I ricorrenti avevano prospettato che, a far data dal 24 ottobre 2005, il personale E. era stato collocato in Cigs per dodici mesi, poi prorogata di altri sei mesi, ma la S.G. che nel novembre 2005 aveva avviato l’attività stipulando un contratto di affitto di azienda, oltre alle originarie 67 unità assunte a Statte, nei dodici mesi dall’inizio dell’affitto aveva assunto presso il medesimo stabilimento altro personale, anche al di fuori di E.; che con effetto dal 24 aprile 2007 la E. Holding aveva comunicato il recesso dal rapporto di lavoro per collocazione in mobilità, a seguito del quale ciascun ricorrente aveva costituito in mora la S.G. per l’adempimento degli obblighi assunti con l’accordo del 6 ottobre 2005, impugnando anche il recesso dal rapporto di lavoro.

La sentenza di appello ha pure precisato che i lavoratori avevano invocato la tutela costitutiva apprestata dall’art. 2932 cod. civ., in quanto titolari di un diritto all’assunzione; il risarcimento del danno ex art. 1223 cod. civ.; la violazione della procedura di mobilità ex artt. 4 e 5 legge n. 223 del 1991; la violazione dell’art. 2112 cod. civ. in relazione all’intervenuto trasferimento di azienda; la violazione del diritto di precedenza nelle future assunzioni ad opera della cessionaria di azienda in relazione all’art. 47, comma 6 legge n. 428 del 1990.

8. Orbene, la sentenza di appello, dopo avere dato atto compiutamente (nella parte narrativa) dello svolgimento del giudizio di primo grado, ha affermato succintamente (nella parte motiva) che l’appello verteva sulla sola questione relativa alla “mancata applicazione della specifica normativa relativa al c.d. diritto di precedenza all’assunzione derivante dagli obblighi assunti dalla S.G….”, null’altro aggiungendo quanto all’atto di gravame proposto dai lavoratori.

8.1. E’ principio costante che la Corte di cassazione, allorquando sia denunciato un error in procedendo, è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, è necessario che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di cui all’art. 366 cod. proc. civ., tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale (tra le varie, Cass. n. 1539 del 2018 e n. 2771 del 2017; Sez. U, n. 8077 del 2012). In adempimento di tale onere, gli odierni ricorrenti hanno trascritto, da pag. 13 a pag. 22 del ricorso per cassazione, il primo motivo di appello.

8.2. Dal tenore testuale del motivo risulta che esso era inteso ad ottenere l’accertamento della violazione, da parte di Sol.ge, dell’obbligo all’assunzione diretta di tutti i dipendenti di E. Holding al termine della CIGS. Tale motivo di appello non è stato in alcun modo esaminato per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che l’appello fosse limitato alla sola riproposizione della domanda subordinata relativa alla violazione del diritto di precedenza nelle future assunzioni di S.G..

E’ dunque fondato il motivo di ricorso che ha denunciato ex art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. il vizio di omessa pronuncia in ordine al primo motivo di appello.

9. Anche il terzo motivo va accolto.

9.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la sentenza d’appello può essere motivata per relationem, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame. (Cass. n. 28139 del 2018, con tale sentenza è stata cassata la decisione impugnata, nella quale era stata integralmente trascritta la sentenza di primo grado, senza alcun riferimento a quanto accaduto nel corso del giudizio di appello ovvero ai motivi di gravame; v. pure Cass. n. 14786/2016 e negli stessi termini, fra le tante, Cass. nn. 15187/2018, 14401/2018, 13594/2018, 8684/2018, 8012/2018).

9.2. Già in precedenza era stato affermato che la sentenza pronunziata in sede di gravame è legittimamente motivata per relationem ove il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, sì da consentire, attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un percorso argomentativo adeguato e corretto, ovvero purché il rinvio sia operato sì da rendere possibile ed agevole il controllo, dando conto delle argomentazioni delle parti e della loro identità con quelle esaminate nella pronuncia impugnata, mentre va cassata la decisione con cui il giudice si sia limitato ad aderire alla decisione di primo grado senza che emerga, in alcun modo, che a tale risultato sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Cass. n. 14786 del 2016).

9.3. Così è stata ritenuta nulla, ai sensi dell’art. 360, primo comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., la motivazione solo apparente, che non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata per relationem alla sentenza di primo grado, attraverso una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame (Cass. n. 27112 del 2018).

9.4. Nel caso in esame, la Corte territoriale si è limitata a richiamare i passaggi argomentativi della sentenza di primo grado, dichiarando di condividerli, ma non ha dimostrato di avere posto a confronto tali passaggi con le censure svolte nel ricorso in appello, i cui motivi non sono trascritti e neppure sinteticamente riportati nel testo del provvedimento.

9.5. Né può ritenersi che il suddetto onere sia stato assolto con una motivazione che si limiti al recepimento acritico della sentenza di primo grado accompagnato dall’uso di avverbi quali “correttamente” e “coerentemente” (come avvenuto nella specie), in assenza di elementi che consentano di riferire il complesso argomentativo ad un autonomo processo valutativo, tale cioè da far emergere che sia stato operato un ragionato confronto dei passaggi recepiti con le censure svolte dalla parte appellante.

10. In conclusione, in accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso, la sentenza va cassata con rinvio alla Corte di appello di Lecce in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

rigetta il primo motivo; accoglie il secondo e il terzo motivo, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Lecce in diversa composizione.