CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 giugno 2019, n. 15658
Rapporto di lavoro – Svolgimento di mansioni di impiegata di concetto con orario di 40 ore settimanali – Differenze retributive
Rilevato che
La Corte di appello di Palermo con la sentenza n. 1055/2017, parzialmente riformando la sentenza n. 809/2015 con la quale il Tribunale di Agrigento aveva condannato in solido la Impresa E. R. di R.C. & C. snc e R.C., R.L. e R.L. nonché la R. srl (succeduta alla Impresa eredi R.) a pagare a C.M. la somma di E. 166.914,11 oltre accessori, a titolo di differenze retributive, TFR, indennità di maternità con riferimento al rapporto di lavoro intercorso tra le parti dal 14.2.2000 al 21.8.2009 per lo svolgimento di mansioni di impiegata di concetto con orario di 40 ore settimanali, aveva dichiarato la presenza nel giudizio di primo grado di R.C., R.L., R.L. (invece dichiarati contumaci) ed aveva nel resto confermato la decisione del promo giudice.
Avverso detta decisione la Società R. srl, R.C., R.L., R.L. proponevano ricorso affidato a due motivi .
M.C. rimaneva intimata.
Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Considerato che
1) Con il primo motivo è dedotta la inesatta ricostruzione del rapporto di lavoro ad opera della CTU.
Lamentano i ricorrenti l’errata applicazione del ccnI settore gomma e plastica essendo risultata indimostrata la adesione del datore di lavoro alle associazioni stipulanti e la eventuale applicazione concreta dello stesso.
2) con il secondo motivo è dedotta la erronea considerazione da parte del CTU delle giornate di assenza della lavoratrice quali giornate di effettivo lavoro.
I due motivi possono essere trattati congiuntamente perché entrambi attinenti alla ctu, ritenuta errata.
Un primo profilo di inammissibilità per entrambe le censure deriva dalla mancata indicazione del vizio da cui sarebbe affetta la sentenza impugnata.
Deve ribadirsi che “Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicché è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito” (Cass. n. 11603/2018).
Ulteriore ragione di inammissibilità è la assoluta carenza di specificità dei singoli motivi anche con riguardo alle circostanze ed atti richiamati (indicazione del ccnI applicato dal datore di lavoro; ctu contestata controdeduzioni alla ctu), non inseriti nel corpo del motivo (Cass. n. 14107/2017).
Il ricorso è quindi inammissibile.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
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