CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 giugno 2019, n. 15697
Società – Accertamento dell’inadempimento dell’accomandatario – Obbligo di presentazione del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite – Clausola compromissoria – Statuto sociale
Rilevato in fatto
– che il Tribunale di Genova ha dichiarato la propria incompetenza in favore dell’arbitro unico, in ragione della clausola compromissoria di cui all’art. 12 dello statuto della Immobiliare G. di L.E. s.a.s.;
– che la socia receduta S.C. ha proposto regolamento necessario di competenza;
– che le parti intimate si sono difese con memorie difensive;
– che il Procuratore generale ha chiesto l’accoglimento del ricorso, unicamente con riguardo alla domanda di accertamento dell’inadempimento del socio accomandatario E.L. all’obbligo di redigere e comunicare il bilancio ed il conto dei profitti e delle perdite, per la quale ha chiesto dichiararsi la competenza del Tribunale di Genova;
– che la ricorrente ha depositato la memoria;
Considerato in diritto
1. — La ricorrente censura la decisione impugnata, sostenendo:
a) che la motivazione è incomprensibile, con conseguente nullità dell’ordinanza, avendo questa ritenuto l’applicabilità della clausola arbitrale in quanto le domande proposte sono «per la maggior parte relative ai rapporti sociali», senza indicare quali vi sarebbero estranee e, semmai, provvedere diversamente per esse;
b) che l’attrice è receduta dalla società in data 27 marzo 2015, onde al momento dell’introduzione della causa di cui all’atto di citazione notificato il 12 settembre 2016, la stessa non era più socia e la clausola statutaria non le era quindi riferibile.
2. — Il ricorso è infondato sotto entrambi i profili prospettati.
2.1. — Nessun radicale vizio di motivazione affetta l’ordinanza impugnata, in primo luogo, dal momento che essa ha ampiamente argomentato le proprie conclusioni, non risultando quindi violato l’art. 132 c.p.c.
2.2. — La clausola compromissoria contenuta nell’art. 12 dello statuto sociale è idonea a ricomprendere la controversia de quo.
Essa prevede la competenza arbitrale, attribuita ad terzo nominato dal presidente del locale consiglio dell’ordine dei dottori commercialisti, per le controversie «tra i soci nonché tra la società e i soci”», afferenti «all’interpretazione ed all’applicazione del presente contratto».
Il socio, pur receduto, è dunque astretto dal vincolo compromissorio per tutto quanto attiene alle vicende sociali, nel cui ambito rientrano le domande proposte dalla signora C..
Questa, infatti, ha introdotto una pluralità di azioni connesse contro il socio accomandatario e contro la società, chiedendo (secondo un ordine meno casuale di quello enunciato nelle conclusioni dell’atto di citazione):
1) l’accertamento del legittimo recesso, con condanna della società alla liquidazione della quota;
2) l’accertamento dell’inadempimento dell’accomandatario all’obbligo di cui all’art. 2320 c.c. di presentare e comunicare il bilancio sociale ed il conto profitti e perdite dal 2010 al 2015, nonché di corrispondere gli utili spettanti e fornire notizie sull’andamento societario e del suo conflitto di interessi con la società;
3) la condanna del medesimo al risarcimento di tutti i danni cagionati alla socia per avere omesso di versare nelle casse della Immobiliare G. di L.E. s.a.s. il prezzo della vendita dell’immobile sociale, invece utilizzato per estinguere propri debiti personali;
4) in via surrogatoria, la condanna del medesimo a versare alla società l’intero prezzo dell’immobile.
Non ha pregio l’assunto della ricorrente, volto ad escludere l’efficacia della clausola compromissoria, per essere la medesima receduta dalla società prima della notificazione dell’atto di citazione, avente il contenuto ora sintetizzato.
In coerenza con quanto plurime volte affermato da questa Corte, invero, reputa il Collegio che la controversia afferisca ai rapporti sociali, pur quando il socio sia receduto dalla società e si tratti di accertare la legittimità di un recesso, sia pure ormai efficace, il quale continua a trovare causa nell’ambito del sodalizio d’impresa, che pur si è inteso sciogliere limitatamente al singolo rapporto (si vedano Cass. 30 aprile 2018, n. 10399; Cass. 27 settembre 2013, n. 22303; si veda pure Cass. 10 ottobre 2011, n. 20741; del pari, quanto alla competenza del tribunale per le imprese con riguardo ai rapporti sociali, Cass. 20 marzo 2017, n. 7070, non massimata; non può considerarsi, invece, il precedente di cui a Cass. 11 settembre 2017, n. 21036, in cui non è chiara la vicenda concreta, implicante una trasformazione societaria e, parrebbe, una nuova clausola compromissoria pattuita nel nuovo tipo sociale).
Lo stesso principio, coerentemente, è affermato in tema di esclusione del socio (Cass., sez. un., 6 luglio 2016, n. 13722; Cass. 2 marzo 2009, n. 5019).
Occorre, quindi, ribadire che la clausola compromissoria, contenuta nello statuto di una società, la quale preveda la devoluzione ad arbitri delle controversie connesse al contratto sociale, deve ritenersi estesa anche alla controversia riguardante il recesso del socio dalla società.
Infine, neppure può ritenersi sottratta all’efficacia della clausola arbitrale la domanda di accertamento dell’inadempimento dell’amministratore agli obblighi di cui all’art. 2320, comma 3, c.c., secondo cui i soci accomandanti «hanno diritto di avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite, e di controllarne l’esattezza, consultando i libri e gli altri documenti della società».
Al riguardo, basti considerare come altro sia il rispetto dei criteri formali di redazione del bilancio, la cui violazione, ove oggetto di controversia, verte su diritti indisponibili sottratti alla sfera arbitrale (e Cass. 13 ottobre 2016, n. 20674; Cass. 10 giugno 2014, n. 13031; ma non, si noti, ove ad esempio la deliberazione di approvazione del bilancio fosse impugnata per mancato raggiungimento del quorum o per conflitto di interessi) ed altro l’azione volta alla condanna dell’amministratore al risarcimento del danno, per avere questi omesso di redigere il bilancio e di comunicarlo annualmente ai soci accomandanti, nonché di offrire loro ampie informazioni sull’andamento sociale, che si inserisce nell’ambito del diritto al risarcimento individuale per danno diretto di cui all’art. 2395 c.c. (applicabile come principio generale anche alle società personali: Cass. 25 gennaio 2016, n. 1261; Cass. 17 gennaio 2007, n. 1045), disponibile dunque da parte del socio che se ne vanti titolare.
3. — In ragione della tardività del deposito delle memorie difensive delle intimate, non si liquidano le spese di lite.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e dichiara la competenza arbitrale.
Dichiara che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1- quater, inserito dalla legge n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
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