CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 luglio 2018, n. 18225
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Ricorso in appello – Contenuto dell’impugnazione – Chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice
Fatti e ragioni della decisione
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro la sentenza resa dalla CTR Campania indicata in epigrafe, che ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza di primo grado con la quale era stato accolto il ricorso proposto da C.G. contro l’avviso di accertamento relativo ad Irpef per l’anno 2009.
La parte intimata ha depositato controricorso.
Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.
Con la prima censura proposta la ricorrente deduce la violazione degli artt. 53 d.lgs. n. 546/92 e 342 c.p.c. La CTR avrebbe erroneamente escluso l’ammissibilità del ricorso in appello senza considerare che l’impugnazione era stata espressamente indirizzata a garantire che la sorte del presente giudizio promosso dal socio della W.P. s.r.l. fosse armonizzata a quella dell’altro giudizio di appello azionato contro la pronunzia favorevole alla società emessa in primo grado, peraltro esponendo le ragioni di merito che giustificavano il rigetto dell’impugnazione proposta dal socio.
La censura è manifestamente infondata.
Ed invero, questa Corte ha più volte chiarito che “la specificità dei motivi di appello (finalizzata ad evitare un ricorso generalizzato e poco meditato al giudice di seconda istanza) esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico giuridico delle prime, ragion per cui alla parte volitiva deve sempre accompagnarsi una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice. Tale esigenza, tuttavia, non può impedire che il dissenso della parte soccombente investa la decisione impugnata nella sua interezza e che esso si sostanzi proprio in quelle argomentazioni che suffragavano la domanda disattesa dal primo giudice, essendo innegabile che, in tal caso, sottoponendo al giudice d’appello dette argomentazioni – perché ritenute giuste e idonee al conseguimento della pretesa fatta valere, si adempia pienamente all’onere di specificità dei motivi – cfr. Cass. n. 14908/2014, Cass. n. 22510/2015, Cass. n. 13007/2015.
Si è ancora aggiunto, di recente, proprio dalle Sezioni Unite di questa Corte, che ‘…gli artt. 342 e 434 cod. proc. civ., nel testo formulato dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice. Resta tuttavia escluso, in considerazione della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che l’atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado – cfr. Cass. S.U.n. 27199/2017.
A tale principi si è conformato il giudice di appello.
Ed infatti, l’Ufficio, a fronte di una pronunzia che aveva annullato la decisione resa a carico del socio per la ripresa a tassazione di redditi da partecipazione societaria in società a ristretta base, si è limitato a prospettare il fine dell’impugnazione – per l’appunto quello di armonizzare la decisione a quella che sarebbe stata adottata in fase di gravame nel giudizio originariamente promosso dalla società – ed a questa favorevole in primo grado – senza tuttavia aggredire la decisione resa dalla CTP in primo grado nella parte in cui era stata ritenuta la caducazione dell’accertamento del socio per effetto dell’annullamento della pretesa a carico della società. Siffatta statuizione, che costituiva la ratio deciderteli della pronunzia di primo grado, non è stata in alcun modo fatta oggetto di contestazione, a fronte della prospettata esigenza di armonizzazione del giudizio reso nei confronti del socio ad un’ipotetica decisione di appello nel giudizio a carico della società di segno opposto rispetto a quello di annullamento derivato dalla pronunzia di primo grado.
Siffatta ‘esigenza’, in verità, non era in grado di rendere chiaro né il vizio prospettato, né l’attività che il giudice di appello avrebbe dovuto svolgere per garantire l’obiettivo dell’appellante, in tal modo rendendo impossibile tanto la comprensione del reale oggetto dell’impugnazione che la difesa della parte appellata.
Tanto è sufficiente per escludere che il giudice di appello sia stato investito in modo specifico dell’impugnazione della sentenza gravata, nemmeno contestata sotto il profilo dell’estensione degli effetti di una sentenza non definitiva sulle sorti del giudizio a carico del socio ovvero sotto il profilo della natura pregiudicante del giudizio a carico della società rispetto a quello del socio.
Tanto è sufficiente per ritenere corretta la decisione di primo grado e per rigettare l’appello proposto.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore del controricorrente in euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15 %.
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