CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 luglio 2018, n. 18245
Tributi – Accertamento – Notificazione – Termine dilatatorio – PCV – Contenzioso tributario
Ritenuto che
L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della C.T.R. della Toscana, n. 713/5/2016, dep. 19.4.2016, che in controversia su impugnazione da parte di M.P. di avviso di accertamento per Irpef, Iva, Irap, anno 2007 – col quale venivano recuperati costi ritenuti non inerenti o non documentati o non certi – rigettava l’appello dell’Ufficio, sulla eccezione pregiudiziale del contribuente circa il mancato rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni della notifica dell’atto impositivo, decorrente dal rilascio del processo verbale di constatazione, in mancanza di prova dell’urgenza – giustificativa del mancato rispetto del suddetto termine – non assolta nemmeno in giudizio. La C.T.R., accertato il dato pacifico dell’accesso per acquisizione di atti presso la sede della società (come da processo verbale di accesso e richiesta documenti allegato al ricorso introduttivo), svoltosi in data 24.9.2012 e seguito in data 20.10.2012 dalla notifica dell’accertamento, confermava la decisione di accoglimento del primo giudice, ritenendo assorbita ogni altra questione. M.P. si costituisce con controricorso e deposita memoria.
Considerato che
1. L’Agenzia delle Entrate lamenta, con due motivi la violazione, sotto diversi profili, dell’art. 12 comma 7 I. 212/2000, ex art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la C.T.R. erroneamente annullato la ripresa a tassazione ai fini IVA in relazione alla mera inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni, invece che valutare le concrete ragioni che il contribuente avrebbe potuto far valere nel contraddittorio; e per non avere considerato che l’accesso eseguito presso la sede del contribuente – seguito a numerosi incontri svoltisi presso l’Ufficio – era unicamente finalizzato ad ottenere la documentazione giustificativa dei costi in precedenza non esibita, per cui non può ritenersi mutata la natura del controllo, che rimane un controllo cd. «a tavolino» e non già una verifica generale, con conseguente inapplicabilità della norma citata.
2. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro evidente connessione, sono fondati.
Le SU (n. 24823/2015) hanno confermato che il termine dilatorio di sessanta giorni dall’accesso, ispezione o verifica nei locali del contribuente prima della notifica dell’accertamento di cui all’art. 12 I. 212/2000, tende a tutelare il contraddittorio a fronte degli elementi raccolti in sede di accesso, con ciò direttamente correlando al principio del contraddittorio la previsione del termine, che trova la sua giustificazione nella possibilità di interlocuzione fra il Fisco e il contribuente, al fine di consentire a quest’ultimo di opporre le sue ragioni e produrre documentazione per evitare l’emissione dell’atto accertativo e/o diminuire la eventuale pretesa tributaria. Alla luce di tali principi risulta erronea la decisione impugnata, laddove ha ritenuto violato l’art. 12 cit., sul solo presupposto di un accesso presso la sede della società, senza verificare se, in tale fase, sia stata acquisita documentazione, nonché la rilevanza attribuita alla stessa nella motivazione dell’avviso di accertamento impugnato; dovendo, in caso negativo, escludersi qualsiasi rilevanza all’accesso medesimo.
La sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio alla CTR della Toscana, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Toscana, in diversa composizione.