CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 maggio 2020, n. 8720
Tributi – Contenzioso tributario – Definizione agevolata ex art. 11 del D.L. n. 50 del 2017 – Effetti – Estinzione del processo – Istanza di parte – Dichiarazione d’ufficio da parte del giudice di cessazione della materia del contendere
Ritenuto in fatto
Con atto del 31.03.2011, notificato alla S. S.p.a. in data 4.04.2011, l’Agenzia delle Entrate-Direzione provinciale di Bolzano accertava, in relazione all’anno di imposta 2008, un’indebita imputazione alla “G.I. S.r.l.”, società controllata della S., di una plusvalenza di € 442.991,00 derivata dalla cessione avvenuta il 18.12.2008 di un immobile che alla G. S.r.l. era stato ceduto dalla S. circa due mesi prima; tale plusvalenza andava, al contrario, secondo l’Uffici, imputata alla controllante S. a norma dell’art. 37, co. 3, DPR 600/73 per essersi al cospetto di una operazione connotata da una interposizione reale di persona.
La S. s.p.a. impugnava l’avviso di accertamento, sollevando alcune eccezioni preliminari e deducendo nel merito l’inapplicabilità alla fattispecie, sotto svariati profili, della norma invocata dall’Amministrazione finanziaria.
Con sentenza n. 53/01/12 del 17/04/2012 la Commissione tributaria respingeva il ricorso.
La S. s.p.a. proponeva appello, al quale resisteva l’Agenzia delle Entrate con memoria di controdeduzioni.
Con sentenza del 30.5.2013 la CTR Bolzano rigettava l’appello, sostenendo, tra l’altro, che l’imputazione alla S. s.p.a., al di là delle apparenze negoziali, della plusvalenza di € 442,941,00 generata dalla cessione, da parte della propria controllata G. s.r.l. alla H.V. Leasing, al prezzo di € 750.000,00 di un immobile che le era stato ceduto pochi mesi prima dalla stessa S. al prezzo di € 300.000,00, era stata correttamente ricondotta dal primo giudice alla previsione dell’art. 37, co. 3, del dPR 600/73 sul rilievo che la norma dovesse trovare applicazione sia nel caso di interposizione fittizia di persona che in quella reale, ossia in ogni ipotesi di uso improprio o deviante di strumenti negoziali pur legittimi in sé, ma impiegati in modo distorto per il perseguimento di finalità diverse da quelle che ne costituiscono la “causa giuridica”.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso S. s.p.a., sulla base di dodici motivi. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Con nota del 6.10.2017 la società ricorrente ha dato atto dell’intervenuta adesione, da parte della stessa, alla procedura di definizione agevolata della lite di cui all’art. 11, co. 8, del d.l. n. 50/2017, depositando, a riprova del perfezionamento della procedura stessa a) copia della domanda di definizione agevolata della lite presentata; b) copia della ricevuta attestante l’avvenuta presentazione in via telematica all’Agenzia dell’Entrate della domanda di definizione; c) copia dell’attestazione del versamento degli importi dovuti ai fini della definizione agevolata della lite.
Con memoria del 7.1.2020 la ricorrente, sulla premessa che nessun diniego della definizione operata è intervenuto nel termine del 31 luglio 2018, né alcuna istanza di trattazione risulta presentata dall’Agenzia delle Entrate entro il termine del 31 dicembre 2018, ha chiesto dichiarare l’estinzione del giudizio in ragione della cessata materia del contendere.
Ritenuto in diritto
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 37, comma 3, d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c., per aver la CTR ritenuto applicabile la prima disposizione, oltre ai casi di interposizione fittizia, anche a quelli di interposizione reale.
2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c., per aver la CTR, senza un’adeguata motivazione, affermato che l’art. 37, co. 3, d.P.R. n. 600/1973 è applicabile anche nel caso di interposizione reale di persona.
3. Con il terzo motivo la ricorrente denunzia la insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c., per aver la CTR, senza un’adeguata motivazione, affermato che fosse inattendibile la giustificazione da essa fornita circa il notevole divario di prezzo tra i due atti di compravendita dell’immobile.
4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c., per aver la CTR omesso di pronunciarsi sulla richiesta, da essa avanzata in secondo grado con la memoria illustrativa depositata in vista dell’udienza del 24.1.2013, di declaratoria di nullità dell’avviso di accertamento per violazione delle garanzie procedimentali di cui all’art. 37 bis del d.P.R. n. 600/1973.
5. Con il quinto motivo la ricorrente si duole della insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c., per aver la CTR, senza un’adeguata motivazione, escluso l’avvenuta perpetrazione, da parte della DP di Bolzano, di una violazione dell’art. 23, co. 3, del d.lgs. n. 546/1992, avendo più volte tentato di modificare in corso di causa la motivazione delle proprie pretese.
6. Con il sesto motivo la ricorrente deduce la insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c., per aver la CTR, senza un’adeguata motivazione, ritenuto che l’avviso di accertamento contenesse “un’esauriente esposizione delle ragioni di fatto e di diritto che hanno portato alla rettifica reddituale”.
7. Con il settimo motivo la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 41 bis del d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c., per aver la CTR escluso che vi fosse stato un uso improprio dello strumento dell’accertamento parziale, nonostante le segnalazioni pervenute non permettessero di individuare ictu oculi la materia imponibile sottratta a tassazione.
8. Con l’ottavo motivo la ricorrente lamenta la insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c., per aver la CTR, senza un’adeguata motivazione, ritenuto che nel caso specifico il ricorso all’accertamento parziale fosse stato legittimo.
9. Con il nono motivo la ricorrente si duole della violazione o falsa applicazione dell’art. 42, co. 1, del d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c., per aver la CTR ritenuto valido l’avviso di accertamento nonostante l’Ufficio non avesse dimostrato che il dott. D., che l’aveva sottoscritto, fosse impiegato della carriera direttiva a seguito di idoneo concorso.
10. Con il decimo motivo la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che l’onere di provare che l’avviso di accertamento fosse stato sottoscritto da soggetto non solo idoneamente delegato, ma anche facente parte della “carriera direttiva”, gravava sull’Agenzia delle Entrate.
11. Con l’undicesimo motivo la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 52, commi 2 e 5, del d.lgs. n. 165/2001, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c., per aver la CTR ritenuto irrilevante che un provvedimento impositivo risultasse sottoscritto da un funzionario che fosse inserito in un ruolo dirigenziale a seguito di regolare concorso o meno.
12. Con il dodicesimo motivo la ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 10, co. 2, della legge n. 212/2000, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c., per aver la CTR escluso che ricorressero obiettive condizioni di incertezza sull’ambito e sulla portata applicativa dell’art. 37, co. 3, del d.P.R. n. 600/1973 e, per l’effetto, rigettato la sua richiesta (avanzata in via subordinata) di disapplicare le sanzioni irrogate.
13. Come esposto in premessa, con memoria del 7.1.2020 la ricorrente, sulla premessa che nessun diniego della definizione operata era intervenuto, a seguito della presentazione della domanda di definizione agevolata della controversia (ai sensi dell’art. 11 del d.l. 24.4.2017, n. 50, conv. in l. n. 96/2017), nel termine del 31 luglio 2018, né alcuna istanza di trattazione risultava presentata dall’Agenzia delle Entrate entro il termine del 31 dicembre 2018, ha chiesto dichiararsi l’estinzione del giudizio in ragione della cessata materia del contendere.
In merito si rappresenta che l’art. 11, comma 10, del d.l. n. 50/2017 citato stabilisce che «L’eventuale diniego della definizione va notificato entro il (…) luglio 2018 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la lite. Nel caso in cui la definizione della lite è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest’ultimo. Il processo si estingue in mancanza di Istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2018 dalla parte che ne ha interesse. L’impugnazione della pronuncia giurisdizionale e del diniego, qualora la controversia risulti non definibile, valgono anche come istanza di trattazione. Le spese del processo estinto restano a carico della parte che le ha anticipate».
Ora, poiché alcun diniego della definizione operata è intervenuto nel termine del 31 luglio 2018, né alcuna istanza di trattazione risulta presentata dall’Agenzia delle Entrate entro il termine del 31 dicembre 2018, il processo deve essere estinto.
Invero, in tema di definizione agevolata ex art. 11 del d.l. n. 50 del 2017 (conv. con modif. dalla l. n. 96 del 2017), l’omessa presentazione dell’istanza di trattazione entro il 31 dicembre 2018 determina, ai sensi del comma 10 della stessa disposizione normativa, l’estinzione del processo (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 18107 del 05/07/2019). In particolare, in tema di adesione del contribuente alla definizione agevolata ex art. 11 del d.l. n. 50 del 2017, poiché la sospensione del giudizio opera su istanza di parte al solo fine di riscontrare l’effettiva definizione della lite, il pagamento del dovuto da parte del contribuente equivale all’integrazione di tale condizione e consente al giudice, pertanto, di dichiarare d’ufficio la cessazione della materia del contendere, con conseguente estinzione del processo (Sez. 5, Sentenza n. 31021 del 30/11/2018).
Le spese del giudizio estinto restano a carico di chi le ha anticipate, per espressa previsione del comma 10, ultimo periodo, del citato art. 11.
P.Q.M.
dichiara estinto il giudizio e pone le spese a carico di chi le ha anticipate.
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