CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 marzo 2020, n. 6799
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Capacità processuale – Persona giuridica – Legale rappresentante – Fonte del potere rappresentativo soggetta a pubblicità legale – Conferimento del mandato al difensore – Contestazione della qualità di legale rappresentante – Onere probatorio a carico della parte che solleva l’eccezione – Impossibilità di individuare il nominativo di chi ha rilasciato la procura – Dichiarazione di inammissibilità del ricorso – Esclusione – Invito della parte a regolarizzare il ricorso – Necessità
Rilevato che
– con sentenza n. 5276/07/2015, depositata il 9 dicembre 2015, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da T. I. s.r.l. nei confronti dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano n. 5741/21/2014, che aveva parzialmente accolto il ricorso proposto dalla società contro il provvedimento di diniego di rimborso delle accise sugli oli lubrificanti relative agli anni di imposta 2010-2011;
– la CTR, per quanto di interesse, in accoglimento dell’eccezione svolta sul punto dall’Agenzia delle Entrate, ha affermato: 1) che nella procura a margine dell’atto di appello il sottoscrittore era stato genericamente indicato come amministratore, e che il suo nome, che non compariva neppure nell’intestazione dell’atto, sembrava essere quello di tale “a.de bant.”, non corrispondente al legale rappresentante di T., individuato nella persona di E.F.P.; 2) che, nei casi in cui il sottoscrittore della procura non risulti indicato come legale rappresentante o come titolare di una carica implicante la rappresentanza della società, si configura la nullità della procura stessa e l’inammissibilità dell’atto a cui essa accede, giacché, non essendo noto in quale veste la procura sia stata conferita, l’effettività della sussistenza dei poteri rappresentativi dell’ignoto sottoscrittore non potrebbe risultare neppure dalla consultazione del Registro delle Imprese; 3) che l’appellante non aveva prodotto alcun documento dimostrativo dell’identità del soggetto sottoscrittore né del potere rappresentativo a questi concesso;
– avverso la sentenza T. I. s.r.l. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui resiste, con “atto di costituzione”, l’Agenzia delle dogane al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione orale della causa ex art. 370, comma 1, c.p.c.;
– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, secondo comma, e dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ., introdotti dall’art. 1-bis del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197.
Considerato che
– preliminarmente va rilevato che l’Agenzia delle entrate ha resistito con “atto di costituzione”, non notificato, chiedendo di essere ammessa a partecipare alla discussione orale ex art. 370 c.p.c.;
– va al riguardo ricordato che, in mancanza di notificazione, l’atto depositato non è qualificabile come controricorso ed il controricorrente, pure in presenza di regolare procura speciale ad litem, non è legittimato neppure a depositare memorie illustrative (Cass. n.25735 del 2014): principio affermato con riferimento alla trattazione della causa in pubblica udienza, ma che deve essere esteso anche al procedimento in camera di consiglio di cui all’art. 380 bis.1 c.p.c., introdotto dal d.l. 31 agosto 2016 n. 168 conv. in legge 25 ottobre 2016 n. 197 (Cass. n. 26974 del 2017; n. 30372 del 2018);
– con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 83 c.p.c. per avere la CTR erroneamente dichiarato inammissibile l’appello per difetto di procura: a) essendo C.D.B., firmatario della procura a margine dell’atto, suo amministratore e legale rappresentante all’epoca della proposizione del ricorso, come si evinceva dalla visura camerale e dagli atti societari, tanto più che la qualifica di “amministratore” di D.B. era riportata nella medesima procura, con conseguente agevole identificabilità della qualifica del firmatario; b) essendo comunque valido ed efficace il mandato ad litem conferito, a margine del ricorso di primo grado, al medesimo difensore “per ogni fase del giudizio”; c) essendo palese, stante la proposizione di due gradi di giudizio, il suo interesse al ricorso e la volontà di conferire mandato;
– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 182, comma 2, c.p.c., per avere la CTR- a fronte di un rilevato vizio di procura- omesso di assegnare alle parti, in ossequio all’art. 182, comma 2, c.p.c.- un termine perentorio per la costituzione in giudizio del soggetto dotato della effettiva rappresentanza, con conseguente ratifica ex tunc della condotta difensiva del falsus procurator;
– i motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati;
– la CTR, nella non chiara esposizione delle ragioni che sorreggono la pronuncia di inammissibilità del gravame, sembra aver confuso i due distinti piani rispetto ai quali andava verificata la sussistenza del potere rappresentativo del sottoscrittore, ovvero quello inerente alla prova che questi rivesta una carica che gli conferisce tale potere e quello inerente alla sua identificazione con la persona fisica effettiva titolare di detta carica;
– sotto il primo profilo va rilevato che, secondo la giurisprudenza costante e consolidata di questa Corte, quando la fonte del potere rappresentativo della persona giuridica derivi da un atto soggetto a pubblicità legale, spetta alla controparte, qualora contesti che colui che ha sottoscritto la procura possa agire in giudizio in rappresentanza della società, di provare l’irregolarità dell’atto di conferimento (cfr., per tutte, Cass. S.U. n. 20596/07);
– nella specie, come accertato dalla stessa CTR, la procura alle liti rilasciata a margine dell’atto d’appello é stata sottoscritta da persona qualificatasi come amministratore di T. s.r.l. e dunque come titolare di una carica, derivante da atto soggetto ad iscrizione nel registro delle imprese, che, ai sensi dell’art. 2475 bis, 1° comma, c.c., implica la rappresentanza generale della società;
– ne consegue che, qualora l’Agenzia delle Entrate si fosse limitata a contestare che il firmatario della procura era amministratore di T., la conclusione del giudice d’appello secondo cui spettava alla contribuente di provare che questi fosse effettivamente il suo legale rappresentante risulterebbe palesemente errata;
– qualora, invece, l’Agenzia avesse eccepito la nullità della procura in ragione dell’impossibilità di identificare la persona fisica che l’aveva conferita in nome e per conto di T., stante l’illeggibilità della firma da questi apposta e l’omessa indicazione del suo nominativo nel mandato o nell’intestazione dell’atto, il giudice non avrebbe potuto dichiarare subito l’inammissibilità del ricorso, ma avrebbe dovuto dapprima invitare la parte a regolarizzare la situazione e, solo in caso di inottemperanza, emettere la pronuncia in rito, atteso che, già prima che il d.lgs. n. 156/2015 novellasse l’art. 12 del d.lgs. n. 546/92, introducendo, al 10 comma, una disposizione che prevede espressamente l’applicabilità dell’art. 182 c.p.c. al processo tributario, questa Corte era già pervenuta a tale convincimento in virtù dei principi generali e dell’interpretazione data dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 189/2000, agli artt. 12 comma 5 e 18, commi 3 e 4, del d.lgs. 546/92 citato (Cass. n. 15029/014, 21459/09);
– all’accoglimento del ricorso conseguono la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione, per un nuovo esame della vicenda ed anche per le spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione.
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