CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 marzo 2020, n. 6871
Tributi – Accertamento induttivo ex artt. 39, co. 1, del DPR n. 600 del 1973 e 54 del DPR n. 633 del 1972 – Obbligo di motivazione dell’atto – Per relationem al PVC – Riproduzione contenuto essenziale – Legittimità
Rilevato che
– con sentenza n. 29/30/12 depositata, n data 17 febbraio 2012, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Sicilia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, nei confronti di D.G.A. avverso la sentenza n. 383/04/08 della Commissione tributaria provinciale di Agrigento che aveva accolto il ricorso proposto dal suddetto contribuente avverso l’avviso di accertamento n. R3101PF00256/07, ai fini delle imposte dirette e Iva, per l’anno 2004, con il quale l’Ufficio di C., previo p.v.c. della G.d.F. di Pescara del 2.9.04, aveva contestato nei confronti di quest’ultimo, esercente attività di commercio di autoveicoli, ai sensi degli artt. 39, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972 – l’indebita deduzione di costi e detrazione di Iva in relazione a fatture ritenute soggettivamente inesistenti emesse da società c.d. cartiera (“C.S.” di L.B.) in un sistema di tipica c.d. frode carosello;
– la CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che: 1) l’avviso di accertamento in questione era illegittimo per violazione dell’art. 7, comma 1, della legge n. 212 del 2000, in quanto motivato per relationem rispetto a una verifica della G.d.F. del 2.9.04, con “cospicua documentazione extracontabile”, sul cui contenuto e natura non veniva fornita alcuna completa delucidazione e che non era allegata all’atto impositivo né altrimenti conosciuta dal contribuente; 2) l’Ufficio non aveva assolto all’onere di produrre in giudizio il p.v.c. della G.d.F. e la documentazione extracontabile richiamati nell’atto impositivo e ad esso non allegati, al fine di permettere al giudice di verificarne l’esistenza, la congruità e la fondatezza; 3) nel merito, l’accertamento era basato su presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, in quanto, a fronte della contestazione dell’utilizzo di fatture soggettivamente inesistenti per dissimulare le effettive transazioni commerciali (acquisti intracomunitari e cessioni di autovetture), il contribuente aveva fornito la decisiva prova documentale di avere effettivamente pagato i corrispettivi e la relativa Iva per gli autoveicoli acquistati dalla ditta cartiera (C.S.” di L.B.) mediante bonifici bancari operanti sui conti correnti intestati allo stesso L.; 4) a seguito di questionario, il contribuente aveva fornito all’Ufficio – senza che obiettasse al riguardo alcunché – le fatture emesse in occasione della successiva vendita a terzi degli stessi autoveicoli ritenuti inesistenti;
– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi; rimane intimato il contribuente;
– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, secondo comma, e dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ., introdotti dall’art. 1-bis del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197.
Considerato che
– con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 1 della legge n. 212 del 2000, per avere la CTR ritenuto erroneamente illegittimo l’atto impositvo per difetto di motivazione stante la mancata allegazione ad esso e, comunque, la mancata conoscenza da parte del contribuente del richiamato p.v.c. della G.d.F. con correlata documentazione extracontabile ancorché, ad avviso della giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 2203/2006), la motivazione per relationem sia valida, anche nelle ipotesi di omessa allegazione, quando nell’avviso è riprodotto il contenuto essenziale dell’atto richiamato; peraltro, ad avviso della ricorrente, alla asserita mancata produzione in giudizio da parte dell’Ufficio degli atti presupposti richiamati per relationem nell’atto impositivo, avrebbe potuto sopperire il giudice di appello disponendone d’ufficio l’esibizione in giudizio;
– il motivo è fondato per le ragioni di seguito indicate;
– ai sensi del disposto dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212 e dell’art. 42, comma 2, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, come successivamente modificato dall’art. 1, comma 1, lettera c), del d.lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione, però, che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento (Cass., sez. 5, 25/03/2011, n. 6914, Rv. 61715 – 01), o, ancora, che gli atti richiamati siano già conosciuti dal contribuente per effetto di precedente notificazione (Cass., sez. E, 25/07/2012, n. 13110, Rv. 623857 – 01).
– in particolare, deve ritenersi che anche l’art. 7, comma 1, dello Statuto del contribuente (così come espressamente previsto dall’art. 42 del d.P.R. citato), nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento da esso richiamato in motivazione, si riferisca esclusivamente agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza (Cass., sez. 5, 4/7/2014, n. 15327, Rv. 631550);
– peraltro, l’avviso di accertamento privo, in violazione dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 7 della l. n. 212 del 2000, di una congrua motivazione è illegittimo, senza che la stessa possa, essere “integrata” in giudizio dall’Amministrazione finanziaria, in ragione della natura impugnatoria del processo tributario (Cass., sez. 6-5, 21/05/2018, n. 12400, Rv. 648519 -01; Cass. n. 4179 del 2019);
– nella specie, la CTR non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi, avendo ravvisato il difetto di motivazione dell’atto impositivo impugnato, per non essere stati né allegati, né altrimenti conosciuti dal contribuente, né prodotti in giudizio dall’Ufficio, il p.v.c. della G.d.F. e la acquisita documentazione extracontabile richiamati per relationem nell’avviso di accertamento, senza verificare se di tali richiamati atti ne risultasse riprodotto nell’atto impugnato il contenuto essenziale (essendosi la CTR limitata ac affermare che “sul contenuto e natura di tali atti non veniva fornita alcuna completa delucidazione” e che “sugli atti richiamati in motivazione, l’avviso non è di facile comprensione” pagg. 3-4 della sentenza impugnata);
– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 e 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., in combinato agli artt. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, nonché dell’art. 115 c.p.c., per avere la CTR ritenuto che – a fronte della contestazione dell’Ufficio di indebita deduzione di costi e detrazione di Iva in relazione a fatture soggettivamente fittizie – l’accertamento fosse basato su presunzioni carenti dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, in quanto vi era la prova documentale dell’effettivo pagamento dei corrispettivi e dell’Iva da parte del contribuente n relazione agli autoveicoli acquistati dalla assunta ditta cartiera nonché della successiva rivendita degli stessi, ancorché per giurisprudenza di legittimità (ex multis, Cass. 21080 del 2011; n. 13825 del 2012) il diritto alla detrazione dell’imposta non sorge per il solo fatto del pagamento della merce e della corresponsione dell’imposta formalmente indicata in fattura, trattandosi di circostanze non decisive in rapporto alle peculiarità del meccanismo Iva e dei relativi possibili abusi;
– in disparte l’avere la ricorrente evocato erroneamente in rubrica sia il n. 4 che, “ove occorrere possa”, il n. 3 del comma 1 dell’art. 360 c.p.c. per essere il motivo chiaramente sviluppato in termini di violazione e falsa applicazione di norme di legge, lo stesso è fondato;
– in materia, questa Corte ha affermato il seguente principio di diritto: “In tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, n tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi” (Cass. sez. 5, n. 9851 del 20/04/2018; Sez. 5, n. 27566 del 30/10/2018; sez. 6 – 5, Ord. n. 5873 del 28/02/2019);
– la CTR non si è attenuta al suddetto prIncipio, avendo ritenuto che costituisse prova decisiva contraria l’avvenuto pagamento da parte del contribuente dei corrispettivi e dell’Iva per gli autoveicoli acquistati dalla ditta c.d. cartiera, prova avvalorata dalla produzione anche delle fatture emesse in occasione della successiva rivendita a terzi;
– in conclusione, va accolto il ricorso, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, che provvederà altresì a valutare, con riguardo alle imposte sui redditi, l’eventuale applicazione, quanto alle operazioni soggettivamente inesistenti, dello ius superveniens di cui alla L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, comma 4 bis, (nella formulazione introdotta con il D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 8, comma 1, conv. in L. 26 aprile 2012, n. 44);
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di legittimità alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione.
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