CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 novembre 2022, n. 33345
Licenziamento – Inefficacia – Reintegra – Indennità ex art. 18 St. lav – Calcolo – Aggiornamenti retributivi maturati dal giorno del licenziamento a quello della reintegra – Inclusione
Rilevato che
1. Nella gravata sentenza si legge che, con pronuncia del 20.12.2013 il Tribunale di Catania, statuendo sull’opposizione proposta dal C.C.d.M.e C. – C.C. spa avverso il decreto ingiuntivo con il quale era stato intimato il pagamento in favore di P.A., a titolo di risarcimento del danno ex art. 18 legge n. 300 del 1970, della somma di euro 24.794,54, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, aveva dichiarato il diritto dell’opposta a percepire l’importo di euro 24.794,54 a titolo di risarcimento del danno in forza della sentenza n. 3736/2010; aveva, poi, dichiarato il diritto della società alla ripetizione della somma di euro 17.068,28 indebitamente pagata e, revocato il decreto ingiuntivo e operata la compensazione, aveva condannato la opponente al pagamento, in favore della lavoratrice, dell’ammontare di euro 7.726,26 oltre accessori.
2. A fondamento della decisione il Tribunale aveva rilevato che: a) con sentenza n. 3736/2010, passata in giudicato, era stata dichiarata l’inefficacia del licenziamento intimato alla lavoratrice, con reintegra della stessa nel posto di lavoro in precedenza occupato; b) che stante il ripristino del rapporto il pagamento del TFR costituiva un indebito oggettivo sopravvenuto; c) la “retribuzione globale di fatto” doveva essere intesa come “coacervo delle somme” che risultavano dovute, anche in via continuativa, purché non occasionale, in dipendenza del rapporto di lavoro e in correlazione ai contenuti e alle modalità di esecuzione della prestazione per cui, per la determinazione dell’indennità prevista dall’art. 18 St. lav., andavano ricompresi tutti gli emolumenti di carattere continuativo collegati alle particolari modalità della prestazione al momento del licenziamento; d) sulla scorta della espletata ctu il credito della lavoratrice era risultato essere di euro 24.992,27.
3. La Corte di appello di Catania, sul gravame proposto dalla società, in parziale riforma della impugnata pronuncia, ha condannato la lavoratrice a restituire alla società la somma di euro 1.785,87, oltre interessi.
4. Per quello che interessa in questa sede, la Corte distrettuale, nel riformulare il dare e l’avere tra le parti, ha ritenuto che, quale nozione di retribuzione globale di fatto ai fini del calcolo della indennità ex art. 18 St. lav., dovesse essere intesa unicamente l’importo percepito al momento del licenziamento illegittimo, senza alcun riferimento alla successiva dinamica economica che la retribuzione avrebbe potuto subire qualora il dipendente fosse rimasto in servizio.
5. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione A.P. affidato ad un unico motivo.
6. La società C.C.d.M.e C. C.C. spa non ha svolto attività difensiva.
7. La ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
1. Con un unico articolato motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 18 co. 4 della legge n. 300 del 1970, ratione temporis vigente, deducendo che, a differenza di quanto sostenuto dalla Corte di merito, nel concetto di “retribuzione globale di fatto” previsto dalla disposizione sopra richiamata, che non riportava la precisazione “ultima retribuzione”, come invece statuito dalla nuova formulazione dell’articolo, nel calcolo della relativa indennità avrebbero dovuto essere incluse tutte le voci stipendiali corrisposte al lavoratore subordinato, anche in via continuativa (purché non occasionale), in dipendenza del rapporto di lavoro e in correlazione ai contenuti e alle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, così da costituire il trattamento economico normale che sarebbe stato goduto effettivamente dal lavoratore, se non vi fosse stata la sua estromissione illegittima.
2. Il motivo è fondato.
3. La Corte territoriale ha fondato le proprie ragioni sull’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, consolidatosi nel 2014, secondo cui l’indennità ex art. 18 l. n. 300/1970 (nella formulazione anteriore alle modifiche apportate dalla legge n. 92 del 2012) deve essere determinata con riferimento alla retribuzione percepita dal lavoratore al momento dell’intimazione del recesso, non prendendo, dunque, in considerazione, ai fini del calcolo di suddetta indennità, i c.d. aggiornamenti retributivi connessi all’effettiva prestazione (Cass. n. 2887/2014) maturati dal giorno del licenziamento a quello della reintegra.
4. Il richiamato orientamento, che già si poneva in contrasto con le sentenze di questa Corte n. 2711/1981 e n. 19285 del 2011, è stato definitivamente superato da precedenti più recenti (Cass. 15066/2015; Cass. n. 27750/2020 e Cass. n. 6744/2022) alle cui argomentazioni questo Collegio si riporta.
5. In particolare, è stato precisato che l’indennità risarcitoria per licenziamento illegittimo deve essere commisurata, non più in base ad una media delle retribuzioni precedentemente percepite dal lavoratore ante illegittima estromissione, ma in base alla retribuzione che quest’ultimo avrebbe percepito, se avesse effettivamente lavorato. (Cass. n. 19285/2011; Cass. n. 15066/2015; Cass. n. 27750/2020).
6. Per retribuzione globale di fatto deve, infatti, intendersi appunto quella che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato, dovendosi ricomprendere nel suo complesso anche ogni compenso avente carattere continuativo che si ricolleghi a particolari modalità di prestazione in atto al momento del licenziamento, in quanto, ove si provvedesse in senso contrario, si addosserebbero al lavoratore conseguenze negative derivanti da un comportamento illegittimo tenuto dal datore di lavoro (Cass. n. 29105/2019; Cass. n. 19956/2009; Cass. n. 27750/2020).
7. Peraltro, la funzione dell’indennità ex art. 18 l. n. 300/1970 è quella di ripristinare lo status quo ante al licenziamento illegittimo ed è proprio in ragione di ciò che la sua commisurazione deve essere calcolata in base alla retribuzione che il lavoratore avrebbe concretamente percepito ove non fosse stato illegittimamente estromesso dall’azienda (Cass. n. 29105/2019; Cass. n. 1037/2002).
8. Nel caso di specie, dunque, non è condivisibile l’argomentazione della Corte territoriale circa l’irrilevanza della dinamica economica incidente sulla retribuzione perché, invece, in tema di conseguenze patrimoniali da licenziamento illegittimo ex art. 18 St. lav., la retribuzione globale di fatto deve essere commisurata a quella che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato, ad eccezione dei compensi eventuali e di cui non sia certa la percezione, nonché di quelli legati a particolari modalità di svolgimento della prestazione ed aventi normalmente carattere occasionale o eccezionale (Cass. n. 27750/2020).
9. Non essendosi attenuta la Corte distrettuale a tali principi, il ricorso deve, pertanto, essere accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto -in quanto in primo grado, attraverso una consulenza tecnica di ufficio contabile, i cui risultati non sono stati contestati, era stata accertata la natura salariale degli incrementi richiesti (e non quella di meri incentivi) ed era stato calcolato, previa decurtazione dell’aliunde perceptum ed operata la compensazione con il TFR già corrisposto, l’importo effettivo dovuto alla lavoratrice- la società va condannata al pagamento della somma di euro 7.761,59, oltre rivalutazione monetaria secondo indici istat e interessi legali calcolati sul capitale progressivamente rivalutato dalla maturazione di ciascun credito al soddisfo.
10. Le spese di lite, ivi comprese quelle di ctu, seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna il C.C.d.M.e C. C.C. spa al pagamento, in favore di P.A., della somma complessiva di euro 7.726,26, oltre rivalutazione monetaria secondo indici ISTAT e interessi legali calcolati sul capitale progressivamente rivalutato dalla maturazione di ciascun credito al soddisfo. Condanna la suddetta società al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese di lite che si liquidano, per compensi, in euro 2.000,00 per il giudizio di primo grado, in euro 3.000,00, per il giudizio di secondo grado e in euro 5.000,00 per il presente giudizio di cassazione, oltre, per ciascun grado, alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 e agli accessori di legge; pone definitivamente le spese di ctu a carico della società.
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