CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 ottobre 2018, n. 25257
Tributi – Accertamento – Verifica fiscale – Riscossione – PVC – Contenzioso tributario
Ritenuto in fatto
1. In seguito a processo verbale di constatazione redatto dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Bergamo al termine di una verifica fiscale generale nei confronti della F.C. s.p.a., società unipersonale in liquidazione e concordato preventivo, l’ente impositore emetteva due avvisi di accertamento per l’anno di imposta 2004, determinando un reddito imponibile ai fini IRES, IRAP e IVA, oltre a omessa effettuazione e omesso versamento di ritenute, mentre per l’anno 2005 accertava un maggior imponibile ai fini IRES e IRAP.
La F.C. s.p.a. proponeva ricorso contro entrambi gli avvisi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo, che, con sentenza del 7/11/2008, li accoglieva parzialmente, annullando le riprese fiscali indicate specificamente in sentenza.
L’Agenzia delle Entrate di Bergamo proponeva appello, chiedendo la riforma della sentenza impugnata sui punti sfavorevoli, a cui resisteva la F.C. s.p.a.
Con sentenza del 13/10/2011-7/2/2012 la Commissione Tributaria Regionale di Milano, Sezione Staccata di Brescia, in parziale accoglimento dell’appello, respingeva l’originario ricorso del contribuente in riferimento alla ripresa a tassazione di costi non deducibili per € 4.187,89 per l’anno 2004 e per € 15.561,66 per l’anno 2005, relativa a quota indennità suppletiva clientela e spese di rappresentanza non deducibili per € 3.336,67, confermando nel resto l’impugnata sentenza, a spese compensate.
2. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, notificato a mezzo posta il 30/11/2012, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata e proponendo unico motivo volto a dedurre violazione e/o falsa applicazione dell’art. 102, comma 3, T.U.I.R., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod.proc.civ.
La ricorrente si duole della decisione assunta con riferimento al motivo di appello relativo agli indebiti ammortamenti anticipati operati dalla società contribuente per gli anni di imposta 2004 e 2005 sui beni provenienti dal conferimento aziendale del 20/6/2003.
Secondo la Commissione Tributaria Regionale sul disposto dell’art. 102, comma 3, T.U.I.R. prevaleva per specialità l’art. 4, comma 1, del d.lgs. 358/1997: l’Agenzia ricorrente dissente da tale interpretazione, escludendo che la seconda norma si ponga come eccezione alla regola sancita dalla prima.
Secondo la ricorrente, i beni materiali trasferiti al conferitario a mezzo conferimento, posseduti da un precedente distinto soggetto giuridico (il conferente) non possono essere considerati in capo al conferitario, successivo utilizzatore, come beni nuovi, sicché questi può legittimamente procedere all’ammortamento solo nell’esercizio in cui i beni sono entrati in funzione (e cioè nell’anno di imposta 2003).
A sostegno dell’interpretazione auspicata la ricorrente richiama altresì il contenuto della circolare 320/1997, punti 2.10.2. e 2.5.2.
4. Resiste con controricorso notificato il 14/1/2013 la F.C. s.p.a. in liquidazione e concordato preventivo, chiedendo il rigetto del ricorso, con vittoria di spese.
La controricorrente sostiene che il conferimento «a saldi aperti» ex art. 4 d.lgs. 358/1997 determina una successione del conferitario nella posizione fiscale del conferente per quanto riguarda i beni trasferiti, e non una mera cessione di beni; di conseguenza, egli ben può proseguire gli ammortamenti anticipati iniziati dal precedente possessore, in regime di perfetta continuità fiscale.
La circolare ministeriale 320/1997, con il rimando al punto 2.5.2. previsto al punto 2.10.2., si riferisce, secondo la resistente, solo alle modalità di determinazione degli ammortamenti nell’ipotesi di conferimento effettuato nel corso del periodo di imposta e non anche all’assimilazione dei beni ricevuti per effetto di conferimento a cespiti usati.
4. In data 16/5/2018 il Procuratore generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso, ritenendo che il principio della continuità fiscale ricavabile dall’art. 4, comma 1, d.lgs. 358/1997 non sia derogato dall’art. 102, comma 3, T.U.I.R., che non incide sugli elementi dell’attivo e del passivo dell’azienda, ma si limita a dettare regole per la deduzione dei beni ammortizzabili della conferente da parte della conferitaria; fra le due norme non vi sarebbe contraddizione ma compatibilità, seppur non immediatamente evidente.
5. Con memoria in data 2/6/2018 la resistente ha ribadito il contenuto del proprio controricorso e ha sottolineato le differenze fra il conferimento «a saldi aperti», configurabile nel caso di specie ex art. 4 d.lgs. 358/1997 (ora trasfuso nell’art. 176 T.U.I.R.), e quello «a saldi chiusi» descritto all’art. 3 del medesimo decreto legislativo 358/1997, dissentendo motivatamente dall’opinione espressa dal Procuratore generale in nome del principio della continuità fiscale.
Considerato in diritto
1. Le norme in apparente conflitto, invocate dalle parti contrapposte sono, da un lato, l’art. 102, comma 3, T.U.I.R. [modificato dall’articolo 36, comma 5, del d.l. 4/7/2006, n. 223 e successivamente abrogato, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31/12/2007, dall’articolo 1, comma 33, lettera n), numero 1), della legge 24/12/2007, n. 244] invocato dalla ricorrente Agenzia delle Entrate, secondo il quale nell’ipotesi di beni già utilizzati da parte di altri soggetti, l’ammortamento anticipato può essere eseguito dal nuovo utilizzatore soltanto nell’esercizio in cui i beni sono entrati in funzione; dall’altro, l’art. 4 del d.lgs. 358/1997, invocato a sua volta dal contribuente e applicato dai Giudici del merito, secondo il quale i conferimenti di aziende possedute per un periodo non inferiore a tre anni, effettuati tra i soggetti indicati nell’articolo 87, comma 1, lettere a) e b), T.U.I.R., non costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze, ma il soggetto conferente deve assumere, quale valore delle partecipazioni ricevute, l’ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita e il soggetto conferitario subentra nella posizione di quello conferente in ordine agli elementi dell’attivo e del passivo dell’azienda stessa, facendo risultare da apposito prospetto di riconciliazione, da allegare alla dichiarazione dei redditi, i dati esposti in bilancio e i valori fiscalmente riconosciuti.
Secondo la Commissione Tributaria Regionale, tale seconda norma, speciale rispetto alla prima, doveva prevalere sulla disciplina generale degli ammortamenti dei beni materiali, avuto riguardo alla particolarità del regime del conferimento delle aziende nelle quali siano ricompresi beni strumentali assoggettati ad ammortamento.
2. Le conclusioni della Commissione Regionale non possono essere condivise, poiché si verte pacificamente in tema di ammortamenti anticipati, oggetto di specifica disciplina agevolatoria rispetto al generale regime, regolato, sotto il profilo civilistico, dall’art. 2426, n. 2, cod.civ., secondo il quale il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione, e sotto il profilo tributario, dall’art. 102, commi 1 e 2, T.U.I.R.
3. L’ammortamento è un procedimento contabile con il quale un costo pluriennale viene ripartito tra gli esercizi di vita utile del bene, facendolo partecipare per quote alla determinazione del reddito dei singoli esercizi.
Infatti, quando un’azienda acquista un bene destinato a essere utilizzato per più anni, ad esempio un macchinario, il relativo costo sostenuto viene ripartito in funzione del numero di anni per l’acquisto in tante quote quanti sono gli esercizi nei quali il macchinario sarà presumibilmente impiegato; ciò al fine di evitare che il costo venga imputato interamente nell’esercizio in cui viene acquistato, disattendendo il principio della competenza economica dei componenti reddituali.
L’ammortamento dettato dal legislatore fiscale si applica in sede di determinazione della base imponibile ai fini della liquidazione delle imposte; mentre l’ammortamento civilistico è libero (salvo alcune specifiche limitazioni introdotte dal codice civile), quello fiscale deve essere determinato in base a precise aliquote pubblicate con decreto ministeriale ogni anno, che indicano la quota massima deducibile ai fini della determinazione del reddito d’impresa fiscalmente imponibile (art. 102, comma 2, T.U.I.R.).
4. La forma agevolata di ammortamento che viene in considerazione nella presente controversia, di cui si era avvalso il dante causa della F.C. s.p.a., prima del conferimento di azienda, consentiva, sino all’abrogazione, decretata dalla legge 24/12/2007, n. 244 (legge finanziaria del 2008), ai contribuenti di differire nei primi tre esercizi l’ammortamento del bene strumentale acquistato, ovvero, di raddoppiare la quota di ammortamento nei primi due esercizi, così consentendo, tramite agevolazione rispetto alle quote ammesse in linea generale dal 2° comma dell’art. 102 T.U.I.R., la riduzione del carico fiscale delle imprese che investivano in beni strumentali.
5. Le disposizioni agevolatorie, quali quella in esame, al pari delle disposizioni di esenzione, derogano ai principi generali in materia tributaria e in particolare al principio di assoggettamento tributario di ogni manifestazione di capacità contributiva, sancito dall’art. 53 Cost., rivestono natura eccezionale ai sensi dell’art. 14 disp.prel cod.civ. e debbono pertanto ritenersi di stretta interpretazione, non trovando applicazione oltre i casi espressamente e specificamente considerati (ex multis: Sez. U, n. 9560 del 02/05/2014, Rv.630841 01; Sez. 5, n. 22520 del 27/09/2017 Rv. 645642 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 2925 del 07/02/2013, Rv. 625274 – 01; Sez. 5, n. 20117 del 16/11/2012, Rv. 624177 – 01; Sez. 5, n. 8825 del 01/06/2012, Rv. 622997 – 01; Sez. 1, n. 2376 del 21/07/1971, Rv. 353303 – 01).
Di conseguenza, se il conferitario di azienda ben può avvalersi del principio di continuità fiscale ai sensi dell’art. 4 d.lgs. 358/1997, subentrando nella posizione giuridica del conferente ed avvalersi degli ammortamenti ordinari relativi ai beni strumentali conferiti, tale subentro trova deroga quanto agli ammortamenti anticipati, praticati in regime agevolato dal conferente, al cui riguardo deve invece trovare applicazione, come sostenuto dall’Agenzia e dal Procuratore generale il predetto art. 102, comma 3.
6. Del resto, tra le norme invocate sussiste specialità reciproca, essendo l’una (l’art. 102, comma 3, T.U.I.R.) dettata con riferimento allo specifico tema dell’ammortamento dei beni materiali e in particolare alla cessione dei beni già da altri utilizzati, l’altra (l’art. 4 d.lgs. 358/1997) dettata con riferimento al caso del conferimento dell’azienda e in generale al tema della continuità di posizioni fiscali.
Si tratta quindi di attribuire la prevalenza alla nota specializzante dell’ammortamento di beni usati in precedenza da altri, ancorché acquisiti attraverso conferimento aziendale, rispetto a quella del conferimento aziendale, pur riguardante anche beni soggetti ad ammortamento.
Secondo la Corte, per le ragioni sopra esposte, l’invocazione di questa seconda norma non può valere ad estendere oltre i casi espressamente considerati l’applicazione del regime agevolatorio, di natura eccezionale, dell’ammortamento anticipato.
7. La sentenza impugnata, in accoglimento del motivo di ricorso deve essere cassata, con rinvio, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, che si atterrà all’esposto principio di diritto.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione.
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