CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 ottobre 2019, n. 25716
Tributi – Avviso di accertamento – Notifica – Mancata corrispondenza tra la raccomandata indicata nella distinta dei plichi consegnati dall’Agenzia delle Entrate all’ufficio postale e la raccomandata inviata alla contribuente – Vizio di notifica – Nullità
Rilevato che
Con sentenza in data 17 aprile 2018 la Commissione tributaria regionale del Piemonte accoglieva l’appello proposto da A. V. avverso la decisione della Commissione tributaria provinciale di Torino che aveva parzialmente accolto il ricorso proposto dalla contribuente contro gli avvisi di accertamento con i quali era stato rettificato, ai sensi dell’art. 38 d.P.R. n. 600/1973, il reddito della V. in relazione agli anni di imposta 2007 e 2008. Riteneva la CTR che la documentazione prodotta dall’Ufficio non era idonea a dimostrare la regolarità della notifica dell’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2007.
Avverso la suddetta sentenza, con atto del 27 luglio 2018, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Resiste con controricorso la contribuente.
Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.
Considerato che
Preliminarmente vanno esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso formulate dalla controricorrente. L’eccezione concernente la mancanza della firma digitale è infondata, risultando dalla relazione di notifica che l’originale informatico del ricorso è sottoscritto con firma digitale e non sussistendo dubbi sulla riferibilità dell’atto all’Agenzia ricorrente.
Le censure inerenti ad asserite carenze del ricorso in relazione al principio di autosufficienza sono del pari infondate, posto che il ricorso per cassazione, per come formulato, consente alla Corte di avere adeguata cognizione della controversia e del suo oggetto.
Con il primo mezzo l’Agenzia delle entrate denuncia violazione dell’art. 43 d.P.R. 600/1973, nonché dell’art. 149, comma 3, cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. Censura la sentenza impugnata per avere violato il principio della scissione soggettiva degli effetti delle notificazioni, ritenendo tardiva la notifica dell’avviso di accertamento pur rilevando che lo stesso era stato inviato il 31 dicembre 2012, prima quindi del maturare della decadenza ex art. 43 d.P.R. n. 600/1973.
In subordine, con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto decisivo, costituito dal numero della raccomandata spedita dall’agente postale.
Il primo motivo è inammissibile.
La CTR ha osservato: «la distinta delle raccomandate consegnate alla posta il 31.12.2012 contiene il plico numero 76449251666-0 ma non elenca il plico numero 76449251666 – 2, che avrebbe dovuto essere quello inviato alla contribuente; l’Ufficio afferma che quel giorno non sono stati spediti altri plichi, indentifica il plico numero 76449251666-0 come quello inviato alla contribuente, sostiene che l’ultimo numero è semplicemente un numero di controllo, mentre i numeri identificativi del plico sono i primi 11, e ribadisce che si è trattato di un mero errore materiale. Peraltro, nonostante la diligenza nelle ricerche, non può avere nessun ulteriore elemento formale che possa dimostrare la propria tesi». Orbene, dal trascritto passaggio motivazionale si evince come la CTR abbia posto a fondamento della decisione la mancanza di corrispondenza tra la raccomandata indicata nella distinta dei plichi consegnati dall’Agenzia delle entrate all’ufficio postale e la raccomandata inviata alla contribuente, circostanza che non consentiva di ritenere che l’avviso di accertamento fosse stato regolarmente notificato. Siffatta autonoma ratio decidendi, di per sé idonea a sorreggere la decisione, non è contestata dalla ricorrente, sicché la doglianza si palesa inammissibile (in termini, Cass. n. 4293 del 2016; Cass., Sez. U., n. 7931 del 2013).
Dall’esame del passaggio motivazionale della sentenza impugnata sopra riportato discende l’inammissibilità anche del secondo motivo di ricorso, essendo di tutta evidenza che la CTR ha esaminato il fatto decisivo e controverso costituito dal numero della raccomandata spedita dall’agente postale e, con accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità, è pervenuta alla conclusione che non vi fosse certezza circa il fatto che la raccomandata inviata alla contribuente riguardasse l’avviso di accertamento oggetto di giudizio.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’ Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 – quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge.
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