CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 ottobre 2022, n. 29734
Credito a titolo di TFR – Domanda di liquidazione da parte del Fondo di Garanzia – Adempimento spontaneo dell’INPS – Cessazione della materia del contendere – Compensazione delle spese di lite
Rilevato che
1. con sentenza 3 marzo 2021, la Corte di Appello di Roma ha dichiarato la sopravvenuta cessazione della materia del contendere e la compensazione integrale delle spese di entrambi i gradi di giudizio tra le parti: così riformando la sentenza di primo grado, che aveva riconosciuto il diritto di B.S. (dipendente della P.I.d.C.d.F.d.I.C., il cui rapporto era poi proseguito con la cessionaria d’azienda F.L.M.), in quanto ammessa allo stato passivo della procedura concorsuale della prima per il credito a titolo di TFR, alla relativa prestazione del Fondo di Garanzia ai sensi dell’art. 2 L. 297/1982 e condannato l’Inps al relativo pagamento, pari a € 31.244,17, oltre interessi e rivalutazione monetaria;
2. la dichiarata cessazione della materia del contendere è dipesa dalla richiesta dell’Inps, conseguente alla liquidazione della prestazione richiesta con l’integrale pagamento, da parte del Fondo di Garanzia, del credito della lavoratrice, comportante il sopravvenuto difetto di interesse a coltivare il processo;
3. la Corte territoriale ha, infine, compensato interamente le spese del giudizio tra le parti, in ragione della novità e particolare complessità delle questioni oggetto di controversia, considerato l’adempimento spontaneo dell’Inps;
4. con atto notificato il 31 agosto 2021, la lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, cui l’Inps ha resistito con controricorso;
5. entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 380bis c.p.c.
Considerato che
1. la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92 c.p.c., 111 Cost., 6 Cedu, 368 d.lgs. 14/2019, per erronea dichiarazione, da parte della Corte territoriale, della compensazione delle spese di giudizio nonostante la riconosciuta fondatezza della domanda della ricorrente, con erroneo riferimento al contrasto giurisprudenziale in materia anche per la novità del d.lgs. 14/2019 (Codice della Crisi e dell’Insolvenza d’Impresa), non ancora peraltro vigente (primo motivo);
violazione e falsa applicazione dell’art. 306 c.p.c., per erronea compensazione delle spese, nonostante la sostanziale rinuncia dell’ Inps all’appello, ad essa ostativa (secondo motivo);
2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono infondati;
3. in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (Cass. 19 giugno 2013, n. 15317; Cass. 31 febbraio 2017, n. 8421; Cass. 17 ottobre 2017, n. 24502);
3.1. tali motivi sono stati indicati dalla Corte territoriale (sub p.to 8 di pg. 2 della sentenza), che ha così assolto all’obbligo del giudice di provvedere sulle spese processuali dell’intero giudizio, in dipendenza della statuizione di cessazione della materia del contendere, salva la sua facoltà di disporne motivatamente la compensazione, totale o parziale (Cass. 21 giugno 2004, n. 11494; Cass. 17 febbraio 2016, n. 3148), insindacabili da questa Corte, rientrando nella valutazione di esclusiva pertinenza di merito, salvo la loro contrarietà a norme di legge (Cass. 12 marzo 2019, n. 7060);
4. non ricorre poi la diversa ipotesi della rinuncia, a sensi dell’art. 306 c.p.c., nella quale il giudice, dovendo il rinunciante rimborsare le spese alle altre parti, salvo diverso accordo tra loro, si limita alla liquidazione delle spese con ordinanza non impugnabile (ultimo comma): secondo un paradigma ben delimitato, peculiarmente connotato dal regime di (in)impugnabilità (Cass. 10 ottobre 2006, n. 21707; Cass. 9 novembre 2021, n. 32771), diverso da quello del caso di specie, di accertamento del sopravvenuto difetto di interesse per la ragione detta, rispetto alla quale il giudice ha l’obbligo di provvedere sulle spese processuali dell’intero giudizio, salva la sua facoltà di disporne motivatamente, così come avvenuto, la compensazione totale o parziale;
5. pertanto il ricorso deve essere rigettato, con regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535);
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 2.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
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