CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 settembre 2018, n. 22097
Tributi – tassa di occupazione degli spazi ed aree pubbliche (TOSAP) – Accertamento – Riscossione
Ragioni della decisione
Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016, osserva quanto segue;
Con sentenza n. 1625/2/2015, depositata il 24 luglio 2015, la CTR dell’Emilia – Romagna accolse l’appello proposto da H. S.p.A. (di seguito, per brevità, H.) nei confronti della Società Unipersonale I.C.A. – Imposte Comunali Affini S.r.l., (di seguito concessionaria) per l’accertamento, la liquidazione e la riscossione della tassa di occupazione degli spazi ed aree pubbliche (TOSAP) in nome e per conto del Comune di Longiano, in contraddittorio anche col suddetto Comune, avverso la sentenza della CTP di Forlì, che aveva rigettato il ricorso proposto da H. avverso avviso di accertamento per TOSAP in relazione all’occupazione di suolo pubblico a mezzo di condutture per la distribuzione del gas.
Avverso la sentenza della CTR la concessionaria ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui H. resiste con controricorso.
Detta ultima società ha altresì depositato, con allegata procura speciale, memoria critica alla proposta del relatore depositata in atti ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., richiamando l’istanza di rimessione della causa alle Sezioni Unite della Corte, per la cui valutazione il Primo Presidente ha investito il collegio.
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 38, comma 2, 39, 49, comma 1, lett. a), 46, comma 1, 47 del d. lgs. 15 novembre 1993, n. 507, nonché dell’art. 63, comma 2, lett. f) e comma 3, del d. lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, in relazione a quanto previsto dall’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., laddove la sentenza impugnata ha negato in capo ad H. la soggettività passiva d’imposta, affermando che essa “in effetti non è l’utilizzatrice del suolo pubblico, ma unicamente gestore e manutentore di una serie di beni (reti ed impianti) di proprietà altrui, nella fattispecie della società a capitale interamente pubblico Unica Reti Spa, i cui beni sono stati affidati in gestione ad H. spa mediante la stipula di un apposito contratto di affitto, in detto contratto vi è specificato che Unica Reti spa è la proprietaria di beni, reti e dotazioni patrimoniali destinate allo svolgimento dei servizi afferenti il contratto e che quindi è tenuta a mettere a disposizione di H. spa i beni necessari per lo svolgimento del servizio pubblico ad essa affidato. Quindi, detti beni, reti ed impianti sono gli oggetti che provocano l’occupazione di suolo pubblico, e quindi, dato che la proprietà risulta essere di Unica Reti è quest’ultimo soggetto ad essere l’effettivo soggetto passivo della tassa per l’occupazione di suolo pubblico”.
1.1. La CTR, al fine di corroborare detta statuizione, ha dichiarato quindi espressamente di non concordare con la giurisprudenza di legittimità, laddove “porta a ritenere preminente il fatto oggettivo della occupazione a qualsiasi titolo del suolo pubblico…”.
1.2. In effetti questa Corte ha avuto modo di esprimersi in analoghe controversie tra le stesse parti — specificamente, per quanto riguarda l’occupazione di suolo pubblico realizzata a mezzo impianti e condutture per la distribuzione del gas – con le sentenze della sezione tributaria n. 11882 e 11884 del 12 maggio 2017, rispettivamente relative alle annualità 2004 e 2005, e con le ordinanze Cass. sez. 6-5, 9 settembre 2017, n. 21698 (per l’anno 2006) e Cass. sez. 6-5, ord. 26 settembre 2017, n. 21907, per l’anno 2008 (si veda anche Cass. sez. 6- 5, ord. 20 settembre 2017, n. 21908, con riferimento all’occupazione realizzata mediante le condutture utilizzate per il servizio idrico. Muovendo dal principio secondo cui “il presupposto impositivo della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP) è costituito, ai sensi degli artt. 38 e 39 del d. lgs. 15 novembre 1993, n. 507, dalle occupazioni, di qualsiasi natura, di spazi ed aree, anche soprastanti e sottostanti il suolo, appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province, mentre sono irrilevanti gli atti di concessione o di autorizzazione relativi all’occupazione, atteso che la tassa colpisce anche le occupazioni senza titolo”, trovando il tributo la sua ratio nell’utilizzazione che il singolo faccia, nel proprio interesse, di un suolo altrimenti destinato all’uso della generalità dei cittadini (cfr. Cass. sez. 5, 22 febbraio 2002, n. 2555; Cass. sez. 5, 4 aprile 2002, n. 4820, Cass. sez. 5, 12 gennaio 2004, n. 238; Cass. sez. 5, 25 gennaio 2005, n. 1481; Cass. sez. 5, 29 luglio 2009, n. 17591), si è quindi osservato, nelle analoghe controversie tra le stesse parti, che il concetto di occupazione rilevante ai fini del tributo in oggetto è integrato dal solo fatto materiale della relazione materialmente instaurata con la cosa.
1.3. Emerge in maniera già sufficientemente chiara dai richiami giurisprudenziali di cui sopra che la contrapposizione – indicata in memoria da parte controricorrente, peraltro ipotizzata come inconsapevole, tra l’orientamento più recente, ricondotto solo alle sentenze ed ordinanze sopra citate del 2017, ed un orientamento pregresso che imporrebbe di considerare, ai fini della soggettività passiva d’imposta, solo in via residuale l’occupante di fatto rispetto al titolare della concessione per l’occupazione degli spazi ed aree pubbliche, che avrebbe reso necessaria la rimessione della controversia alle Sezioni Unite – non sussiste nei termini prospettati dalla controricorrente.
Tra le stesse pronunce citate dalla controricorrente a sostegno della propria tesi si rileva, peraltro, come Cass. sez. 5, 10 maggio 2005, n. 9695, non escluda ogni rilievo all’occupazione di fatto dell’impresa appaltatrice rispetto al titolare dell’atto di concessione o autorizzazione all’occupazione, mentre Cass. sez. 5, 6 agosto 2009, n. 18041 attenga più propriamente al problema della riferibilità dell’occupazione al soggetto esente, ai fini dell’applicazione dell’esenzione di cui all’art. 49, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 507/1993 (su cui, infra, sub 2). Infine la fattispecie decisa da Cass. sez. 5, 21 dicembre 2007, n. 27049 che, nell’affermare l’esclusiva soggettività passiva del costruttore del passo carrabile, escludendo rilievo sotto detto profilo di diverse pattuizioni intercorse tra questo ed il terzo locatario dell’immobile, è del tutto diversa da quella in esame in cui la proprietaria Unica Reti, titolare della concessione, ha affittato il ramo d’azienda delle attività inerenti la distribuzione del gas ad H..
1.4. Ritiene quindi la Corte di dover ribadire i principi di diritto richiamati sub 1.2., discendendone la fondatezza del primo motivo di ricorso, senza che occorra, pertanto, in questa sede, approfondire le ulteriori considerazioni esposte da parte ricorrente riguardo agli effetti del contratto d’affitto di ramo d’azienda delle attività sopra indicate, seguito a scissione dei rami d’azienda, sull’originaria concessione di occupazione di suolo pubblico.
1.5. È appena il caso, infine, di osservare, riguardo al contenuto della memoria di parte controricorrente, che non vi è accertamento di fatto, che non sia stato oggetto di censura da parte ricorrente, nell’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui “H. non è l’utilizzatrice del suolo pubblico”.
Si tratta, ad ogni evidenza, di espressione utilizzata in maniera del tutto atecnica in un contesto motivazionale che si è riportato sub 1 per esteso proprio per evidenziare l’erroneità della motivazione in diritto volta ad escludere, nella fattispecie in esame, la soggettività passiva d’imposta di H. come occupante di fatto a fronte dell’esistenza di soggetto proprietario degli impianti e titolare della concessione, donde la puntuale censura della ricorrente secondo il motivo trascritto in detto paragrafo.
2. Del pari è manifestamente fondato il secondo motivo, col quale la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 49, comma 1, lett. a) ed e) del d.lgs. n. 507/1993, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., nella parte in cui ha ritenuto comunque sussistente nella fattispecie l’ipotesi di esenzione di cui all’art. 49, comma 1, lett. e) del d. lgs. n. 507/1993, secondo cui sono esenti dalla tassa “le occupazioni con impianti adibiti ai servizi pubblici nei casi in cui ne sia prevista, all’atto della concessione o successivamente, la devoluzione gratuita al comune o alla provincia al termine della concessione medesima”, senza in realtà neppure accertare la ricorrenza di detta circostanza, che anzi il richiamato contratto di affitto d’azienda, indicato puntualmente nella relativa produzione e riportato
nei suoi passaggi essenziali in ricorso in ossequio al principio di autosufficienza, non sembra prevedere.
2.1. Quanto all’esenzione di cui all’art. 49, comma 1 lett. a), relativamente alle occupazioni effettuate dallo Stato e, per quanto qui rileva, dagli altri enti pubblici indicati nella citata norma, giova innanzitutto ricordare, come affermato da Cass. n. 18041/2009, citata da parte della sentenza impugnata ed indicata dalla stessa controricorrente a sostegno del proprio assunto, che la norma, perché l’esenzione possa operare, postula che l’occupazione sia posta in essere direttamente dal soggetto esente.
Anzi in tale contesto va altresì ricordato come recentemente questa Corte (cfr. Cass. sez. 5,11 maggio 2017, n. 11668 e n. 11669; Cass. sez. 5, 12 maggio 2017, n. 11886), in tema di occupazione di soprassuolo mediante viadotti autostradali, abbia, riguardo a detta fattispecie, affermato la soggettività passiva d’imposta in capo alla società autostrade, alla quale si doveva la costruzione dell’opera e la sua gestione economica e funzionale, “a nulla rilevando che l’opera sia di proprietà dello Stato, al quale ritornerà la gestione al termine della concessione”.
3. L’accoglimento dei primi due motivi di ricorso comporta l’assorbimento del terzo.
4. La sentenza impugnata va per l’effetto cassata in accoglimento dei primi due motivi di ricorso e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 2, ultima parte, c.p.c., con pronuncia di rigetto dell’originario ricorso di H..
5. Possono essere compensate, tenuto conto dell’esito alterno tra le parti le spese del doppio grado del giudizio di merito, ponendosi, nel rapporto tra le parti costituite, le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, secondo soccombenza a carico della controricorrente, nulla disponendosi quanto alle spese nel rapporto processuale tra la concessionaria ed il Comune intimato nel giudizio di legittimità ai soli fini del litisconsorzio di natura processuale.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso in relazione ai primi due motivi, assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originaria ricorso della contribuente. Dichiara compensate tra le parti le spese del doppio grado del giudizio di merito e condanna la controricorrente al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, se dovuti.
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