CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 settembre 2018, n. 22098
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Cessazione della materia del contendere – Inammissibilità del ricorso
Ragioni della decisione
costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016, osserva quanto segue;
Con sentenza n. 905/6/2015, depositata il 14 settembre 2015, la CTR dell’Abruzzo – sezione staccata di Pescara, rigettò l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della F.H. (di seguito società) avverso la sentenza di primo grado della CTP di Pescara, che aveva accolto i ricorsi riuniti proposti dalla società avverso i provvedimenti di diniego resi dall’Ufficio sulle istanze della società volte ad ottenere il rimborso di crediti d’imposta ritenuti dalla società spettanti ai sensi dell’art. 10 della Convenzione Italia – Francia contro le “doppie imposizioni”, ratificata con l. 7 gennaio 1992, n. 20, in relazione a dividendi percepiti nell’anno 2003 dalla controllata italiana H.A. s.r.l.
I suddetti provvedimenti espressi di diniego di rimborso erano stati emessi a seguito di svolgimento d’istruttoria, dopo che la società aveva già impugnato il silenzio – rifiuto formatosi sulle istanze di rimborso presentate il 28 aprile 2003 ed il 24 dicembre 2003.
Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.
La società resiste con controricorso.
L’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria, rappresentando che in relazione all’oggetto del presente giudizio deve ritenersi cessata la materia del contendere, essendo state decise in senso favorevole all’Amministrazione le cause concernenti le impugnazioni del silenzio – rifiuto originariamente formatosi sulle due sopra menzionate istanze di rimborso.
1. Con l’unico motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. e dell’art. 2 della l. 7 agosto 1990, n. 241, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. lamentando l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che la proposizione di un ricorso giurisdizionale avverso il silenzio – rifiuto formatosi su un’istanza di rimborso determini la consumazione dei poteri istruttori e provvedimentali dell’Amministrazione.
1.1. Osserva la Corte che, come correttamente evidenziato dall’Amministrazione finanziaria nella memoria depositata in atti, essendo intervenute tra le parti, in pendenza del presente giudizio, le sentenze, Cass. sez. 5, nn. 25584 e 25585 del 2017, entrambe depositate il 27 ottobre 2017, che, rigettando i ricorsi proposti dalla società, hanno confermato definitivamente la legittimità del silenzio – rifiuto formatosi sulle originarie istanze di rimborso avanzate dalla società stessa, si è determinata la sopravvenuta carenza d’interesse dell’Amministrazione al ricorso oggetto del presente giudizio; ciò in quanto l’interesse ad agire, e quindi anche l’interesse ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione (o l’impugnazione), ma anche al momento della decisione, perché è in relazione quest’ultimo – e alla domanda originariamente formulata, che deve essere valutato (cfr. ex multis, Cass. sez. 5, 13 febbraio 2015, n. 2934; Cass. sez. 2, 25 settembre 2013, n. 21951).
Sicché la questione sulla legittimità o meno dei provvedimenti espressi di diniego sulle istanze di rimborso è divenuta priva di rilievo concreto, una volta affermata comunque la legittimità del diniego in relazione al silenzio – rifiuto già formatosi sulle istanze di rimborso, per effetto delle succitate sentenze Cass. nn. 25884 e Cass. n. 25585/17.
2. In relazione alla sopravvenienza di dette pronunce in pendenza del presente giudizio, possono essere compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
3. Non si applica l’art. 13, comma 1 – quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, sia per essere la ricorrente amministrazione pubblica, difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, sia per essere stata la declaratoria d’inammissibilità determinata dalla sopravvenuta carenza d’interesse al ricorso (cfr. Cass. sez. 3, 10 febbraio 2017, n. 3542).
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
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