CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 settembre 2018, n. 22103
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Parte vittoriosa nel merito in primo grado, rimasta soccombente su una determinata questione – Mancata proposizione di impugnazione incidentale sul punto – Formazione di giudicato interno
Rilevato
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione semplificata;
che l’Istituto P.C. ONLUS propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, che aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Brescia. Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione della contribuente avverso un avviso di accertamento di rendita catastale, per un immobile posto in comune di Chiari;
Considerato
che il ricorso è affidato a tre motivi;
che, col primo, l’Istituto C. invoca nullità della sentenza impugnata per violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunziato ex art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.: la sentenza impugnata avrebbe accolto l’appello dell’Agenzia, senza esaminare il dedotto, motivo di nullità dell’accertamento per difetto di motivazione;
che, col secondo, il ricorrente assume violazione e falsa applicazione dell’art. 7 comma 10 I. n. 212/2000 e art. 3 I. n. 241/1990, in relazione all’art.360 n. 3 c.p.c, giacché l’avviso di accertamento sarebbe stato privo di motivazione, non indicando i presupposti di fatto e di diritto, nonché le ragioni giuridiche che lo avevano determinato;
che, col terzo, il contribuente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 6, 8, 61 e 62 DPR n. 1142/1949, in relazione all’art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., giacché la CTR avrebbe erroneamente ritenuto legittima la modifica del classamento di immobile sulla scorta di elementi tecnici e contabili non indicati nell’avviso di accertamento e mai dimostrati nel corso del giudizio, senza oltre tutto che controparte avesse dimostrato lo scopo di lucro dell’unità immobiliare;
che l’Agenzia si è costituita con controricorso;
che il primo motivo è inammissibile;
che infatti, come si evince dalla sentenza impugnata e come ammette lo stesso ricorrente, in primo grado la CTP “accoglieva il ricorso, rilevando che, se da un lato era infondata la doglianza relativa all’asserito difetto di motivazione dell’atto impugnato, dall’altro il discrimine fondamentale tra le categorie B/1 (ordinaria) e D/4 (speciale) era la finalità di lucro dell’immobile censito..”;
che, pertanto, il primo giudice aveva esplicitamente respinto il motivo di ricorso riguardante l’atto impugnato e che l’Istituto non ha proposto sul punto appello incidentale;
che, in tema di impugnazioni, qualora un’eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un’enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex art. 345, comma 2, c.p.c. (per il giudicato interno formatosi ai sensi dell’arrt. 329, comma 2, c.p.c.), nè sufficiente la mera riproposizione, utilizzabile, invece, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure (Sez. U, n. 11799 del 12/05/2017; Sez. 6-3, n. 24658 del 19/10/2017);
che, anche nel processo tributario, la parte, totalmente vittoriosa nel merito, rimasta soccombente su una determinata questione, onde evitare la formazione del giudicato interno, deve necessariamente proporre impugnazione incidentale sul punto, non essendo sufficiente la mera riproposizione della questione in appello, ai sensi dell’art. 56 del d.lgs. n. 546 del 1992, poiché la dizione “non accolte” ivi utilizzata riguarda le sole domande ed eccezioni su cui il giudice non si sia espressamente pronunciato (Sez. 5, n. 16477 del 05/08/2016; Sez. 5, 23228 del 13/11/2015);
che il secondo motivo resta assorbito;
che il terzo motivo è infondato, giacché il provvedimento di attribuzione della rendita catastale di un immobile è un atto tributario che inerisce al bene che ne costituisce l’oggetto, secondo una prospettiva di tipo “reale”, riferita alle caratteristiche oggettive (costruttive e tipologiche in genere),
che costituiscono il nucleo sostanziale della cd. “destinazione ordinaria”, sicché l’idoneità, del bene a produrre ricchezza va ricondotta, prioritariamente, non al concreto uso che di esso venga fatto, ma alla sua destinazione funzionale e produttiva, che va accertata in riferimento alle potenzialità d’utilizzo purché non in contrasto con la disciplina urbanistica (Sez. 5, n. 12025 del 10/06/2015);
che, nella specie, l’immobile presenta caratteristiche oggettive e strutturali di categoria speciale (perché costruito ed adibito a, speciali esigenze di un’attività commerciale, ed in mancanza della prova di radicali trasformazioni tali da dimostrarne il mutamento di destinazione) e l’attività lato sensu medico-ospedaliera aperta anche a pazienti esterni costituisce un indizio ulteriore (ancorché non decisivo ex se) circa la destinazione del compendio;
che, in definitiva, ed in applicazione dei principi poc’anzi affermati, quando le caratteristiche strutturali di un immobile siano tali da farlo necessariamente rientrare in una categoria speciale, l’attività in concreto svolta può solo costituire un elemento ad colorandum, rafforzativo ma mai alternativo alla valutazione oggettiva;
che il ricorso va dunque respinto;
che al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, nella misura indicata in dispositivo; che, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, a favore dell’Agenzia delle Entrate, in euro 3.000, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo, unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1°bis, dello stesso articolo 13.
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