CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 settembre 2020, n. 18885
Tributi – Accertamento – Società di capitali a ristretta base partecipativa – Distribuzione utili extracontabili ai soci – Presunzione – Accertamento in capo ai soci – Impugnazione dell’accertamento “pregiudicante” in capo alla società – Effetti – Sospensione decisione della lite sull’accertamento “pregiudicato” relativo al socio
Rilevato che
C.C. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, che resiste con controricorso, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania con la quale – pronunciando in sede di appello in controversia concernente l’impugnazione di avviso di accertamento relativo a maggiore Irpef, per redditi di capitale non dichiarati dovuti per gli anni d’imposta 2006 dalla contribuente, socia della società a ristretta base sociale E. s.r.l. in liquidazione – è stato parzialmente accolto l’appello della contribuente in riforma della decisione di primo grado con rideterminazione del reddito imputabile all’appellante, nei limiti del reddito imponibile della società partecipata. In particolare, la Commissione regionale accoglieva parzialmente l’appello ritenendo che la presunzione di distribuzione degli utili nascosti nella società di capitali con ristretta base partecipativa non era stata superata dalla contribuente, sicchè «…considerando la connessione con quanto deciso in relazione alla società partecipata, ritiene di poter determinare il reddito imputabile all’appellante sulla scorta di quanto deciso per quest’ultima».
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
A seguito di istanza presentata dalla ricorrente di riunione con il giudizio, pendente in Cassazione, recante il numero di R.G. 14555/2013, con ordinanza resa all’udienza del 15 maggio 2019 veniva disposto rinvio a nuovo ruolo, in attesa della pubblicazione della sentenza relativa al giudizio n. R.G. 14555/2013.
Considerato che
Il giudizio n. R.G. 14555/2013, al quale la ricorrente chiede la riunione col presente giudizio, è stato definito con la sentenza di questa Corte n. 23868 del 25/09/2019 che, in accoglimento del primo motivo di ricorso della società E. s.r.l. in liquidazione, ha disposto la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione regionale della Campania, per aver i giudici di appello violato le regole del ragionamento presuntivo ex art. 2727 e 2729 cod. civ. oltre a quelle di ripartizione dell’onere della prova.
Nel caso all’esame è pacifico che la ricorrente è socia, per una quota pari al 90% del capitale sociale, della società E. s.r.l. in liquidazione, composta da due soli soci e che, proprio su tale elemento di fatto – determinante un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale – i giudici di appello, con la sentenza qui gravata, hanno ritenuto operante la presunzione di distribuzione, in capo ai soci, del maggior reddito come rideterminato in capo alla società; i secondi giudici «considerando la connessione con quanto deciso in relazione alla società partecipata» hanno affermato la legittimità dell’avviso di accertamento con rideterminazione del reddito della socia C. C. in base a quanto “deciso” per la società E. s.r.l. (v. sentenza, pagina tre della parte motiva).
La decisione relativa alla rideterminazione del reddito societario di cui alla sentenza n. 23868 del 2019, si riflette inevitabilmente sugli esiti del presente ricorso, riguardanti la distribuzione degli utili extracontabili in capo ai soci.
Come ha chiarito questa Corte, in tema di imposte sui redditi, nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale, l’accertamento relativo agli utili extracontabili della società, anche se non definitivo, è presupposto dell’accertamento presuntivo nei riguardi del singolo socio, in ragione della sua quota di partecipazione agli utili sociali, «sicché l’impugnazione dell’accertamento “pregiudicante” costituisce, fino al passaggio in giudicato della pronuncia che lo riguarda, condizione sospensiva, ex art. 295 c.p.c., ai fini della decisione della lite sull’accertamento “pregiudicato” relativo al singolo socio, la cui esistenza e persistenza grava sul contribuente che la invochi sotto forma di allegazione e prova del processo scaturente dall’impugnazione del provvedimento impositivo» (così, Sez. 5 , Ordinanza n. 33976 del 19/12/2019, Rv. 656544-01; adde, Sez. 6- 5, Ordinanza n. 4485 del 07/03/2016, Rv. 639128-01).
In altri termini, il presente giudizio, che riguarda la legittimità dell’accertamento nei confronti del socio, è legato ad un rapporto di pregiudizialità con il giudizio relativo all’accertamento nei confronti della società, tutt’ora sub iudice, alla stregua dell’ordinanza di questa Corte n. 23868 del 2019.
Ciò posto, con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente, articola distinti profili di censura, deducendo la violazione degli artt. 38, comma 3, 41 bis del d.P.R. n. 673, 47 d.P.R. n. 917 del 1986 e 2727 e 2729 cod. civ., in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nonché la violazione del divieto della doppia presunzione e della carenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza nella valutazione presuntiva del maggior reddito societario compiuta dall’amministrazione finanziaria.
Il mezzo è fondato e va accolto per le ragioni qui di seguito esposte.
In tema d’imposte sui redditi nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale (o a base familiare), è ammessa la presunzione di attribuzione ai soci degli utili extracontabili, che vanno imputati al socio nell’anno in cui sono conseguiti, e sempre che il socio non dimostri che gli utili extracontabili non sono stati distribuiti perché accantonati e reinvestiti nella società. Il ricorso a tale presunzione, non viola il cd. divieto di doppia presunzione, poiché il fatto noto non è costituito dalla sussistenza dei maggiori redditi induttivamente accertati nei confronti della società – nella specie la E. s.r.l. in liquidazione – ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci che, in tal caso, normalmente caratterizza la gestione sociale, con la conseguenza che, una volta ritenuta operante detta presunzione, spetta poi al contribuente fornire la prova contraria (ex pluribus, cfr. Cass. n. 15824 del 2016, Rv. 640622 – 01 n. 32959 del 2018 Rv. 652116 – 01; n. 27778 del 2017 Rv. 646282 – 01; recentemente, cfr. Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 1947 del 24/01/2019, Rv. 652391-01). E’ stato chiarito che affinchè detta presunzione possa operare, è necessario che il giudice di merito accerti la sussistenza sia della ristretta base sociale e/o familiare (che costituisce il fatto noto posto alla base della presunzione) – fatto qui non contestato – sia la sussistenza di un valido accertamento a carico della società in ordine ai ricavi contabilizzati; ciò proprio in quanto tale accertamento costituisce il presupposto per l’accertamento a carico dei soci in ordine ai dividendi, in mancanza del quale alcuna presunzione, nei termini prospettati, può operare (v. Sez. 5, Sentenza n. 9519 del 22/04/2009, Rv. 607815-01); Sez. 5, Sentenza n. 26905 del 29/12/2011, Rv. 620179-01).
Applicando tali principi al caso in esame, la decisione impugnata non risulta motivata correttamente nella parte in cui, dando rilevanza al semplice presupposto della connessione tra il giudizio incardinato dalla società e quello dei soci, ha ritenuto legittimamente operante il meccanismo presuntivo posto a base dell’accertamento, senza farsi cura di verificare se i criteri utilizzati dall’Ufficio nella determinazione del maggior imponibile fossero corretti e se, in relazione ad essi, fossero soddisfatti i requisiti tipici della prova presuntiva di cui all’art. 2727 e 2729 cod. civ..
Ed infatti, dall’atto di accertamento (debitamente riportato nel corpo del ricorso dalla ricorrente) risulta come l’Ufficio si sia limitato ad affermare, in maniera sostanzialmente apodittica, che la percentuale di ricarico applicata era «congrua ed in linea con le risultanze degli studi di settore per le categorie in oggetto», affermazione che avrebbe dovuto indurre i secondi giudici a non ritenere operante la presunzione posta a base dell’accertamento (art. 39, lett. d) d.P.R. n. 600 del 1973) per non aver l’Ufficio indicato le ragioni della congruità, gli elementi identificativi dello studio di settore specificamente applicato nonché i criteri di calcolo dei ricavi. Con l’ordinanza n. 23868 del 2019, riguardante la società, questa Corte ha ritenuto che i giudici di merito hanno erroneamente convalidato l’operato dell’Ufficio (nella parte in cui aveva affermato – v. pag. 4 della ordinanza cit. – che aveva non solo legittimamente dedotto attraverso presunzioni l’esistenza di maggiori ricavi, ma anche correttamente determinato il maggior reddito societario mediante l’utilizzo di una percentuale di ricarico la cui individuazione, in realtà era carente dell’indicazione dei criteri seguiti e di obiettivi e leggibili parametri di riferimento), così violando le regole del ragionamento presuntivo ex art. 2727 e 2729 cod. civ., oltre a quelle sulla ripartizione dell’onere probatorio.
Ne consegue che il mezzo va accolto, perché la Commissione regionale ha violato le regole del ragionamento presuntivo per carenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza nella valutazione presuntiva del maggior reddito societario compiuta dall’amministrazione finanziaria, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, per nuovo esame, alla luce dei suindicati principi di diritto.
Il giudice di rinvio, a seguito della riassunzione, disponga, ove possibile, la riunione con il giudizio nei confronti della società, se ancora pendente ed invece, ove già deciso, ma senza che si sia già formato il giudicato, ne disponga la sospensione in attesa del passaggio in giudicato della sentenza sull’accertamento societario.
Quanto alle spese di questa fase, esse saranno regolate dal giudice del rinvio stesso.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.